E' una sera d'autunno, con pioggia scrosciante e freddo umido annessi, tutto nella norma insomma.
Abbiamo appena finito di cenare tutti assieme come di rito, mancava giusto il dolce quando arriva la chiamata.
"E' un codice verde, siamo in supporto alla Guardia Medica, in nota c'è scritto psichiatrico" legge il CE
"Probabilmente dovremo trasportare il paziente" commentiamo chiudendoci dentro il giaccone anti-pioggia "Va che fortuna, è qui vicino, faremo in frettissima... ho ancora un languorino!"
"Si in effetti anche a me è rimasto uno spazietto per il dolce..." rispondo divertita, e ci avviamo al target che raggiungiamo in pochi minuti.
La via che porta ad una grande corte, tipica delle nostre parti, è di quelle con quei sassolini piccoli piccoli che maledici ogni volta perché si incastrano nella suola degli scarponi.
Scendiamo e vediamo che il dottore è fuori dalla porta che ci aspetta.
"Ciao ragazzi, finalmente siete arrivati... entriamo assieme ok?"
"Ehm si ok, ma che succede?" chiediamo per avere chiarimenti, e il dottore ci spiega che ha chiamato una coppia nota, e che da solo non si fida ad entrare.
"Non possiamo entrare tutti assieme, mettiamoci d'accordo; due entrano con me e due stanno fuori, così stiamo più tranquilli; i signori non hanno intenzione di far entrare tutti, me l'hanno già detto al citofono" ci propone il dottore, a noi sembrava un buon piano anche se, in tutta onestà, non vedevamo il problema: la coppia non era stata definita pericolosa, ma semplicemente sarebbe stato necessario un po' più di pazienza.
Suoniamo il campanello e apre un uomo, sui 70, dall'aspetto un po' trasandato.
Da quello stretto spiraglio attraverso il quale l'anziano si sporge, riusciamo ad intravedere una piccola porzione di scala, completamente sommersa da oggetti non ben identificati, e ricoperta da una patina di sporcizia che probabilmente non veniva rimossa da un po'.
Iniziamo a farci un'idea del problema.
"Buona sera, sono il medico, sono qui con i ragazzi dell'ambulanza, possiamo entrare?"
L'anziano ci guarda perplesso, poi titubante indica il dottore e il nostro autista "Solo voi due" e i due "prescelti" entrano in casa.
Mentre varcano la soglia, noi rimasti all'esterno mimiamo il gesto del telefono, l'autista annuisce e la porta si chiude alle loro spalle.
Noi restiamo sull'uscio, la pioggia cade incessante.
"Ma secondo voi.... che staranno facendo?"
"In CSI sarebbe già successo qualcosa..."
"Questo è un CSI versione campagnola, c'è tutto: la corte isolata, la pioggia, poca luce, la situazione tragicomica e io in questo momento mi sento un po' il Grissom della situazione, guarda che schifo di ragno c'è sulla persiana! Magari può dirci qualcosa..." commenta il CE
Io e il quarto ridiamo, in effetti era una situazione abbastanza anomala.
"Boh, non urlano né c'è chiasso, sembra tutto ok... aspettiamo ancora qualche minuto, poi li chiamiamo"
"Ma si, fingiamo una chiamata per un altro servizio, così almeno vediamo se escono"
E di fatti, passati venti minuti, decidiamo di passare dalla teoria alla pratica.
Chiamo il mio autista "Hey, tutto bene?"
"Sí"
"La situazione è davvero sotto controllo?"
"Sí certo"
"Ok, rispondimi come se ti stessi chiamando perché abbiamo un servizio in coda, almeno vi lasciano uscire, son passati venti minuti e dobbiamo capire cosa fare"
"Ok capisco, un altro servizio, avviso l'utente e vediamo come possiamo gestire la situazione"
"Grande, ci vediamo qui"
Circa due minuti dopo la porta si riapre.
"Grazie grazie" dice l'anziano al dottore e al nostro autista "Siete stati davvero gentili"
"Di nulla, si figuri, è sicuro di non voler venire quindi?" chiede il dottore
"Sí non serve, se ho bisogno vi richiamo" dice senza mettere il piede fuori dalla soglia
"D'accordo, le facciamo mettere una firma per il rifiuto del trasporto allora, ok?" gli dice l'autista, porgendo il modulo.
L'anziano firma senza fiatare e chiude velocemente la porta dietro alle sue spalle.
"Ma cos'hai in mano doc?" chiedo, notando un grosso sacchetto di plastica bianco stracolmo di qualcosa
"Ah si, il signore è stato così gentile da averci rifilato chili di cachi maturi" e ci sbologna il sacchetto pieno di frutta.
Noi tre "esclusi" lo guardiamo confusi "Cachi? Vi ha dato dei cachi? Perché?"
"Non lo so, ha insistito e non abbiamo avuto modo di rifiutare, comunque..." e guarda verso il sacchetto di cachi "fossi in voi, non li mangerei"
"Perché?" chiede il terzo, che probabilmente stava già pensando di includerli nel dessert
"Se aveste visto da dove li ha tirati fuori..." sospira l'autista
"Tranquillo, non vogliamo sapere, va bene cosí, niente frutta"
"Va beh dai, direi che possiamo anche rientrare"
Riaccompagnato il dottore alla sua macchina, ci avviamo verso la sede.
"Ma quindi?? Cos'è successo?? Dai racconta!"
"Niente, è questo il punto. Erano solo un po' in ansia...ma credo che il fulcro del problema non fosse quello"
"Non ce la racconti giusta tu...."
"Uhm potrebbe..." ride l'autista "Era una situazione decisamente inconsueta, ad un certo punto non sapevo dove mettere i piedi ecco"
"Alla CSI?" incalza di nuovo il CE, ridendo
"Mah direi tipo quei programmi folkloristici che trasmette Real Time... Comunque vi prego, davvero, niente cachi, non potete capire a cosa sono sopravvissuti quei frutti"
"Uff e va bene, niente cachi!"
venerdì 27 aprile 2018
venerdì 13 aprile 2018
Piccole fortune
Ci ritentiamo, senza preamboli...
Sono le 6.40 di un venerdi mattina, ho sonno ed è anche freschino fuori, siamo ai primi di novembre del resto.
Finita la check-list, il caffè ci sta tutto "Caffè per tutti?"
I miei due compari annuiscono, non è ancora ora di parlare.
"E dopo il caffè... scaliamo?"
"Ovviamente, mi devi ancora una rivincita..."
I tornei di scala quaranta, riacquistato un certo grado di coscienza post caffeina, sono il must della mattinata.
Mentre ci accingiamo a prendere le carte per dare il via ad un agguerrito, scorretto e scurrile match, il telefono suona.
