giovedì 29 agosto 2013

Io non ho chiamato!

Quante volte vi è capitato di citofonare a casa di qualcuno e sentirvi dire "Ma io non ho chiamato!", trovandovi poco dopo a soccorrere un convivente a scelta del dichiarante con l'impressione di aver appena giocato a "Indovina Chi? Versione soccorritori vs pazienti" ?
Scena già vissuta, vero?
Ecco.
A noi è successo una notte, arriviamo sul target per un codice verde, persona caduta in casa.
Ci troviamo davanti una villetta con giardino, è tutto buio.
Suoniamo e ci viene incontro un ragazzino che non avrà avuto 14 anni, un po' interdetto.
"Ciao, hai chiamato tu l'ambulanza?" chiede il collega
Il ragazzino scuote la testa "No!"
"Sei sicuro? Questa è via XXX, famiglia Bianchi?"
"Si ma... aspettate, chiedo a papà!"
E si presenta fuori un uomo sui quarantacinque anni, pantaloncini e ciabatte, che ci guarda interrogativamente "Buona sera, ha chiamato lei l'ambulanza? Siamo qui per una persona caduta in casa...."
"Ehm no... no no noi non abbiamo chiamato nessuno!"
"Sicuri? Con voi vivono altre persone?" chiediamo sempre più dubbiosi
"Ah si è vero, avete ragione!" ci dice l'uomo, che nel buio credo non abbia notato l'espressione attonita sulle nostre facce "Vado un attimo a chiedere alla signora che abita di sotto, noi siamo qui solo per i lavori d'estate..." li guardiamo con occhi a palla cercando di capire come fosse possibile che nessuno sapesse nulla, nel frattempo il CE contatta la C.O. riferendo quanto sta accadendo.
Siccome il tempismo è tutto e sono quasi 10 minuti che siamo chiusi fuori dall'abitazione, mentre il collega è al telefono vediamo il cancello della villetta aprirsi e il ragazzino venirci incontro correndo "La signora! E' caduta lei dal letto!" ci dice e ci conduce nell'appartamento al piano terra.
Entriamo e ci dirigiamo in camera, dove per terra con la testa sotto al letto troviamo Carmela, 80 anni, che si lamenta; nella stanza adiacente c'erano il badante straniero della signora e il marito.
Io vado alla testa e la sorreggo al meglio finché i colleghi non riescono a spostare il letto in modo da permettermi un corretto posizionamento.
"Carmela buona sera, siamo della Croce Rossa, cosa le è successo?" le domanda il collega prendendole la mano
Carmela è vagamente stordita e sul momento non capiamo se è per il trauma o per qualche altra ragione "Eh son caduta...dal letto...che male alla testa e al braccio! Fanno male!"
"Carmela si ricorda com'è successo? Ha perso conoscenza?"
"No no ero sveglia! Sono rotolata giù... ho la testa marcia...!!"
"Testa...marcia? Carmela, ci spiega che significa?" chiediamo un po' dubbiosi
"Mi hanno operata sa, perché è marcia...oh che sonno..." ed inizia ad assopirsi
"Carmela, stia sveglia!" la chiamiamo "Ha preso qualche medicinale?"
"Le gocce... sennò non dormo io... eh no... ma ho sonno..." ci dice sempre più sonnolenta; ormai stava cadendo tra le braccia di Morfeo...e delle gocce.
La immobilizziamo con collarino e spinale, prendiamo i parametri e il CE dopo aver parlato con il badante e il marito, chiama per istruzioni la C.O. ... nel mentre Carmela se la dorme alla grande.
"Carmela non s'addormenti, stiamo per portarla in ospedale" le diciamo cercando di assicurarci che non ci fosse altro, ma Carmela sonnecchia senza preoccuparsene così tanto.
Durante il viaggio la chiamiamo comunque per assicurarci che sia tutto a posto, ma Carmela straparla combattendo contro il sonno.
Una volta arrivati in PS, Carmela viene subito guardata dall'infermiere del triage.
"Signora Carmela? Mi sente?" la chiama
"Ehm dorme..." diciamo quasi imbarazzati
"Cosa vuol dire che dorme? E non si sveglia?"
"Eh non proprio... ha preso le gocce per dormire tipo poco prima di rotolare giù dal letto..."
L'infermiere rassegnato cerca di svegliarla, e Carmela in stato semicomatoso dice anche a lui che le gocce stanno facendo effetto e che ha male al braccio e alla testa, poi smette di dar retta alle sue domande e torna nel mondo dei sogni.
Noi la lasciamo così, addormentata su una lettiga del PS.
"E per fortuna che non aveva chiamato nessuno!"



