Per un certo periodo sono stata convinta che non ci fosse qualcosa in grado di darmi fastidio, e invece dopo qualche annetto di servizio ho scoperto che c'è una cosa che non voglio vedere e alla quale spero di non dover assistere in diretta perché potrebbe urtarmi: una persona che si toglie la vita volontariamente davanti al mio naso, una sceneggiata alla quale spero di non dover assistere.
Di norma quando ci chiamano sui "tentati suicidi" arriviamo che il danno, grande o piccolo, è ormai fatto, e quindi l'intervento in sé non è diverso dal solito.
Dico di norma, perché una notte non è andata proprio così.
"Andate il giallo a XXX, c'è una che sta tentando il suicidio; vi mandiamo anche Vigili del Fuoco e Carabinieri" ci dice l'operatore al telefono.
Partiamo pensando al classico scenario delle notti dei suicidi, dove la gente prima si impasticca e poi compone il 118, invece una volta in posto non troviamo nessuno.
La piccola corte nella quale entriamo è completamente buia, silenziosa, anche un po' lugubre.
"E mo?" mi chiede il mio caposquadra guardandosi in giro "Come la troviamo sta persona?!"
"Diamo un'occhiata..." le dico dubbiosa cercando un riferimento nel buio mentre il nostro autista parcheggia il mezzo.
La cosa che mi viene più spontaneo fare in luoghi "chiusi" come le corti è cercare riferimenti in larghezza e altezza, magari così posso scorgere qualcosa in più, e mentre mi guardo in giro, la mia collega si avvicina alla porta d'entrata dell'edificio di quattro piani.
Le poche persone che iniziano a comparire nel buio, attirate dal chiasso e dai lampeggianti, giurano di non aver mai sentito il nome della persona che cerchiamo.
E' questione di un secondo.
Mi si gela il sangue.
"Spostati! E' sopra di te!" grido al mio caposquadra, che si trova esattamente perpendicolare ad una figura che sta scavalcando la ringhiera di un balcone urlando di voler morire.
Per fortuna si sposta subito indietro verso di me "Oddio, non l'avevo vista!" mi dice e in tre guardiamo su in alto, al quarto piano, dal cui balcone penzola una ragazza non proprio in sé, che continua ad urlare di volersi buttare di sotto.
"Si chiama Mara" ci urla una vicina
"Mara ti prego non ti buttare" le gridiamo "dacci il tempo di aiutarti, fidati di noi!"
"Io sono sola, nessuno viene per me!" ci urla in lacrime e vistosamente alterata
Ve lo giuro, avevamo il cuore in gola.
Non c'erano né i Vigili del Fuoco, né i Carabinieri, né nessun altro: eravamo noi tre e l'aspirante suicida penzolante.
Se si fosse voluta buttare l'avrebbe già fatto, vero, ma nelle condizioni in cui era ci preoccupava una possibile caduta accidentale.
"Mara siamo qui per te, non sei sola!" le gridiamo io e la collega, mentre con uno scatto inaspettato il nostro autista si lancia dentro al palazzo, sale i quattro piani, si butta a sua volta sulla balconata e branca stretta Mara che inizia ad agitarsi come un pesce fuori dall'acqua.
Io e collega, come svegliate dal torpore, scattiamo verso la porta aperta a nostra volta.
Io ho in spalla e tra le mani tutta l'attrezzatura, la porta sta per chiudersi mentre la mia collega sale: se resto fuori con tutto l'ambaradan sono fregata, così cerco di anticipare la porta, la spingo via, ma non faccio i calcoli col fatto che sia una porta a vetri e la sfondo completamente col braccio sinistro, entrandoci fino al gomito.
La porta va in pezzi, ma io sono dentro, quindi inizio a correre su per le scale.
Anche il caposquadra si butta fuori dal balcone per cercare di prendere Mara, e appena arrivo su e faccio per appoggiare tutta l'attrezzatura, vedo il guanto sinistro squarciato e la mia mano sanguinante.
Imprecando mentalmente, prendo garze e cerotto rotolo che tengo sempre in tasca, mi faccio una fasciatura di fortuna per far smettere al sangue di fluire, mi metto un guanto nuovo e prendo Mara per le braccia.
Con uno sforzo non indifferente, aiutati da un vicino di casa, riusciamo a portarla sul pianerottolo.