Il mio terzo si fionda a prendere la chiamata, durata pochi secondi.
"Rosso" dice "Tir contro trattore, nessuna informazione precisa al momento"
"Scusa?" io e l'autista lo guardiamo
"Che problema avete con l'italiano? Ho detto, tir contro trattore!"
Sempre piu' convinti che il nostro terzo non abbia capito un accidenti, ci avviamo al target.
"Tir contro trattore? Dai, avrai capito male..."
"Sicuro non hai capito, ci scommento quello che volete!"
"La finite o no, infami? Ho capito benissimo!"
Arriviamo dopo poco sul target, scendiamo dal mezzo e guardiamo la scena.
"Visto?" sbuffa il terzo, che in effetti ha ragione.
Davanti a noi un tir enorme accostato sul lato della strada e nel campo, ribaltato, un piccolo trattore fumante.
"Di qui, di qui ragazzi!" ci chiama una voce fuori dal nostro campo visivo.
Ci giriamo istintivamente e vediamo un gruppo di persone dentro al cortile del condominio davanti al luogo dell'incidente.
"Sono tutti e due qui, sia il ragazzo sia l'autista del tir, dovevate vedere che roba!" mi dice un uomo sui 70 anni indicandomi un muretto dove è seduto un ragazzo giovane, sui 30 anni, davanti al quale è in piedi un uomo sui 40.
"Ciao, siamo dell'ambulanza, siete stati coinvolti solo voi nell'incidente?" chiedo
Il ragazzo e l'uomo annuiscono.
"Non l'ho visto arrivare, poi ho sentito il botto!" ci dice agitato l'uomo
"Non so come sia potuto succedere, ma il tir mi ha urtato e per fortuna il trattore è rimbalzato contro il mezzo e invece di finire sotto, è stato sbalzato nel campo dove lo vedete adesso" racconta Domenico, pallido e tremante "Se ci penso..."
Ci scambiamo un'occhiata veloce tra noi tre, l'unico pensiero che ne traspare è un sonoro "checculo".
Ebbene si, Domenico è stato molto molto molto fortunato, pur avendo fatto un discreto volo.
"Hai camminato fin qui da solo?" gli chiedo, il mio terzo si era già posizionato alla testa e l'autista aveva già in mano il collare cervicale
"Si si, non mi sono fatto nulla, sono appena rotolato, ero quasi fermo! Mi tremano le mani e sento freddo" ci dice con occhi lucidi
"Non preoccuparti, adesso ti portiamo al caldo" gli diciamo, quindi lo immobilizziamo, carichiamo e copriamo velocemente.
Avviso la CO che non si tratta di un codice rosso, e do tutti i parametri.
La saturazione è 96%, il polso è accelerato e la pressione bassa, 90/60; l'esame testa-piedi risulta negativo, ha solo qualche contusione al braccio e alla gamba destra, lato della caduta; a parte questo Domenico è sano come un pesce.
"Ho freddo e ho paura" ci dice tremante "Pensavo di finire sotto!"
"Per fortuna è andata bene" gli dice il mio terzo "Vedrai che starai meglio, è normale che tu sia spaventato"
"Potevo morire"
"Ma non è successo, sei stato fortunato, non hai un graffio...adesso ti scaldiamo e in PS ti faranno tutti gli accertamenti del caso"
"Hai ragione..." sospira, facendo un immane sforzo per calmarsi "La paura è stata tanta, sono un po' agitato"
"Ne hai tutte le ragioni" gli dico "Ora cerca di tranquillizzarti, e se senti qualcosa di diverso dal solito come dolore improvviso, nausea etc. avvisaci, ok?"
"No ma sto bene, sento solo una grande agitazione, ma adesso passa... è già meno di prima"
Teniamo monitorati i parametri di Domenico, e arriviamo in PS che è quasi tranquillo.
"Grazie ragazzi, scusate se non sono stato molto di compagnia...è che non è che mi capita tutti i giorni di rischiare la pelle in questo modo..."
"Ehehe non preoccuparti, è comprensibilissimo... rischiare la pelle non piace a nessuno del resto... "
"Si beh... diciamo che questa era una lotta impari!"
Lo salutiamo ridacchiando "Eh alla faccia della lotta impari, qui il potere della botta di culo è stato provvidenziale... e voi che non mi credevate!" ci rimprovera il nostro terzo
"Non t'allargare, anche tu a parti opposte saresti stato scettico!" gli dico ridendo
"Si vabbè hai sempre ragione tu allora" mi risponde stizzito, quindi l'autista gli mette una mano sulla spalla "Trattore o non trattore, camion o non camion, non fa differenza. Se una donna vuole avere ragione, lei avrà ragione. Torniamo in sede, che vi do una bella pettinata a carte e poi ci facciamo un altro caffè".
E quando il mio autista dice così, non conta il fatto che sia un uomo: vince sempre lui.
Sono le 6.40 di un venerdi mattina, ho sonno ed è anche freschino fuori, siamo ai primi di novembre del resto.
Finita la check-list, il caffè ci sta tutto "Caffè per tutti?"
I miei due compari annuiscono, non è ancora ora di parlare.
"E dopo il caffè... scaliamo?"
"Ovviamente, mi devi ancora una rivincita..."
I tornei di scala quaranta, riacquistato un certo grado di coscienza post caffeina, sono il must della mattinata.
Mentre ci accingiamo a prendere le carte per dare il via ad un agguerrito, scorretto e scurrile match, il telefono suona.
Il mio terzo si fionda a prendere la chiamata, durata pochi secondi.
"Rosso" dice "Tir contro trattore, nessuna informazione precisa al momento"
"Scusa?" io e l'autista lo guardiamo
"Che problema avete con l'italiano? Ho detto, tir contro trattore!"
Sempre piu' convinti che il nostro terzo non abbia capito un accidenti, ci avviamo al target.
"Tir contro trattore? Dai, avrai capito male..."
"Sicuro non hai capito, ci scommento quello che volete!"
"La finite o no, infami? Ho capito benissimo!"
Arriviamo dopo poco sul target, scendiamo dal mezzo e guardiamo la scena.
"Visto?" sbuffa il terzo, che in effetti ha ragione.
Davanti a noi un tir enorme accostato sul lato della strada e nel campo, ribaltato, un piccolo trattore fumante.
"Di qui, di qui ragazzi!" ci chiama una voce fuori dal nostro campo visivo.
Ci giriamo istintivamente e vediamo un gruppo di persone dentro al cortile del condominio davanti al luogo dell'incidente.
"Sono tutti e due qui, sia il ragazzo sia l'autista del tir, dovevate vedere che roba!" mi dice un uomo sui 70 anni indicandomi un muretto dove è seduto un ragazzo giovane, sui 30 anni, davanti al quale è in piedi un uomo sui 40.
