Ma che bello. Alle 20.30 di sera, appena finito il controllo con pulizia annessa della macchina, uscire così e senza aver mangiato ancora nulla ti migliora proprio l'umore.
In poco arriviamo in posto, stanotte per fortuna siamo in quattro, ho pessimi ricordi di tentati suicidi...vi ricordate di Mara no? Ecco.
Siamo in un complesso di palazzoni di case popolari, l'aria che si respira è vagamente inquietante e ce ne rendiamo conto un po' tutti.
Incrociamo in giro due persone, con evidenti problemi, che iniziano a ridere appena ci vedono e poi scappano.
Io sono il caposquadra stanotte, e personalmente per un codice giallo val la pena iniziare a dividersi i citofoni visto che non c'è nessuno a darci man forte, così ci dividiamo e due a due iniziamo a cercare il nome di riferimento, finché io e un collega non lo troviamo.
"Di qua!" gridiamo e gli altri due ci raggiungono, saliamo le scale, secondo piano, porta ovviamente chiusa
Bussiamo.
Niente.
"Siamo dell'ambulanza, possiamo entrare?" chiedo cercando di capire se la persona fosse almeno in ascolto; a causa di precedenti esperienze, abbiamo imparato che mettere alla prova la pazienza di questi pazienti non è cosa furba, così meglio aspettare.
Silenzio.
"Andiamo avanti noi tre" dice il mio collega agli altri due ragazzi "Vediamo che succede, tu stai dietro di noi" mi dicono e così proviamo ad entrare.
La porta non è chiusa a chiave, e la apriamo con facilità.
Entriamo in un appartamento spoglio, sporco e maleodorante.
"Signor Bianchi! Signor Bianchi ci sente?" chiediamo per capire dove fosse, ma resta tutto silenzioso e buio.
il cucinino è lurido, c'è un coltello sopra ad un tagliere buttato nel lavello macchiato e sporco, un armadietto stracolmo di medicine e per terra sembrava ci avessero vuotato la spazzatura.
Il salotto idem, stesse condizioni.
Ci spingiamo più avanti e arriviamo alla camera.
Un letto bisunto, composto di scheletro e di un materasso senza biancheria, ospita sopra Mario Bianchi, 60 anni, in posizione supina, con indosso pantaloni e maglietta che a naso non cambiava da almeno una settimana.
"Mario! Mario mi sente?" lo scuotiamo
"Mmmmmh lasciatemi morireeeeee" ci dice non riuscendo quasi a muoversi
"Mario forza, sveglia! Ragazzi voi prendete i parametri intanto....Mario, che hai preso per ridurti così?" gli chiedo captando un forte odore di vino provenire dalla sua bocca
"Non te lo dico...voi non mi fate morire..."
"Mario, qualcuno ci ha chiamati, non possiamo mica lasciarti qui così, lasciati aiutare...dai, dimmi cos'hai preso, così vediamo come fare per farti stare meglio!"
"La boccetta...col vino...eh si, quella ho preso..." dice farfugliante
Lo lascio coi miei colleghi e vado in cucina a setacciare di nuovo l'angolo delle medicine, e trovo una boccetta di Talofen, vuota.
Siamo alle solite.
Mi prendo la boccetta, torno in camera e i miei colleghi mi danno i parametri, così decido di chiamare la Centrale Operativa, spiegando il problema.
"Portatelo in giallo a XXX, fate attenzione, ok? Sai, la zona..." mi dice l'operatore
Io, che resto sorpresa da tanta considerazione, gli rispondo "Ok eventualmente ci sentiamo se cambia qualcosa".
Torno in camera di Mario, che di alzarsi e venire con noi non ne vuole sapere.
Inizia a raccontarci che il prete del suo paese è un disgraziato perché non gli dà i soldi, che lui ha già tentato di uccidersi svariate volte, che fuma, ma che non lavora e che sua moglie l'ha lasciato dopo che ha combinato qualcosa su Facebook.
"E' che sto Facebook, si insomma...non si capisce con chi hai a che fare, se sono uomini o donne! E mia moglie mi ha lasciato!" si lamenta bestemmiando
Io e colleghi restiamo sempre più allibiti, e decidiamo che dopo ben un'ora a casa di Mario che parla a macchinetta è ora di andare.
