Lunga, lunghissima pausa, in parte obbligata e in parte sentita.
Rieccoci, dopo un annetto di silenzio.
E' stato un anno impegnativo, che purtroppo mi ha portata a mettere da parte tante, forse troppe cose.
Si un anno è lungo per un blogger, lo so, ma spero di poter riprendere.
Non è semplice ricominciare da un giorno all'altro, ma mi è mancato.
E quindi eccoci qui, ancora.
Per riprendere in un modo familiare, qual miglior modo se non scrivere?
Oggi vi parlo di un episodio di una manciata di anni fa, un agosto caratterizzato da un caldo africano... di quelli, per capirci, che vi fanno appiccicare la divisa addosso talmente in fretta che persino andare in bagno diventa un'esperienza adrenalinica: i pantaloni saliranno prima che arrivi una chiamata?
Ecco, questo tipo di caldo.
Fa caldo, un caldo pazzesco e noi stiamo bene seduti su divano con il ventilatore puntato addosso, saremmo i testimonial perfetti per una pubblicità dell'Estathé.
Il momento refrigerante viene interrotto dal solito squillo del telefono, sono le torride 11 del mattino di un venerdì: "Giallo, dispnea a XXX.".
Partiamo velocemente alla volta del target, che raggiungiamo in pochi minuti: siamo dentro ad una corte, di quelle classiche. Nulla di strano.
Ci guardiamo in giro cercando un riferimento, quando dall'ultimo dei 3 piani fa capolino una signora sulla quarantina che ci urla: "Su, ultimo piano, le scale sono davanti a voi, ma fate attenzione!"
Ci guardiamo interrogativamente, e ci fiondiamo su per le scale di pietra, carichi di tutto l'occorrente.
Saliamo fino in cima, ma porte di appartamenti non ce ne sono.
"Abbiamo sbagliato...? No dai, altre scale non ce n'erano..."
"Proviamo a scendere...magari non l'abbiamo vista" e ci accingiamo a tornare giù, quando risentiamo la voce della signora di prima...sopra le nostre teste.
"Di qui! E' un po' pericolante, però si può salire!"
In effetti la scala davanti a noi si stringeva, continuando a salire bella ripida.
Non avevamo nemmeno considerato che tal stretto passaggio portasse ad una abitazione.
Saliamo, e con non poca fatica arriviamo ad un ingresso di una specie di piano mansardato; il pavimento è pieno di buchi, sembra un cantiere aperto, ci sono polvere e terra fluttuanti ovunque, tanto che l'aria diventa pesante persino per noi.
"Mia mamma non sta bene" ci dice Rita, 40 anni, che vive da sola con la madre in questo piccolo appartamento "E' da ieri sera che fatica a respirare, ho provato a farla alzare per andare al Pronto Soccorso, ma non ha forze...venite!" e ci guida tra assi di legno sparse in giro, calcinacci e mattoni, in camera di Lucia, 65 anni, che è sdraiata a letto ansimante.
"Buongiorno signora, siamo dell'ambulanza, come si sente? Da quanto tempo è così?"
"Buongiorno... eh... ieri sera ho cominciato... ma adesso...proprio...non ce la faccio..."
Con uno sguardo d'intesa, ci mettiamo in due a sollevare di peso Lucia mettendola in posizione semiseduta "Scusi Lucia se la muoviamo, ma visto che fatica a respirare è più corretto stare in questa posizione piuttosto che completamente sdraiata" le diciamo mentre la sistemiamo
"Mi sembra di respirare meglio...." ci dice quasi stupita "Grazie!"
Le sorridiamo e mentre il CE raccoglie informazioni, noi altri due prendiamo tutti i parametri.
Lucia è ancora vistosamente affaticata e della sua documentazione medica non c'è traccia, dobbiamo fidarci di quanto ci dicono.
"Andiamo a fare un controllo, ok Lucia?" le dice il CE dopo aver chiamato in Centrale, mentre noi le applichiamo l'ossigeno "Con la mascherina dovrebbe iniziare ad avere qualche beneficio, cerchi di non sforzarsi"
"E come fate a portarmi fuori di qui? Siete tre, la strada è stretta e io non sono piccola... no ragazzi, siete gentili, ma io non me la sento di farvi fare tutta questa fatica" ci dice ansimante "Passerà"
"Lucia non pensi a noi, siamo allenati, non ci sono problemi" le dice sorridendo il CE "Adesso io e colleghi vediamo come muoverci e la portiamo fuori di qui".