"Ciao, siamo dell'ambulanza, siete stati coinvolti solo voi nell'incidente?" chiedo
Il ragazzo e l'uomo annuiscono.
"Non l'ho visto arrivare, poi ho sentito il botto!" ci dice agitato l'uomo
"Non so come sia potuto succedere, ma il tir mi ha urtato e per fortuna il trattore è rimbalzato contro il mezzo e invece di finire sotto, è stato sbalzato nel campo dove lo vedete adesso" racconta Domenico, pallido e tremante "Se ci penso..."
Ci scambiamo un'occhiata veloce tra noi tre, l'unico pensiero che ne traspare è un sonoro "checculo".
Ebbene si, Domenico è stato molto molto molto fortunato, pur avendo fatto un discreto volo.
"Hai camminato fin qui da solo?" gli chiedo, il mio terzo si era già posizionato alla testa e l'autista aveva già in mano il collare cervicale
"Si si, non mi sono fatto nulla, sono appena rotolato, ero quasi fermo! Mi tremano le mani e sento freddo" ci dice con occhi lucidi
"Non preoccuparti, adesso ti portiamo al caldo" gli diciamo, quindi lo immobilizziamo, carichiamo e copriamo velocemente.
Avviso la CO che non si tratta di un codice rosso, e do tutti i parametri.
La saturazione è 96%, il polso è accelerato e la pressione bassa, 90/60; l'esame testa-piedi risulta negativo, ha solo qualche contusione al braccio e alla gamba destra, lato della caduta; a parte questo Domenico è sano come un pesce.
"Ho freddo e ho paura" ci dice tremante "Pensavo di finire sotto!"
"Per fortuna è andata bene" gli dice il mio terzo "Vedrai che starai meglio, è normale che tu sia spaventato"
"Potevo morire"
"Ma non è successo, sei stato fortunato, non hai un graffio...adesso ti scaldiamo e in PS ti faranno tutti gli accertamenti del caso"
"Hai ragione..." sospira, facendo un immane sforzo per calmarsi "La paura è stata tanta, sono un po' agitato"
"Ne hai tutte le ragioni" gli dico "Ora cerca di tranquillizzarti, e se senti qualcosa di diverso dal solito come dolore improvviso, nausea etc. avvisaci, ok?"
"No ma sto bene, sento solo una grande agitazione, ma adesso passa... è già meno di prima"
Teniamo monitorati i parametri di Domenico, e arriviamo in PS che è quasi tranquillo.
"Grazie ragazzi, scusate se non sono stato molto di compagnia...è che non è che mi capita tutti i giorni di rischiare la pelle in questo modo..."
"Ehehe non preoccuparti, è comprensibilissimo... rischiare la pelle non piace a nessuno del resto... "
"Si beh... diciamo che questa era una lotta impari!"
Lo salutiamo ridacchiando "Eh alla faccia della lotta impari, qui il potere della botta di culo è stato provvidenziale... e voi che non mi credevate!" ci rimprovera il nostro terzo
"Non t'allargare, anche tu a parti opposte saresti stato scettico!" gli dico ridendo
"Si vabbè hai sempre ragione tu allora" mi risponde stizzito, quindi l'autista gli mette una mano sulla spalla "Trattore o non trattore, camion o non camion, non fa differenza. Se una donna vuole avere ragione, lei avrà ragione. Torniamo in sede, che vi do una bella pettinata a carte e poi ci facciamo un altro caffè".
E quando il mio autista dice così, non conta il fatto che sia un uomo: vince sempre lui.
venerdì 16 ottobre 2015
In incognito
Ho questo preciso ricordo di una sera, non troppo tarda, di fine inverno; siamo ancora svegli, quando arriva la chiamata.
"Rosso" mi dice il caposquadra mentre legge il foglio "Scrivono evento neurologico"
Raggiungiamo velocemente il target, il civico è quello di una normalissima palazzina, e all'ingresso ci viene incontro un uomo, sui 70 anni.
"Di qua" ci dice, e senza altre spiegazioni ci conduce in casa.
"Permesso" appena varcata la soglia un forte odore di vomito e urina ci investe, istintivamente ci guardiamo in giro, ma non risciamo a capire subito la fonte.
Percorriamo un breve disimpegno di qualche metro e ci troviamo nel soggiorno dell'appartamento dove ci sono un divano, a fianco del divano un tavolino da caffè di vetro e a lato del tavolino, il tavolo del soggiorno.
Sul divano c'è un uomo seduto, sugli 80 anni abbondanti, con lo sguardo perso nel vuoto e le braccia distese sulle gambe; seduta su una sedia attaccata al muro c'è un'anziana signora, bastone alla mano, che ci guarda divertita, e infine in piedi vediamo un'altra donna sui 65 anni.
Totale occupanti del soggiorno: 4, da sommare a noi 4.
La sensazione che ci stia sfuggendo qualcosa inizia a farsi largo nelle nostre testoline.
"Cos'è successo?" chiede il CS agli astanti, indirizzandosi all'uomo che ci aveva accolti
"Niente" dice secco "non è successo niente"
Chiaro, non succede niente e si chiama l'ambulanza. La sensazione di prima diventa una certezza.
Ci avviciniamo all'uomo sul divano, che ha le sembianze del paziente che cerchiamo.
"Buona sera, riesce a dirmi come si chiama?" chiedo avvicinandomi
"Antonio Bianchi, residente qui" mi risponde la signora sui 65 anni
Antonio non parla, ci segue solo con lo sguardo e annuisce se necessario, è bollente, e notiamo che sembra essere stato rivestito e "ripulito" di fretta; l'odore di vomito e urina è fortissimo e proviene dai suoi vestiti allacciati alla buona e che, visti da vicino, si nota essere pieni di macchie/aloni freschi.
La signora anziana con il bastone si alza, mentre il CS parla con l'uomo che ci aveva accompagnati cercando di tirare le somme, e si siede sul divano vicino ad Antonio.
La seguiamo con lo sguardo, sembra la scena di un film muto: con calma si siede, ci guarda con un sorriso e ad un certo punto inizia a dondolarsi lentamente.
Il CS volta lo sguardo di nuovo verso le persone appoggiate al muro, la signora era alle sue spalle, quando si lascia cadere di faccia verso il tavolino di vetro.
"Attenta! Prendila!" urlo al CS, che si volta di scatto; la signora si ferma, si rimette seduta e continua a guardarci ridendo.
Penso sia facile immaginare le espressioni sulle nostre facce, non credo siano necessarie descrizioni accurate.