PS: -2 al post numero 100 : ) stay tuned!


mercoledì 14 agosto 2013

Visto?

Quando dico che essere un soccorritore implica una serie di altre propensioni più o meno spiccate, non scherzo e lo sapete.
Oggi vi parlo di come ci siamo improvvisati acrobati circensi e contorsionisti allo stesso tempo, una mattina presto, verso le 6.40 quando arriva la chiamata "Verde, donna anziana caduta in casa".
Con buona pace dell'equipaggio della notte, che viste le nostre tre facce, se ne torna a dormire sotto le coperte calde, noi usciamo.
Il paese non lo conosciamo molto bene, è un pochettino fuori zona e increduli ci troviamo davanti ad una corte dall'ingresso assai angusto.
Capendo che lasciare l'ambulanza fuori era improponibile a causa della discutibile larghezza della stradina dove ci eravamo infilati, con sacrosanta pazienza (e anche qualche imprecazione, diciamocelo dai) il nostro autista riesce a far passare incolume il mezzo fino ad entrare nella corte.
Quando ci rendiamo conto del posto in cui siamo finiti, tutti e tre iniziamo a sperare intensamente che la signora si trovi al piano terra.
Un uomo sui quaranta, che ci chiama dall'ultimo piano della corte, infrange i nostri cuori e le nostre speranze.
Non ci resta che sperare che sia almeno leggera.
Seguendo le indicazioni, raggiungiamo l'appartamentino passando per delle scale ripide, un po' erose dal tempo e talmente strette e spigolose che salirle in fila indiana con lo zaino in spalla è già abbastanza complicato.
Entriamo e sul letto troviamo Anna, 80 anni, sveglia e un po' spaventata che ci racconta di esser caduta dal letto e quindi di aver telefonato al figlio per chiedere aiuto.
Il figlio arrivato a casa e trovata la madre per terra, l'ha rimessa a letto e ha chiamato l'ambulanza perché la signora non riusciva ad alzarsi.
Cercando di tranquillizzarla e riscontrando la classica posizione da femore rotto, iniziamo a pensare a come farla scendere dall'ultimo piano di quello che sembrava più il contesto di un videogioco piuttosto che una via d'uscita.
"Per fortuna sono leggera, posso scendere in braccio a mio figlio?"
"No signora, ci dispiace ma dovremo metterla per forza di cose su una tavola rigida e portarla giù noi tre" le diciamo
"Ma le scale sono strette, come farete?"
Eheheheheh
"Non si preoccupi, ci pensiamo noi" le rispondiamo sorridendo, mantenendo un certo aplomb.
In realtà ci stavamo facendo la stessa domanda, e la soluzione a cui eravamo arrivati tutti e tre era l'unica plausibile: sarebbe dovuta scendere in verticale.
Dopo aver chiamato la C.O. e accordato la destinazione, spinalizziamo la signora Anna.
"Anna non si spaventi, ma dobbiamo farla scendere in verticale. Non si preoccupi che non cade e non la lasciamo andare, se le dà fastidio guardare, tenga gli occhi chiusi, ci vorrà meno di quanto sembra"
La signora decide per fortuna di fidarsi, e una volta bella imbragata sulla tavola, iniziamo a fare i numeri.
Ci siamo sentiti dei veri equilibristi mentre portavamo giù Anna, levigando ogni spigolo col didietro, fingendo di non farci caso.
Comprendete anche voi che l'abbinamento muro bianco sdrucciolevole e divisa blu non funziona, e l'abbiamo compreso anche noi una volta arrivati in fondo: molto compiaciuti per la manovra, molto meno compiaciuti della versione "gessata" del retro delle divise.
"Ce l'avete fatta!" ci dice Anna
"Visto Anna?" le rispondiamo sorridendo come se fosse stata la cosa più semplice del mondo, mentre in realtà eravamo vagamente indolenziti per le assurde posizioni assunte per far passare la spinale con Anna sopra per quelle infinite scalette minuscole e spigolose, accaldati nonostante il freddo e intenti a ripulirci con nonchalance il retro delle divise.
Alle 7 di una mattina d'autunno ci siamo resi conto di aver iniziato la giornata portando giù una simpatica signora da un piano non ben identificato, in verticale.
Visto?