"Dai mamma, dai ascolto alla signora, i ragazzi sono bravi, vedrai che ti porteranno giù, non abbiamo alternative!" la incita la figlia.
Noi tre ci guardiamo e ci capiamo al volo: sfoderiamo uno dei migliori sorrisi rassicuranti che solo il soccorritore sa sfoderare e Lucia si lascia convincere.
"Se non ce la fate, non siete obbligati però.. mi lasciate qui"
"Lucia, la portiamo giù, in tranquillità, vedrà che non ci saranno problemi" le sorridiamo, e mentre il CE resta con lei, io e l'autista scendiamo per preparare tutto.
"Siamo allenati....?" mi dice l'autista ridendo mentre sistema la barella
"Se lo dice il CE, è per forza vero!" rispondo ridendo a mia volta, prendendo la portantina
"Magari intendeva 'abituati', sull'allenamento tuo e suo avrei da ridire..." continua scherzando
"Non è sfottendo noi donzelle che faremo quelle scale... e visto che sei tanto allenato, la portantina puoi portarla su tu! Sai, non vorrei affaticarmi prima della discesa!" rido e gli cedo la sedia
"Donne..." commenta, e in poco torniamo al piano di Lucia
"Eccoli Lucia, è ora di andare!" le dice il CE
"Ma adesso mi sembra di stare un po' meno male di prima" ci dice
"Meno male non è bene, signora; vedrà che i miei colleghi saranno velocissimi, l'importante è che lei non si aggrappi da nessuna parte durante la discesa, ok?" le dice il CE e la facciamo accomodare aiutandola sulla sedia.
Una volta assicurata, inizia la discesa.
"Io chiudo gli occhi!" ci dice Lucia, che si chiude gli occhi, ma le mani istintivamente cercano il corrimano
"Lucia no, il corrimano non si tocca, tenga" le dice il CE allungandole i suoi fogli "Tenga stretti questi mentre io tengo la bombola, se si attacca al corrimano rischiamo di cadere"
"Ok Ok" ci dice "Ma che brutta sensazione!"
"Ancora due minuti e abbiamo fatto!" le dice il CE ancora.
Io e l'autista, sudati in modo imbarazzante a causa dell'acrobazia che stavamo facendo per scendere da quelle scale, un po' per il caldo e un po' per lo sforzo, siamo solo riusciti a mugugnare il nostro assenso.
Una volta arrivati, trasferiamo Lucia sulla barella e partiamo alla volta dell'ospedale vicino.
"Hai tanto caldo?" mi chiede Lucia preoccupata
"Un po', ma sa Lucia, non amo molto l'estate..." le dico cercando di dissimulare le scalmane che avevo.
Caldo? Tanto caldo? Non avevo tanto caldo. No, stavo solo sublimando e purtroppo l'accostamento cromatico che caratterizza i miei lineamenti non aiutava certo a mascherare questo stato.
"Hai il viso dello stesso colore della croce sulla tua divisa..." mi dice divertita
"Ahahah ma quando la temperatura supera i 20 °C lei diventa di quel colore dopo due minuti che ha addosso la divisa" ride il CE
Io, che ridevo decisamente meno, accenno un sorriso "Tornerà l'inverno...."
Arriviamo in poco in ospedale, dove lasciamo Lucia che se la rideva beatamente.
"In bocca al lupo Lucia" le diciamo
"Grazie, anche a voi!" ci dice salutandoci con la mano.
Usciamo quindi a sistemare il mezzo.
"Siamo allenati eh..." ride l'autista
"Si beh... tu di certo" dico guardando verso il CE "A dir cazzate, allenatissima!"
"Dai ragazzi, che saranno stati mai quel pugno di scalini...!" ci dice con finta ingenuità
"...disse quella che aveva in mano la bombola!" incalza ancora l'autista
"Va beh... per non far torto a nessuno... chi ha portato meno pesi, offre la colazione!"
"Si si l'avevo capito che toccava a me..." conclude rassegnata il CE
"Brioche super farcita, caffè e succo?" mi dice l'autista divertito
"Ovvio!" rispondo
"Vigliacchi...dai andiamo, prima che mi passi la fame!"