"Se non è successo nulla, perché avete chiamato l'ambulanza?" incalza il CS
E alla fine, la signora sui 65 anni, cede e dice che "Antonio è stato male, ma succede, non è nulla di che... è già stato in ospedale, ma non ho nessun documento"
Mentre il CS parla con la signora, noi manteniamo un occhio sulla sorridente anziana sedutaci accanto, e continuiamo a valutare per quanto possibile Antonio.
A valutazione terminata, concludiamo che Antonio si è sentito male, è stato ripulito insieme con divano e pavimento circostante, e successivamente sono stati allertati i soccorsi, probabilmente perché i presenti si sono accorti che l'anziano rispondeva solo limitatamente a stimoli verbali.
"Dobbiamo andare in ospedale, è seguito da qualche parte?"
"L'ultima volta è stato a XXX, poco tempo fa" ci dice la signora sui 65 anni
"Ok, possiamo segnalarlo, se sarà possibile chiederemo di essere portati a XXX signora. Il tesserino sanitario?"
"Non ce l'ha qui" ci dice
"Ma il signor Antonio non è residente qui?"
"Si lo è, ma non abbiamo la sua documentazione al momento"
Di bene in meglio.
"Va bene signora, non importa, lo carichiamo e andiamo via; raggiungeteci pure a XXX con tutto il necessario" .
In quel momento la signora anziana che poco prima aveva tentato di lanciarsi sul tavolo, si alza, si dirige verso Antonio, gli prende il portafogli della tasca e davanti a tutti toglie una mazzetta alta almeno 2 cm di contanti di grosso taglio dandoli in mano alla signora di 65 anni, poi rimette nella tasca il portafogli vuoto senza né contanti né documenti.
Basiti. Ci siamo lanciati uno sguardo veloce, in quel momento avevamo pensato tutti la stessa cosa: "Ma dove diamine siamo finiti?!"
Carichiamo senza fatica Antonio, e arriviamo abbastanza velocemente all'Ospedale vicino.
Ci accoglie l'infermiere del triage, e con serena convinzione il CS presenta la situazione e il, secondo noi, noto Signor Antonio Bianchi.
"Ragazzi... non vorrei deludervi, ma non esiste nessun Antonio Bianchi ricoverato qui di recente, nato il giorno che dite e residente dove siete andati a prendere questo signore"
Ma certo, giusto questa ci mancava. Se questo non è Bianchi Antonio... chi cavolo è?
Quello che, fino a pochi secondi prima, per noi è stato Bianchi Antonio, era sulla barella, come l'avevamo trovato era rimasto.
"Ragazzi lo registro come ignoto, finché non ci dirà qualcosa"
Lasciamo l'ignoto-Bianchi-Antonio in PS e rientriamo.
"Da noto a ignoto in meno di un'ora... questa mi mancava proprio"
"Magari nella vita reale vive sotto copertura, ha una vita segreta e quindi si nasconde..."
"Si certo, è sicuramente la possibilità meno remota di tutte!"
"Rosso" mi dice il caposquadra mentre legge il foglio "Scrivono evento neurologico"
Raggiungiamo velocemente il target, il civico è quello di una normalissima palazzina, e all'ingresso ci viene incontro un uomo, sui 70 anni.
"Di qua" ci dice, e senza altre spiegazioni ci conduce in casa.
"Permesso" appena varcata la soglia un forte odore di vomito e urina ci investe, istintivamente ci guardiamo in giro, ma non risciamo a capire subito la fonte.
Percorriamo un breve disimpegno di qualche metro e ci troviamo nel soggiorno dell'appartamento dove ci sono un divano, a fianco del divano un tavolino da caffè di vetro e a lato del tavolino, il tavolo del soggiorno.
Sul divano c'è un uomo seduto, sugli 80 anni abbondanti, con lo sguardo perso nel vuoto e le braccia distese sulle gambe; seduta su una sedia attaccata al muro c'è un'anziana signora, bastone alla mano, che ci guarda divertita, e infine in piedi vediamo un'altra donna sui 65 anni.
Totale occupanti del soggiorno: 4, da sommare a noi 4.
La sensazione che ci stia sfuggendo qualcosa inizia a farsi largo nelle nostre testoline.
"Cos'è successo?" chiede il CS agli astanti, indirizzandosi all'uomo che ci aveva accolti
"Niente" dice secco "non è successo niente"
Chiaro, non succede niente e si chiama l'ambulanza. La sensazione di prima diventa una certezza.
Ci avviciniamo all'uomo sul divano, che ha le sembianze del paziente che cerchiamo.
"Buona sera, riesce a dirmi come si chiama?" chiedo avvicinandomi
"Antonio Bianchi, residente qui" mi risponde la signora sui 65 anni
Antonio non parla, ci segue solo con lo sguardo e annuisce se necessario, è bollente, e notiamo che sembra essere stato rivestito e "ripulito" di fretta; l'odore di vomito e urina è fortissimo e proviene dai suoi vestiti allacciati alla buona e che, visti da vicino, si nota essere pieni di macchie/aloni freschi.
La signora anziana con il bastone si alza, mentre il CS parla con l'uomo che ci aveva accompagnati cercando di tirare le somme, e si siede sul divano vicino ad Antonio.
La seguiamo con lo sguardo, sembra la scena di un film muto: con calma si siede, ci guarda con un sorriso e ad un certo punto inizia a dondolarsi lentamente.
Il CS volta lo sguardo di nuovo verso le persone appoggiate al muro, la signora era alle sue spalle, quando si lascia cadere di faccia verso il tavolino di vetro.
"Attenta! Prendila!" urlo al CS, che si volta di scatto; la signora si ferma, si rimette seduta e continua a guardarci ridendo.
Penso sia facile immaginare le espressioni sulle nostre facce, non credo siano necessarie descrizioni accurate.
"Se non è successo nulla, perché avete chiamato l'ambulanza?" incalza il CS
E alla fine, la signora sui 65 anni, cede e dice che "Antonio è stato male, ma succede, non è nulla di che... è già stato in ospedale, ma non ho nessun documento"
Mentre il CS parla con la signora, noi manteniamo un occhio sulla sorridente anziana sedutaci accanto, e continuiamo a valutare per quanto possibile Antonio.
A valutazione terminata, concludiamo che Antonio si è sentito male, è stato ripulito insieme con divano e pavimento circostante, e successivamente sono stati allertati i soccorsi, probabilmente perché i presenti si sono accorti che l'anziano rispondeva solo limitatamente a stimoli verbali.
"Dobbiamo andare in ospedale, è seguito da qualche parte?"
"L'ultima volta è stato a XXX, poco tempo fa" ci dice la signora sui 65 anni
"Ok, possiamo segnalarlo, se sarà possibile chiederemo di essere portati a XXX signora. Il tesserino sanitario?"