"Oddio!!! Mario!!!" una voce alle mie spalle fa sobbalzare tutti.
"Scusi, ma lei chi è?" domando allibita alla donna che si è portata al capezzale di Mario senza che io e colleghi riuscissimo a capire
"Oh Giovanna, vedi? Non riesco a morire!"
"Dai Mario non fare così, fatti aiutare!"
"No Giovanna, io devo morire, così non si può andare avanti!"
"Mario smettila, dai, cerca di riprenderti, vai in ospedale che ti guariscono loro!"
E la conversazione tra i due va avanti così qualche minuto. Noi, con la classica espressione di chi non ci sta capendo una mazza, ci lanciamo occhiate eloquenti.
Lei mi guarda, ride da sola, si guarda in giro e mi fa "Io non so niente!"
"Va bene, ma lei chi è? Riesce a capire cosa le sto chiedendo?"
"Sono la vicina! Siamo amici...cioè no, siamo vicini, amici no perché mi chiede i soldi e non me li ridà poi tenta di uccidersi!"
"Ok, allora signora Giovanna, la accompagno alla porta, qui non c'è nulla da vedere, e noi dobbiamo andare, mi segua" le dico mentre i miei colleghi caricano di peso Mario sulla sedia portantina
"Si ma io...Mario!!! Ohhhh ascolta!!! Ma torni a dormire??" urla mentre la allontano
"Mi sa che mi tengono in prigione questi qui! E io voglio morire, ma in ospedale non mi fanno morire!"
"Si senta Giovanna, ci aspetti da basso, ok?" le dico e controllo che se ne vada
Torno dai miei colleghi e con santa pazienza portiamo giù Mario, e lo carichiamo sulla barella.
In mezzo a questa follia, siamo rimasti fermi circa un'ora e mezza.
Sento il cellulare in tasca che vibra e riconosco il numero della Centrale Operativa.
"Si pronto?"
"Ragazzi tutto bene?"
"Si perché?"
"Chiedevamo, ci siamo sentiti mezz'ora fa, stavate per andare, ma a noi risultate ancora sul posto! Volevamo sapere se è tutto a posto"
Abbastanza sorpresa, rispondo "Tranquillo, abbiamo avuto un imprevisto, ma nulla di che, il paziente è a bordo e noi stiamo bene, partiamo adesso"
"Ok per qualsiasi cosa chiamate, ok?"
"Ok, grazie"
Click.
Spiego celermente ai colleghi il contenuto della telefonata e mentre anche sulla loro faccia si dipinge un'espressione di stupore assoluto, carichiamo Mario. Giovanna è sparita.
Durante tutto il viaggio, Mario non smette di parlare; mentre io compilo tutti i documenti, i due colleghi seduti dietro con me lo fanno chiacchierare un po' e così arriviamo in PS.
L'odore tremendo di vino e di quel qualcosa che si sente quando non ci si lava per svariati giorni, ha completamente invaso l'ambulanza, scendiamo dal mezzo nauseati.
Scaricato Mario, torniamo in ambulanza ed iniziamo a disinfettare e profumare ogni angolo, e finalmente quell'odore tremendo e nauseabondo scompare lasciando posto ad un profumo di disinfettante.
Mentre rientriamo, il mio collega alla guida mi fa "E quindi....su Facebook non si capisce se son uomini o donne..."
"Lascia perdere, non approfondiamo" gli dico offrendo caramelle alla menta "A volte preferisco non sapere!"
"Si in effetti...beata ignoranza!"
3 commenti:
Scusa, ma è la prassi di dare del TU ai pazienti sessantenni? Non lo chiedo assolutamente per fare l'antipatico..ma a me non sembra giusto.
No, hai ragione di norma non è la prassi, ma in questo caso c'era un breve antefatto che non ho citato per non rendere riconoscibile questa persona ben nota dalle mie parti e che spiega il motivo per cui gli abbiamo prima dato del Lei e poi del Tu : )
Nella prima stesura del post c'era, quando l'ho cancellato non ho pensato a riadattare il resto del racconto, nonostante di fatto sia andata proprio così com'è scritto.
Grazie per la risposta gentile, cosi si spiega la facenda :-) Scusami, solo che a me è un punto cardinale questo discorso, ma non volevo rompere.. Complimenti per il blog, è un piacere leggerlo!
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