"Rosso a XXX, bambino di 15 mesi che non respira, vi diamo tutti i dettagli via filo, andate!" dice l'operatore, e noi scattiamo come se fossimo stati svegli da subito.
La destinazione è lontana, ma probabilmente di ambulanze operative questa notte non ce ne sono tante.
"Ciao, è la XXX, siamo a metà tragitto circa, il bambino?" chiedo con il foglio della missione in mano
"Allora, cambio codice in giallo, bambino ha ripreso a respirare, ma voi andate comunque a dare un'occhiata, ok? MSA in supporto"
"Ricevuto" e chiudo la chiamata.
Qualche minuto dopo arriviamo in posto, una normalissima villetta di provincia come ce ne sono tante nella mia zona.
Alessia, sui 30 anni, ci aspetta fuori impaziente "Ma quanto ci avete messo??"
Cominciamo bene.
"Signora, noi distiamo da qui ben 14km, non possiamo metterci 3 minuti ad arrivare; dov'è il bambino?" le dico con tono calmo
Lei seccata ci conduce in casa.
Il piccolo Filippo, 15 mesi, è in braccio al papà, è bollente.
"Ha la febbre?" domando mentre lo prendo in braccio
"Si aveva la febbre alta! Poi ad un certo punto non ha respirato più, ha chiuso gli occhi e gli è uscita un po' di schiuma dalla bocca" mi dice il papà visibilmente spaventato "Siccome mia moglie era una volontaria come voi, ha detto che dovevamo chiamare l'ambulanza e così abbiamo fatto"
"Capisco, gli avete dato qualcosa nel frattempo? Tipo paracetamolo?" chiedo
"Si si assolutamente; non volevamo darglielo, sai, dare dei medicinali ai bimbi così piccoli non ci piace..." mi risponde sempre Alessia che mi guarda mentre controllo il piccolo Filippo assieme ai miei colleghi.
Poco dopo arriva il medico, al quale riferisco tutto quanto trovando conferma da parte di entrambi i giovani genitori.
"Signora, se il bambino ha la febbre così alta come leggo dalla scheda della collega, forse è il caso di appellarsi a Santo Paracetamolo, non crede? O aspettiamo sempre che abbiano le convulsioni? Non bisogna abusare dei farmaci, ma quando è necessario, sarebbe meglio fare un uso coscienzioso" dice il medico con tono quasi ironico, esplicitando il pensiero che tutti avevamo formulato.
Poi il medico guardandomi mi dice "Facciamo che lo portate comunque a fare un controllino all'ospedale qui vicino, noi vi seguiamo in macchina visto che stiamo rientrando a nostra volta" mi dà tutti i documenti del caso e poi aspetta fuori.
Noi in poco carichiamo Filippo e la sua agitatissima mamma Alessia, che appena sale in ambulanza inizia a mettere a dura prova la pazienza mia e dei miei colleghi.
"Allora, tu prendi il ghiaccio, le garze e dammi anche la coperta, gli abbassiamo la temperatura però senza scoprirlo, ok?" dice sbracciandosi sul mezzo.
I miei colleghi mi guardano con un punto di domanda stampato in faccia, cercando di capire come comportarsi.
"Allora, adesso lei si mette sulla barella, la cinghiamo bene, copriamo lei che con questo freddo ha avuto la bella pensata di uscire senza giacca, e noi pensiamo a Filippo che resterà da qui all'ospedale tra le sue braccia, chiaro?" le dico con il classico sorriso-da-soccorritore stampato sulla faccia
"Si ma se non gli metto il ghiaccio...senti tu lì dietro, passamene uno! Perché l'ambulanza non si muove??" dice continuando ad agitarsi in direzione dei miei due colleghi, impedendoci di assicurarla sulla barella.
"Alessia, non glielo ripeterò un'altra volta; mi fa piacere che anche lei sia dei nostri, comprendo l'agitazione per il frangente spiacevole, MA qui nessuno si muove finché non si rimette seduta sulla barella e smette di fare qualcosa che non le compete, il caposquadra sono io, loro sono i miei colleghi, noi gestiamo la situazione, che sarebbe molto meno complicata se lei adesso collaborasse. Ne avrà visti di pazienti non collaboranti, no?" le dico e lei annuisce "Bene, spero di non doverla considerare uno di quelli" le dico con calma
"Alessia smettila" interviene secco il marito aprendo il portellone dell'ambulanza "Questi ragazzi sono qui per aiutarci, l'ha detto anche il medico che ci pensano loro, cerca di tenere Filippo e dar retta ai loro consigli" le dice "In pochi minuti saremo in ospedale, io vi seguo in macchina, dai, ci vediamo tra poco" e chiude il portellone
"E va bene" sbuffa seccata mettendosi sulla barella, e il tragitto prosegue senza intoppi fino all'ospedale dove scarichiamo lei e il piccolo Filippo.
"Se siete testardi..." mi dice sottovoce mentre la accompagniamo dentro al pronto soccorso
"Avevamo alternativa?" le chiedo mentre ricontrollo i documenti
"Probabilmente no..." mi dice con tono quasi amareggiato "Ho oltrepassato il confine, vero?"
Io e colleghi facciamo spallucce.
"Se fosse capitato a me come soccorritore, probabilmente me la sarei presa col paziente..." ci dice a denti stretti.
Noi restiamo in silenzio.
"Ciao ragazzi" ci dice l'infermiera del PS pediatrico "Che succede?"
Inizio a fargli un rapido resoconto, "Ottimo, vedo che l'avete trasportato nel modo corretto" poi si avvicina ai genitori di Filippo e inizia a parlare con loro.
Noi salutiamo e usciamo, e non posso fare a meno di notare l'occhiata di gelo che ci lancia Alessia mentre ce ne andiamo.