"Non ce l'ha qui" ci dice
"Ma il signor Antonio non è residente qui?"
"Si lo è, ma non abbiamo la sua documentazione al momento"
Di bene in meglio.
"Va bene signora, non importa, lo carichiamo e andiamo via; raggiungeteci pure a XXX con tutto il necessario" .
In quel momento la signora anziana che poco prima aveva tentato di lanciarsi sul tavolo, si alza, si dirige verso Antonio, gli prende il portafogli della tasca e davanti a tutti toglie una mazzetta alta almeno 2 cm di contanti di grosso taglio dandoli in mano alla signora di 65 anni, poi rimette nella tasca il portafogli vuoto senza né contanti né documenti.
Basiti. Ci siamo lanciati uno sguardo veloce, in quel momento avevamo pensato tutti la stessa cosa: "Ma dove diamine siamo finiti?!"
Carichiamo senza fatica Antonio, e arriviamo abbastanza velocemente all'Ospedale vicino.
Ci accoglie l'infermiere del triage, e con serena convinzione il CS presenta la situazione e il, secondo noi, noto Signor Antonio Bianchi.
"Ragazzi... non vorrei deludervi, ma non esiste nessun Antonio Bianchi ricoverato qui di recente, nato il giorno che dite e residente dove siete andati a prendere questo signore"
Ma certo, giusto questa ci mancava. Se questo non è Bianchi Antonio... chi cavolo è?
Quello che, fino a pochi secondi prima, per noi è stato Bianchi Antonio, era sulla barella, come l'avevamo trovato era rimasto.
"Ragazzi lo registro come ignoto, finché non ci dirà qualcosa"
Lasciamo l'ignoto-Bianchi-Antonio in PS e rientriamo.
"Da noto a ignoto in meno di un'ora... questa mi mancava proprio"
"Magari nella vita reale vive sotto copertura, ha una vita segreta e quindi si nasconde..."
"Si certo, è sicuramente la possibilità meno remota di tutte!"
sabato 29 agosto 2015
Un anno dopo, codice giallo
Lunga, lunghissima pausa, in parte obbligata e in parte sentita.
Rieccoci, dopo un annetto di silenzio.
E' stato un anno impegnativo, che purtroppo mi ha portata a mettere da parte tante, forse troppe cose.
Si un anno è lungo per un blogger, lo so, ma spero di poter riprendere.
Non è semplice ricominciare da un giorno all'altro, ma mi è mancato.
E quindi eccoci qui, ancora.
Per riprendere in un modo familiare, qual miglior modo se non scrivere?
Oggi vi parlo di un episodio di una manciata di anni fa, un agosto caratterizzato da un caldo africano... di quelli, per capirci, che vi fanno appiccicare la divisa addosso talmente in fretta che persino andare in bagno diventa un'esperienza adrenalinica: i pantaloni saliranno prima che arrivi una chiamata?
Ecco, questo tipo di caldo.
Fa caldo, un caldo pazzesco e noi stiamo bene seduti su divano con il ventilatore puntato addosso, saremmo i testimonial perfetti per una pubblicità dell'Estathé.
Il momento refrigerante viene interrotto dal solito squillo del telefono, sono le torride 11 del mattino di un venerdì: "Giallo, dispnea a XXX.".
Partiamo velocemente alla volta del target, che raggiungiamo in pochi minuti: siamo dentro ad una corte, di quelle classiche. Nulla di strano.
Ci guardiamo in giro cercando un riferimento, quando dall'ultimo dei 3 piani fa capolino una signora sulla quarantina che ci urla: "Su, ultimo piano, le scale sono davanti a voi, ma fate attenzione!"
Ci guardiamo interrogativamente, e ci fiondiamo su per le scale di pietra, carichi di tutto l'occorrente.
Saliamo fino in cima, ma porte di appartamenti non ce ne sono.
"Abbiamo sbagliato...? No dai, altre scale non ce n'erano..."
"Proviamo a scendere...magari non l'abbiamo vista" e ci accingiamo a tornare giù, quando risentiamo la voce della signora di prima...sopra le nostre teste.
"Di qui! E' un po' pericolante, però si può salire!"
In effetti la scala davanti a noi si stringeva, continuando a salire bella ripida.
Non avevamo nemmeno considerato che tal stretto passaggio portasse ad una abitazione.
Saliamo, e con non poca fatica arriviamo ad un ingresso di una specie di piano mansardato; il pavimento è pieno di buchi, sembra un cantiere aperto, ci sono polvere e terra fluttuanti ovunque, tanto che l'aria diventa pesante persino per noi.
"Mia mamma non sta bene" ci dice Rita, 40 anni, che vive da sola con la madre in questo piccolo appartamento "E' da ieri sera che fatica a respirare, ho provato a farla alzare per andare al Pronto Soccorso, ma non ha forze...venite!" e ci guida tra assi di legno sparse in giro, calcinacci e mattoni, in camera di Lucia, 65 anni, che è sdraiata a letto ansimante.
"Buongiorno signora, siamo dell'ambulanza, come si sente? Da quanto tempo è così?"
"Buongiorno... eh... ieri sera ho cominciato... ma adesso...proprio...non ce la faccio..."
Con uno sguardo d'intesa, ci mettiamo in due a sollevare di peso Lucia mettendola in posizione semiseduta "Scusi Lucia se la muoviamo, ma visto che fatica a respirare è più corretto stare in questa posizione piuttosto che completamente sdraiata" le diciamo mentre la sistemiamo
"Mi sembra di respirare meglio...." ci dice quasi stupita "Grazie!"
Le sorridiamo e mentre il CE raccoglie informazioni, noi altri due prendiamo tutti i parametri.
Lucia è ancora vistosamente affaticata e della sua documentazione medica non c'è traccia, dobbiamo fidarci di quanto ci dicono.
"Andiamo a fare un controllo, ok Lucia?" le dice il CE dopo aver chiamato in Centrale, mentre noi le applichiamo l'ossigeno "Con la mascherina dovrebbe iniziare ad avere qualche beneficio, cerchi di non sforzarsi"
"E come fate a portarmi fuori di qui? Siete tre, la strada è stretta e io non sono piccola... no ragazzi, siete gentili, ma io non me la sento di farvi fare tutta questa fatica" ci dice ansimante "Passerà"
"Lucia non pensi a noi, siamo allenati, non ci sono problemi" le dice sorridendo il CE "Adesso io e colleghi vediamo come muoverci e la portiamo fuori di qui".
"Dai mamma, dai ascolto alla signora, i ragazzi sono bravi, vedrai che ti porteranno giù, non abbiamo alternative!" la incita la figlia.
Noi tre ci guardiamo e ci capiamo al volo: sfoderiamo uno dei migliori sorrisi rassicuranti che solo il soccorritore sa sfoderare e Lucia si lascia convincere.