venerdì 2 agosto 2013

Momenti di ordinaria follia

Oggi voglio provare a farvi ridere.
E' un po' che non scrivo qualche strafalcione, e in fin dei conti avevo inaugurato il segnalibro "cliché" per condividere anche i momenti di ilarità.
Credo cambierò il nome al segnalibro, ancora devo studiarne uno appropriato perché mi piacerebbe condividere con voi anche quei momenti che tolgono il fiato, fanno venire le lacrime, il mal di pancia...dal tanto ridere.
Il bello dell'essere un volontario alla fine è anche questo, certi livelli di follia si toccano solo in sede eheheh
Voglio raccontarvi di quella notte, una delle rarissime, che sono stata svegliata da rumori esterni nonostante il sonno profondo...
Era notte fonda, avevamo già dato il meglio di noi in uscita, e ci stavamo facendo una bella dormita.
Eravamo in 4, e il nostro autista di quella notte era di quelli da "russata selvaggia".
Personalmente stavo dormendo benissimo comunque, finché qualcosa stranamente mi sveglia.
Miaooooooo
Convinta di star sognando e anche discretamente stordita, apro gli occhi, ma al buio senza occhiali non vedo nulla.
"Ok, l'avrò sognato" mi dico e mi rigiro dall'altra parte del letto
Miaooo Shhht Miaoo Miaoooo
"Eh no cavolo, mo però l'ho sentito... un gatto in sede?! Ci mancava solo questa..." penso sconsolata e mi metto seduta sul letto per capire dove fosse la bestiola.
Appena metto gli occhiali e metto a fuoco la camera, il collega che dormiva nel letto accanto al mio si sveglia a sua volta imprecando per il russare dell'autista e quello strano miagolio, e punta la torcia nella stanza.
La scena che abbiamo davanti è la seguente: l'autista russante russava ancora pesantemente, la quarta collega si stava sporgendo dal letto miagolando verso il russatore, l'altro mio collega con la torcia in mano a quel punto s'imbestialisce "Che cazzo stai facendo???? Perché miagoli???"
"Perché se miagoli la gente smette di russare! No?" risponde come se nel cuore della notte fosse la cosa più ovvia del mondo.
Io inizio a ridere di gusto, il mio collega con la torcia si esibisce in una fiorita poesia ad insulti rivolta alla mia collega e in quel momento l'autista si sveglia "Oh ma la finite di far casino?? Adesso non si può manco dormire! Ma avete visto che ore sono?! Dai cazzo!"  e si rigira dall'altra parte, riprendendo a russare in tempo zero.
Avevo mal di pancia, dal ridere.
"E tu che cavolo ridi che mo ti addormenti e non senti più un tubo?? Io invece devo sorbirmi quella che miagola e quello che russa!" e in effetti... è andata così :P

domenica 28 luglio 2013

...siete forti!

