Non so da voi, ma da me ha piovuto a dirotto e adesso è tornata l'afa, e devo dire che non apprezzo la cosa...non sono un'amante del caldo e del sole in effetti, mi definirei di più come un tipo invernale.
Proprio di inverno oggi vi parlo, in particolare di una gelida mattina nevosa di qualche dicembre fa.
Come penso abbiate constatato tutti, quando nevica, al target si arriva prima a piedi che non in ambulanza, e la mattina in questione era proprio una di quelle mattine in cui le più diverse sfortune si sono concentrate tutte insieme: territorio scoperto per assenza di mezzi di soccorso, neve implacabile, freddo cane e climatizzatore dell'ambulanza che (
giustamente) ci abbandona alle 7 in punto del mattino.
Quella mattina siamo usciti alle 7 e rientrati non prima delle 15.30, eravamo distrutti, solo 3 uscite, ma tutte da un capo all'altro della provincia le cui strade erano intasate e a volte inagibili.
Di tutte quelle uscite, una in particolare, la prima, ci tengo a raccontare.
Sono le 7 del mattino, il controllo dell'ambulanza è stato da poco ultimato mentre constatiamo il decesso del climatizzatore e l'intenzione di farci una cioccolata calda, la campana collegata al telefono del 118 fa sospirare me e gli altri due membri della squadra:
saremmo dovuti uscire, al freddo e al gelo, senza climatizzatore, che gioia!
"Giallo, XXX (paese a circa 17km da quello della mia sede), caduta in casa con grave trauma cranico commotivo, non abbiamo mezzi di soccorso che coprono la zona, quindi fate prima che potete".
Si, facile a dirsi.
Il tempo di percorrenza medio è 20minuti, con strade pulite e non trafficate,
MA alle 7 del mattino di un venerdì nevoso le strade sono intasate e sporche.
Viaggiare in sirena andando nonostante tutto a non più di 50km/h è quasi imbarazzante, oltre che demoralizzante per il fatto che saremmo dovuti intervenire su qualcosa di decisamente importante.
Con forza, coraggio e una giusta dose di turpiloquio che condiva la nostra frustrazione, riusciamo a raggiungere il target ben 40minuti dopo.
Ci introduciamo col mezzo in una corte il cui cortile è sommerso di neve.
L'autista cerca di renderci accessibile l'ingresso, ma io finisco irrimediabilmente nella neve, che mi arrivava poco sotto il ginocchio.
Camminiamo fino all'ingresso, dove arriviamo coi piedi zuppi e gelidi nonostante le antinfortunistiche; saliamo le scale fino ad arrivare al 3 e ultimo piano.
In posto c'è già da un po' l'MSI, con l'infermiere che riconoscendoci ci guarda divertito dicendo "ma voi di
XXX che ci fate qui?! Quando siete partiti?!"
"Lasciamo perdere..." risponde la mia caposquadra sconsolata, ed iniziamo a renderci conto della scena.
Siamo in una camera da letto, la signora Matilde, 80 anni circa, giace per terra, supina, piena di aghi e tubi, in un lago di sangue in parte già rappreso che le circonda la testa.
Cadendo, s'era fracassata il cranio contro lo spigolo del muro ed era lì approssimativamente dalle 3 del mattino.
Per fortuna è cosciente, non lucidissima, non sa come è finita lì ed è molto spaventata...
ma chi non lo sarebbe al suo posto? Per terra, in un lago di sangue, coi vestiti tutti tagliati, mezza nuda davanti a degli sconosciuti, e piena di cavi e aghi non ben identificati.
Mi inginocchio tenendole la testa, e con l'autorizzazione dell'infermiere le metto il collarino insieme al mio autista, poi inizio a pulirla e a fasciarle la testa.
"Matilde, sono dell'ambulanza, siamo qui per darle una mano, se le faccio male mi faccia segno, ok?" le dico. Lei mi fa cenno di si, e intanto l'infermiere e il mio autista la coprono bene con delle coperte pesanti.
"Vive da sola, il figlio s'è accorto per caso che era successo il fattaccio...ha chiamato a casa, nessuno rispondeva e così gli è venuto il dubbio" ci racconta nel frattempo l'infermiere "mi domando come si faccia a lasciare sola una persona che è a malapena autosufficiente!"
Noi ci stavamo domandando la stessa cosa.
Credo di aver lanciato un'occhiataccia al figlio della signora quando gli ho sentito dire che "Non è mica la prima volta che cade, ma di solito si rialza"; deve anche essersene accorto, considerato il gelo che è calato tra noi e lui dopo questa affermazione.
Finito di medicare e immobilizzare Matilde, decidiamo di caricarla, coprendola con una montagna di coperte.
Durante il viaggio Matilde, con occhi lucidi, abbozza un "grazie" indicando la coperta in più che io e il mio caposquadra le avevamo sistemato sopra a tutto il resto.
Continuo a tenerle la mano finché non arriviamo in ospedale, dove ci preoccupiamo che venga scoperta solo dopo aver chiuso tutte le porte della sala triage per non farla sentire a disagio più di quanto già non fosse.
La lasciamo lì, sulla barella, finalmente al caldo sotto le lenzuola del Pronto Soccorso.
Erano già passate quasi 2 ore e mezza da quando eravamo usciti, e la mattinata ancora non era finita...ma noi non lo sapevamo.
In compenso, al rientro all'alba delle 15.30, appena inserita la retromarcia per posteggiare l'ambulanza nel garage, il riscaldamento ha ricominciato a funzionare.