"Se non ce la fate, non siete obbligati però.. mi lasciate qui"
"Lucia, la portiamo giù, in tranquillità, vedrà che non ci saranno problemi" le sorridiamo, e mentre il CE resta con lei, io e l'autista scendiamo per preparare tutto.
"Siamo allenati....?" mi dice l'autista ridendo mentre sistema la barella
"Se lo dice il CE, è per forza vero!" rispondo ridendo a mia volta, prendendo la portantina
"Magari intendeva 'abituati', sull'allenamento tuo e suo avrei da ridire..." continua scherzando
"Non è sfottendo noi donzelle che faremo quelle scale... e visto che sei tanto allenato, la portantina puoi portarla su tu! Sai, non vorrei affaticarmi prima della discesa!" rido e gli cedo la sedia
"Donne..." commenta, e in poco torniamo al piano di Lucia
"Eccoli Lucia, è ora di andare!" le dice il CE
"Ma adesso mi sembra di stare un po' meno male di prima" ci dice
"Meno male non è bene, signora; vedrà che i miei colleghi saranno velocissimi, l'importante è che lei non si aggrappi da nessuna parte durante la discesa, ok?" le dice il CE e la facciamo accomodare aiutandola sulla sedia.
Una volta assicurata, inizia la discesa.
"Io chiudo gli occhi!" ci dice Lucia, che si chiude gli occhi, ma le mani istintivamente cercano il corrimano
"Lucia no, il corrimano non si tocca, tenga" le dice il CE allungandole i suoi fogli "Tenga stretti questi mentre io tengo la bombola, se si attacca al corrimano rischiamo di cadere"
"Ok Ok" ci dice "Ma che brutta sensazione!"
"Ancora due minuti e abbiamo fatto!" le dice il CE ancora.
Io e l'autista, sudati in modo imbarazzante a causa dell'acrobazia che stavamo facendo per scendere da quelle scale, un po' per il caldo e un po' per lo sforzo, siamo solo riusciti a mugugnare il nostro assenso.
Una volta arrivati, trasferiamo Lucia sulla barella e partiamo alla volta dell'ospedale vicino.
"Hai tanto caldo?" mi chiede Lucia preoccupata
"Un po', ma sa Lucia, non amo molto l'estate..." le dico cercando di dissimulare le scalmane che avevo.
Caldo? Tanto caldo? Non avevo tanto caldo. No, stavo solo sublimando e purtroppo l'accostamento cromatico che caratterizza i miei lineamenti non aiutava certo a mascherare questo stato.
"Hai il viso dello stesso colore della croce sulla tua divisa..." mi dice divertita
"Ahahah ma quando la temperatura supera i 20 °C lei diventa di quel colore dopo due minuti che ha addosso la divisa" ride il CE
Io, che ridevo decisamente meno, accenno un sorriso "Tornerà l'inverno...."
Arriviamo in poco in ospedale, dove lasciamo Lucia che se la rideva beatamente.
"In bocca al lupo Lucia" le diciamo
"Grazie, anche a voi!" ci dice salutandoci con la mano.
Usciamo quindi a sistemare il mezzo.
"Siamo allenati eh..." ride l'autista
"Si beh... tu di certo" dico guardando verso il CE "A dir cazzate, allenatissima!"
"Dai ragazzi, che saranno stati mai quel pugno di scalini...!" ci dice con finta ingenuità
"...disse quella che aveva in mano la bombola!" incalza ancora l'autista
"Va beh... per non far torto a nessuno... chi ha portato meno pesi, offre la colazione!"
"Si si l'avevo capito che toccava a me..." conclude rassegnata il CE
"Brioche super farcita, caffè e succo?" mi dice l'autista divertito
"Ovvio!" rispondo
"Vigliacchi...dai andiamo, prima che mi passi la fame!"
Rieccoci, dopo un annetto di silenzio.
E' stato un anno impegnativo, che purtroppo mi ha portata a mettere da parte tante, forse troppe cose.
Si un anno è lungo per un blogger, lo so, ma spero di poter riprendere.
Non è semplice ricominciare da un giorno all'altro, ma mi è mancato.
E quindi eccoci qui, ancora.
Per riprendere in un modo familiare, qual miglior modo se non scrivere?
Oggi vi parlo di un episodio di una manciata di anni fa, un agosto caratterizzato da un caldo africano... di quelli, per capirci, che vi fanno appiccicare la divisa addosso talmente in fretta che persino andare in bagno diventa un'esperienza adrenalinica: i pantaloni saliranno prima che arrivi una chiamata?
Ecco, questo tipo di caldo.
Fa caldo, un caldo pazzesco e noi stiamo bene seduti su divano con il ventilatore puntato addosso, saremmo i testimonial perfetti per una pubblicità dell'Estathé.
Il momento refrigerante viene interrotto dal solito squillo del telefono, sono le torride 11 del mattino di un venerdì: "Giallo, dispnea a XXX.".
Partiamo velocemente alla volta del target, che raggiungiamo in pochi minuti: siamo dentro ad una corte, di quelle classiche. Nulla di strano.
Ci guardiamo in giro cercando un riferimento, quando dall'ultimo dei 3 piani fa capolino una signora sulla quarantina che ci urla: "Su, ultimo piano, le scale sono davanti a voi, ma fate attenzione!"
Ci guardiamo interrogativamente, e ci fiondiamo su per le scale di pietra, carichi di tutto l'occorrente.
Saliamo fino in cima, ma porte di appartamenti non ce ne sono.
"Abbiamo sbagliato...? No dai, altre scale non ce n'erano..."
"Proviamo a scendere...magari non l'abbiamo vista" e ci accingiamo a tornare giù, quando risentiamo la voce della signora di prima...sopra le nostre teste.
"Di qui! E' un po' pericolante, però si può salire!"
In effetti la scala davanti a noi si stringeva, continuando a salire bella ripida.
Non avevamo nemmeno considerato che tal stretto passaggio portasse ad una abitazione.
Saliamo, e con non poca fatica arriviamo ad un ingresso di una specie di piano mansardato; il pavimento è pieno di buchi, sembra un cantiere aperto, ci sono polvere e terra fluttuanti ovunque, tanto che l'aria diventa pesante persino per noi.
"Mia mamma non sta bene" ci dice Rita, 40 anni, che vive da sola con la madre in questo piccolo appartamento "E' da ieri sera che fatica a respirare, ho provato a farla alzare per andare al Pronto Soccorso, ma non ha forze...venite!" e ci guida tra assi di legno sparse in giro, calcinacci e mattoni, in camera di Lucia, 65 anni, che è sdraiata a letto ansimante.