Da qui seguono due ore di autentica rissa, dove lei tenta di spaccarsi la testa sul pavimento, ci insulta senza ritegno, prova a mordere me e il Carabiniere che la teneva per le spalle e così via.
Arrivano infatti nel mentre Carabinieri, Vigili del Fuoco, Guardia Medica e dopo circa un'ora anche l' Automedica: eravamo lì in 15 persone per tener buona Mara, che ce ne stava combinando una più del demonio.
Alla fine le facciamo il cosiddetto TSO, il medico la seda, e mentre la portiamo giù ci racconta che Mara fa queste cose una volta alla settimana minimo, è una persona problematica, con il "118 facile" e purtroppo è stata lasciata sola con troppa birra e farmaci a disposizione.
Una volta in ambulanza, Mara si riprende quanto basta per iniziare ad urlare il suo dolore, ci racconta di aver subito qualcosa di orribile dal padre, che la madre sapeva e taceva, e che lei se n'è andata via.
Non so quanto possa essere affidabile un racconto del genere, ma penso che qualcosa di vero forse c'è.
Siamo arrivati in Pronto Soccorso che ci sembrava di aver scalato una montagna, la sua voce ci rimbombava nella testa.
La lasciamo lì, pur sapendo che in poco tempo il problema si sarebbe riproposto di nuovo, e noi non avremmo potuto farci niente se non segnalare nuovamente la situazione.
Prima di uscire dal PS mi sono risistemata la mia "medicazione di fortuna alla Bear Grylls", e ripensavo continuamente ad una cosa: adesso so a cosa spero di non dover assistere in diretta.
4 commenti:
Di interventi così ce ne capitano tanti:impiccati,defenestrati,farmaco o tossico dipendenti....
Come dici tu,se voleva buttarsi non avrebbe avvertito il 118 (l'ha fatto lei dato che appena ha visto i lampeggianti ha scalato il pianerottolo nel suo tentativo di attirare un po' d'attenzione su di se,nel modo più sbagliato che le potesse venire in mente...)capisco che in quel momento la porta a vetri era l'ultimo dei tuoi problemi,ma hai corso un bel rischio e due persone da soccorrere sulla stessa scena come ben sai sono un bel problema per chi rimane,soprattutto in una situazione del genere,dove il tuo autista ed il tuo CE non potevano muoversi dall'aspirante "saltatrice".
per quanto riguarda il tuo timore,credo,come ripeto,che chi si vuol suicidare lo fa e basta,e sarà il primo a trovarlo a chiamare i soccorsi,penso che il rischio sia basso in questo senso.
o almeno,a me dopo tanti anni di servizio non è mai successo.
Li ho sempre trovati a "tentativo riuscito",e altri che si son fermati prima.
Però mai dire mai nel nostro campo!
A mentre fredda, tutti sappiamo cosa si deve fare o cosa non si deve fare.
E' facile tirar le somme quando non si è lì, ma essendo un collega saprai anche tu che quello che noti a mente fredda appare in tutt'altro modo quando si è sulla scena.
Se avessi fatto caso alla porta a vetri a mente fredda, naturalmente non ci avrei infilato il braccio, mi pare pacifico, ma purtroppo in quel momento non avevo considerato l'incredibile (!) fragilità di un vetro di una porta d'ingresso.
Sul mai dire mai...è vero, dici bene, esperienza insegna che quando pensi di averle viste tutte in realtà ancora non hai visto niente...
Certo,è ovvio che a mente fredda e da dietro una tastiera è chiaro cosa si deve e non deve fare e so che è ben chiaro anche a te.Tuttavia spero per te che quel taglio ti sia servito in qualche modo da "monito" per una prossima ipotetica volta.A mente fredda potrei elencarti tutte le situazioni in cui pure io ho rischiato di passare da soccorritore a paziente da soccorrere,persino facendo tutta l'attenzione e la sicurezza che mi era possibile fare,eppure un pai di volte mi sono capitati degli "imprevisti" che non potevo calcolare ma che da lì ho imparato a "mettere in conto" sempre.
Ho capito,da quanto ho letto,che in quella situazione il vetro fosse l'ultimo dei vostri problemi,ma come hai potuto constatare,l'imprevisto,quello che normalmente non calcoliamo,ci aspetta sempre.
Buon soccorso! :)
Io pure a suo tempo ho rischiato... ora ci sto più attento!
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