E' la classica notte di inizio inverno: fa freddo, un freddo umido, piove quanto basta a cullarti il sonno o a lavarti completamente la divisa, e i soliti discorsi nonsense conditi da una partita accanitissima a Monopoli riempiono la nostra serata, fino a quel momento tranquilla.
Eravamo lì lì per concludere il match quando lo squillo di Emma ci interrompe; sventolando la carta "opposizione" e meditando sul come giocarla con la C.O. per evitare l'uscita, ci prendiamo la stampata e il nostro umore cambia all'improvviso.
"Giallo, problemi respiratori, bambino di 6 mesi".
Ci catapultiamo velocemente sul mezzo, imbacuccati per bene, e partiamo alla volta del target, raggiunto in pochi minuti.
La destinazione è all'interno di una corte, classica delle nostre zone, ma con un ingresso che a malapena permetteva l'entrata di una macchina di medie dimensioni.
Scendiamo al volo dal mezzo, carichi di ogni cosa possibile che sarebbe potuta servire e con torcia alla mano iniziamo sistematicamente al ricerca del numero civico indicato, sotto l'acqua gelida e battente, nel buio più pesto della provincia.
In quel buio vediamo uno spicchio di luce calda illuminare un ingresso, e un braccino piccolo farci segno.
Di corsa raggiungiamo la porta, varchiamo la soglia chiedendo il permesso, e per qualche secondo ci guardiamo attorno.
Siamo all'interno di una stanza, non ci sono porte a parte quella d'ingresso, solo una finestra in circa 20 metri quadri (se non meno) di spazio; attaccati alla parete ci sono i fornelli, una vecchia stufa di quelle che compaiono solo negli scenari dell'esame di certificazione, un divano-letto, un lettino singolo attaccato e un tavolino con un paio di sedie.
Nient'altro.
Ci richiude la porta alle spalle Gigi, un bimbo di 10 anni, che ci guarda con occhi quasi luccicanti.
Davanti a noi Lucrezia, una giovane donna di non più di 40 anni, stringe tra le braccia il piccolo Luca, 6 mesi, che piange e grida come un matto.
Noi quattro con l'attrezzatura più loro tre dentro quella stanza stavamo stretti.
"Grazie per essere venuti!" ci dice ansiosa Lucrezia "Guardate! Si è riempito di puntini rossi e prima faticava a respirare, è allergico a tante cose, abbiamo dovuto cambiare il latte, non vorrei fosse stato quello!"
Il bimbo, a parte il pianto e i puntini, al momento respirava bene, e la cosa ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo.
"Signora stia tranquilla, il piccolo respira bene, è solo tanto spaventato... comunque gli prendiamo due parametri e chiamiamo subito la Centrale" la rassicura il caposquadra mentre io e le altre due colleghe cerchiamo di prendere qualche parametro al piccolo Luca, che appena visti noi 4 estranei in tutone scure deve essersi spaventato ulteriormente.
Tolti i giacconi per sembrare meno "mostri cattivi" e più "persone normali", con non poca difficoltà e qualche calcio volante, rileviamo i parametri, che sono nella norma, e il CS esce dalla stanza per chiamare la C.O.
Nel mentre io e le altre due restiamo in casa con la famiglia.
"Avviso subito mio marito, lavora lontano, ma almeno verrà a prenderci in ospedale!" ci dice Lucrezia.
"Che belle divise avete!" ci dice timidamente Gigi, che guarda con interesse le mille cose che ci siamo portati dietro "A cosa serve quello?" ci domanda indicando lo zaino
"Lo zaino ha dentro tutto quello che ci serve per aiutare chi ci chiama" gli diciamo sorridendo "Vuoi vedere cosa c'è dentro?"
Lui annuisce timidamente, e mentre Lucrezia prepara le cose e chiama il marito, noi mostriamo a Gigi l'attrezzatura spiegandogli per cosa usavamo quelle cose, rispondendo a tutte le sue domande.
"Hai visto Gigi? Oggi è proprio una giornata movimentata!" gli dice sorridendo Lucrezia
Noi ci guardiamo interrogativi e Gigi ci dice "Oggi è il mio compleanno! Mi hanno anche fatto il regalo!" ci dice mostrandoci 10 Euro
"Allora ormai sei un ometto! Tra qualche anno puoi venire a fare il corso per diventare soccorritore anche tu!" gli diciamo scherzando
"Lui vuole fare il pompiere, ma mi sa che l'avete quasi convinto, vero amore?" dice Lucrezia, e Gigi annuisce arrossendo "Posso fare sia il pompiere sia quello che fate voi magari! Voglio essere bravo come voi, siete forti!"
I complimenti dei bambini fanno sempre un certo effetto, e sorridendo come ebeti consapevoli, gli diciamo "Va che se continui così diventerai sicuramente più forte di noi!"
"Non lo so... Speriamo!" ci risponde sorridente.
La C.O. ci dà un codice giallo per l'ospedale più vicino; Luca nel mentre si era calmato, quindi andiamo tutti verso l'ambulanza di corsa per evitare una doccia fredda.
"Che bella! Ma accendiamo anche le luci e la sirena?" chiede Gigi che non sapeva più dove guardare una volta in ambulanza.
Lo facciamo sedere davanti con l'autista, che lo assicura con la cintura.
"Visto che oggi sei grande, ti va di accenderle tu le luci e la sirena?" gli chiede la collega
Gigi annuisce saltellando sul sedile "Domani lo racconto ai miei amici!! Nessuno ha mai acceso la sirena!" ci dice entusiasta, e con le istruzioni della collega, Gigi si improvvisa aiuto-autista.
"Grazie, davvero, non sapete quanto l'avete reso felice in una situazione così!" ci dice Lucrezia
Un po' commossi, un po' sollevati sorridiamo "Si figuri, è il minimo!"
Durante il viaggio Gigi riempie la collega di domande sull'ambulanza, sul nostro lavoro, sui pompieri... una volta arrivati e accompagnata la famiglia in PS, li lasciamo salutandoli.
"Grazie di tutto! E' stato un bel compleanno!" ci dice Gigi, e Lucrezia ci saluta con il piccolo Luca che ci guardava ancora con sospetto, giustamente.
"Che situazione..." riflettiamo sulla strada del rientro "A volte la gente più in difficoltà può essere il tuo vicino di casa e tu manco la sai magari!"
"Già... però hai visto il piccolino com'era entusiasta? Voglio dire, nonostante tutto quando gli hai fatto accendere le luci e le sirene sembrava che gli avessi regalato chissà cosa... mi era venuto un po' di magone!"
"E' vero, a volte alcune uscite ti spezzano il cuore...però guardate il lato positivo... il piccoletto sta bene e il più grande ci ha salutati con un mega sorriso... e forse forse ci siamo guadagnati un soccorritore in erba!"