"Buongiorno signora, siamo dell'ambulanza, come si sente? Da quanto tempo è così?"
"Buongiorno... eh... ieri sera ho cominciato... ma adesso...proprio...non ce la faccio..."
Con uno sguardo d'intesa, ci mettiamo in due a sollevare di peso Lucia mettendola in posizione semiseduta "Scusi Lucia se la muoviamo, ma visto che fatica a respirare è più corretto stare in questa posizione piuttosto che completamente sdraiata" le diciamo mentre la sistemiamo
"Mi sembra di respirare meglio...." ci dice quasi stupita "Grazie!"
Le sorridiamo e mentre il CE raccoglie informazioni, noi altri due prendiamo tutti i parametri.
Lucia è ancora vistosamente affaticata e della sua documentazione medica non c'è traccia, dobbiamo fidarci di quanto ci dicono.
"Andiamo a fare un controllo, ok Lucia?" le dice il CE dopo aver chiamato in Centrale, mentre noi le applichiamo l'ossigeno "Con la mascherina dovrebbe iniziare ad avere qualche beneficio, cerchi di non sforzarsi"
"E come fate a portarmi fuori di qui? Siete tre, la strada è stretta e io non sono piccola... no ragazzi, siete gentili, ma io non me la sento di farvi fare tutta questa fatica" ci dice ansimante "Passerà"
"Lucia non pensi a noi, siamo allenati, non ci sono problemi" le dice sorridendo il CE "Adesso io e colleghi vediamo come muoverci e la portiamo fuori di qui".
"Dai mamma, dai ascolto alla signora, i ragazzi sono bravi, vedrai che ti porteranno giù, non abbiamo alternative!" la incita la figlia.
Noi tre ci guardiamo e ci capiamo al volo: sfoderiamo uno dei migliori sorrisi rassicuranti che solo il soccorritore sa sfoderare e Lucia si lascia convincere.
"Se non ce la fate, non siete obbligati però.. mi lasciate qui"
"Lucia, la portiamo giù, in tranquillità, vedrà che non ci saranno problemi" le sorridiamo, e mentre il CE resta con lei, io e l'autista scendiamo per preparare tutto.
"Siamo allenati....?" mi dice l'autista ridendo mentre sistema la barella
"Se lo dice il CE, è per forza vero!" rispondo ridendo a mia volta, prendendo la portantina
"Magari intendeva 'abituati', sull'allenamento tuo e suo avrei da ridire..." continua scherzando
"Non è sfottendo noi donzelle che faremo quelle scale... e visto che sei tanto allenato, la portantina puoi portarla su tu! Sai, non vorrei affaticarmi prima della discesa!" rido e gli cedo la sedia
"Donne..." commenta, e in poco torniamo al piano di Lucia
"Eccoli Lucia, è ora di andare!" le dice il CE
"Ma adesso mi sembra di stare un po' meno male di prima" ci dice
"Meno male non è bene, signora; vedrà che i miei colleghi saranno velocissimi, l'importante è che lei non si aggrappi da nessuna parte durante la discesa, ok?" le dice il CE e la facciamo accomodare aiutandola sulla sedia.
Una volta assicurata, inizia la discesa.
"Io chiudo gli occhi!" ci dice Lucia, che si chiude gli occhi, ma le mani istintivamente cercano il corrimano
"Lucia no, il corrimano non si tocca, tenga" le dice il CE allungandole i suoi fogli "Tenga stretti questi mentre io tengo la bombola, se si attacca al corrimano rischiamo di cadere"
"Ok Ok" ci dice "Ma che brutta sensazione!"
"Ancora due minuti e abbiamo fatto!" le dice il CE ancora.
Io e l'autista, sudati in modo imbarazzante a causa dell'acrobazia che stavamo facendo per scendere da quelle scale, un po' per il caldo e un po' per lo sforzo, siamo solo riusciti a mugugnare il nostro assenso.
Una volta arrivati, trasferiamo Lucia sulla barella e partiamo alla volta dell'ospedale vicino.
"Hai tanto caldo?" mi chiede Lucia preoccupata
"Un po', ma sa Lucia, non amo molto l'estate..." le dico cercando di dissimulare le scalmane che avevo.
Caldo? Tanto caldo? Non avevo tanto caldo. No, stavo solo sublimando e purtroppo l'accostamento cromatico che caratterizza i miei lineamenti non aiutava certo a mascherare questo stato.
"Hai il viso dello stesso colore della croce sulla tua divisa..." mi dice divertita
"Ahahah ma quando la temperatura supera i 20 °C lei diventa di quel colore dopo due minuti che ha addosso la divisa" ride il CE
Io, che ridevo decisamente meno, accenno un sorriso "Tornerà l'inverno...."
Arriviamo in poco in ospedale, dove lasciamo Lucia che se la rideva beatamente.
"In bocca al lupo Lucia" le diciamo
"Grazie, anche a voi!" ci dice salutandoci con la mano.
Usciamo quindi a sistemare il mezzo.
"Siamo allenati eh..." ride l'autista
"Si beh... tu di certo" dico guardando verso il CE "A dir cazzate, allenatissima!"
"Dai ragazzi, che saranno stati mai quel pugno di scalini...!" ci dice con finta ingenuità
"...disse quella che aveva in mano la bombola!" incalza ancora l'autista
"Va beh... per non far torto a nessuno... chi ha portato meno pesi, offre la colazione!"
"Si si l'avevo capito che toccava a me..." conclude rassegnata il CE
"Brioche super farcita, caffè e succo?" mi dice l'autista divertito
"Ovvio!" rispondo
"Vigliacchi...dai andiamo, prima che mi passi la fame!"
domenica 4 maggio 2014
A naso
Piove, sono circa le 18 di un venerdì pomeriggio quando arriva la chiamata.
"Verde, caduto per strada, trauma facciale".
"La fortuna che accompagna sempre la pioggia eh..." commentiamo salendo sul mezzo e raggiungendo in pochi minuti il target.
La destinazione indica un edificio pubblico con un sentiero lastricato di piastrelle lisce e qualche tombino, nulla di ostico insomma.
Due uomini in giacca e cravatta ci vengono incontro correndo "E' qui! Presto!"
Ci guardiamo con aria interrogativa, e li seguiamo oltre questo sentiero, che termina con un giardinetto bordato da un muretto.
Su questo muretto è seduta una signora sui 45, attorno a lei una decina di astanti, uno dei quali con l'ombrello.
"Buonasera signora, siamo dell'ambulanza, che succede?"
"Aaaaaaaahh guardaaaaaaaaaa" urla tra le lacrime, togliendosi dal volto il fazzoletto insanguinato col quale copriva il naso visibilmente tumefatto "Sono cadutaaa, e tu cosa stai facendo lì con le mani ehh??"