domenica 23 giugno 2013

Sulla strada

E' circa l'una di una domenica notte quando la chiamata arriva, noi siamo in quattro; tre di noi ancora svegli a chiacchierare, mentre una nostra collega già dormiva da abbastanza tempo per svegliarsi e vestirsi imprecando in previsione della giornata di lavoro che l'avrebbe aspettata poche ore dopo.
Prendo il foglio ancora caldo di stampa "verde, evento violento per strada, CC in posto". Una dicitura del genere, avendo presente l'allocazione, non lascia spazio a molti dubbi.
Arriviamo in poco tempo sul target, che si trova a pochi km dalla nostra sede e vediamo accostata a lato della strada i Carabinieri, che stanno parlando con uno di una vedetta privata e una ragazzina lascivamente (s)vestita.
"Ciao, che è successo?" domando al Carabiniere che ci stava facendo segno di avvicinarci, che mi indica la ragazzina che si muove nervosamente sul ciglio della strada "Ciao ragazzi, la signorina è stata aggredita e il signore qui ci ha chiamati perché ha visto la scena; fateci sapere dove la portate, ok?" 
Annuisco, e assieme a due colleghi l'accompagno a bordo, la facciamo sdraiare sulla barella.
"Tranquilla, adesso sei con noi, non ti può succedere nulla qui, sei al sicuro..." le dico cercando di tranquillizzarla.
E' una bella ragazza, minuta e con lunghi capelli tinti di nero, il cui colore naturale a giudicare dalla lieve ricrescita si aggira attorno ad un bel rosso ramato.
Sembra davvero molto molto giovane e inizialmente ho il sospetto che non sia neanche maggiorenne.
"Come ti chiami?"
"Mariela" ci dice un po' scossa cercando di asciugarsi le lacrime con le mani
"Mariela, so che non è semplice, però ci aiuterebbe sapere cosa ti è successo... se te la senti" le dico sempre con calma mentre i miei colleghi le passano altra carta per asciugarsi le lacrime
"Mi hanno picchiata... un'altra ragazza... con suo protettore, sono scesi dalla macchina e mi hanno buttata per terra e presa a calci e colpita con ombrello sulla testa" ci dice titubante
"Hai dolore da qualche parte?"
"La testa, mi fa male la testa, e anche un po' la pancia e le ginocchia..." dice indicando i punti; ferite non ce ne sono, ma per precauzione le mettiamo il collarino, le sfiliamo le autoreggenti strappate per disinfettare le escoriazioni sulle gambe e la copriamo visto che addosso ha solo una specie di gonnellino e una magliettina.
"Se hai freddo o senti qualcosa che non va diccelo, ok?" le diciamo
"Tranquilla, sono abituata!" cerca di sdrammatizzare sorridendo, e noi ricambiamo il sorriso anche se in realtà siamo un pochino in imbarazzo per ovvie ragioni.
"Hai un documento Mariela?" le domando
Lei fruga nella borsetta "Mi hanno rubato i soldi, tutto... però ce l'ho la carta..." e mi porge un documento di identità albanese dove c'è scritto che ha 20 anni.
"Mariela, sei d'accordo a venire in ospedale per un controllo vero?"
"Eh si... va bene... però mi serve sapere dov'è, qualcuno deve venirmi a prendere..." ci dice armeggiando col cellulare
"Tranquilla, l'indirizzo è XXXXXXXXX; è qui vicino, se ti serve altro chiedici pure"
Avviso la Centrale della situazione e ci mandano verso l'ospedale più vicino; dopo aver avvisato i CC, partiamo.
Durante il viaggio cerchiamo di sdrammatizzare un po' parlando di unghie smaltate che si rompono, del clima ostile alla primavera, delle buche sulla strada e continuando a chiederle se stava bene, notando che pian piano iniziava a rilassarsi un pochino e a fidarsi di noi.
Non mi era ancora capitata una situazione del genere, e mi sono trovata un po' in difficoltà nel cercare di rassicurare qualcuno che ha visto il peggio della vita così presto.
Arriviamo in poco, e una volta salutata Mariela, la lasciamo nelle mani del personale del PS domandandoci che fine avrebbe fatto.