"Signora, tranquilla, le devo tenere ferma la testa, le mettiamo un collarino per precauzione. Mi dice il suo nome?" le dico
"Olga! E sarò un mostro aaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhh" continua a piangere
"Noi abbiamo sentito le urla e siamo corsi fuori, poi abbiamo chiamato l'ambulanza, la signora era qui che camminava su e giù per la strada urlando" mi dice quello che teneva l'ombrello.
"Signora ha dolore da qualche parte?"
"Si, il naso! Oddio resterò sfigurata a vita! Ecco! Per il tombino! Aaaahhhhh" ci stava bucando i timpani
Dopo aver preso i parametri e fatto un accurato esame testa-piedi, carichiamo e partiamo in codice verde alla volta dell'ospedale.
Tra un urlo e un singhiozzo capiamo che Olga doveva aver misurato per bene il selciato con la faccia, e non si era parata in tempo il volto perché aveva in mano ombrello e borsa.
"L'avevo visto il tombino! L'avevo visto! Ma no, l'ho dovuto prendere lo stesso! E ora sarò inguardabile!"
"Ma Olga non esageri!" le diciamo mettendole del ghiaccio; la botta c'è ovviamente, ma di certo la signora non era sfigurata.
La rassicuriamo, spiegandole che una volta in PS l'avrebbero visitata e si sarebbero presi cura di lei.
Sembrava essersi calmata, aveva chiuso gli occhi ripetendo sottovoce "Poteva andarmi peggio...poteva andarmi peggio...dai dormi adesso...", quando ad un certo punto smette di parlare.
La guardiamo assaporando quegli istanti di calma, sembrava dormire beatamente quando all'improvviso "Aaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhh sfigurataaaaaaaaaaa per sempre! Un mostro, un mostro!" e ricomincia a piangere e urlare.
"Olga che interesse avrei a mentirle, scusi?" le chiedo, lei scuote la testa
"Ecco, le dico che non è sfigurata, è una bellissima donna, adesso il naso è gonfio, ma una volta passata la botta non resterà sfigurata!"
"Bella? Davvero?" chiede asciugandosi gli occhi.
Nonostante ci avesse demolito i timpani in 40 minuti, Olga ci fa tenerezza.
Io e la collega annuiamo e cerchiamo di distrarla facendola parlare della famiglia, del lavoro, dei suoi hobby e riusciamo ad evitare così altre urla fino all'arrivo in PS.
Una volta lasciata in PS, in silenzio sistemiamo il mezzo.
"Che spavento..." commenta l'autista
"Per lei dici?"
"No per me! Silenzio per 10 secondi e poi quell'urlo! Cavolo, non me l'aspettavo!"
"Nemmeno noi... va beh, si sarà spaventata pure lei poveretta eh... la caduta libera di faccia non è proprio il massimo della vita..."
"Direi di no...così, a naso...!"
"Verde, caduto per strada, trauma facciale".
"La fortuna che accompagna sempre la pioggia eh..." commentiamo salendo sul mezzo e raggiungendo in pochi minuti il target.
La destinazione indica un edificio pubblico con un sentiero lastricato di piastrelle lisce e qualche tombino, nulla di ostico insomma.
Due uomini in giacca e cravatta ci vengono incontro correndo "E' qui! Presto!"
Ci guardiamo con aria interrogativa, e li seguiamo oltre questo sentiero, che termina con un giardinetto bordato da un muretto.
Su questo muretto è seduta una signora sui 45, attorno a lei una decina di astanti, uno dei quali con l'ombrello.
"Buonasera signora, siamo dell'ambulanza, che succede?"
"Aaaaaaaahh guardaaaaaaaaaa" urla tra le lacrime, togliendosi dal volto il fazzoletto insanguinato col quale copriva il naso visibilmente tumefatto "Sono cadutaaa, e tu cosa stai facendo lì con le mani ehh??"
"Signora, tranquilla, le devo tenere ferma la testa, le mettiamo un collarino per precauzione. Mi dice il suo nome?" le dico
"Olga! E sarò un mostro aaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhh" continua a piangere
"Noi abbiamo sentito le urla e siamo corsi fuori, poi abbiamo chiamato l'ambulanza, la signora era qui che camminava su e giù per la strada urlando" mi dice quello che teneva l'ombrello.
"Signora ha dolore da qualche parte?"
"Si, il naso! Oddio resterò sfigurata a vita! Ecco! Per il tombino! Aaaahhhhh" ci stava bucando i timpani
Dopo aver preso i parametri e fatto un accurato esame testa-piedi, carichiamo e partiamo in codice verde alla volta dell'ospedale.
Tra un urlo e un singhiozzo capiamo che Olga doveva aver misurato per bene il selciato con la faccia, e non si era parata in tempo il volto perché aveva in mano ombrello e borsa.
"L'avevo visto il tombino! L'avevo visto! Ma no, l'ho dovuto prendere lo stesso! E ora sarò inguardabile!"
"Ma Olga non esageri!" le diciamo mettendole del ghiaccio; la botta c'è ovviamente, ma di certo la signora non era sfigurata.
La rassicuriamo, spiegandole che una volta in PS l'avrebbero visitata e si sarebbero presi cura di lei.
Sembrava essersi calmata, aveva chiuso gli occhi ripetendo sottovoce "Poteva andarmi peggio...poteva andarmi peggio...dai dormi adesso...", quando ad un certo punto smette di parlare.
La guardiamo assaporando quegli istanti di calma, sembrava dormire beatamente quando all'improvviso "Aaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhh sfigurataaaaaaaaaaa per sempre! Un mostro, un mostro!" e ricomincia a piangere e urlare.
"Olga che interesse avrei a mentirle, scusi?" le chiedo, lei scuote la testa
"Ecco, le dico che non è sfigurata, è una bellissima donna, adesso il naso è gonfio, ma una volta passata la botta non resterà sfigurata!"
"Bella? Davvero?" chiede asciugandosi gli occhi.
Nonostante ci avesse demolito i timpani in 40 minuti, Olga ci fa tenerezza.
Io e la collega annuiamo e cerchiamo di distrarla facendola parlare della famiglia, del lavoro, dei suoi hobby e riusciamo ad evitare così altre urla fino all'arrivo in PS.
Una volta lasciata in PS, in silenzio sistemiamo il mezzo.
"Che spavento..." commenta l'autista
"Per lei dici?"
"No per me! Silenzio per 10 secondi e poi quell'urlo! Cavolo, non me l'aspettavo!"
"Nemmeno noi... va beh, si sarà spaventata pure lei poveretta eh... la caduta libera di faccia non è proprio il massimo della vita..."
"Direi di no...così, a naso...!"
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