Piove, sono circa le 18 di un venerdì pomeriggio quando arriva la chiamata.
"Verde, caduto per strada, trauma facciale".
"La fortuna che accompagna sempre la pioggia eh..." commentiamo salendo sul mezzo e raggiungendo in pochi minuti il target.
La destinazione indica un edificio pubblico con un sentiero lastricato di piastrelle lisce e qualche tombino, nulla di ostico insomma.
Due uomini in giacca e cravatta ci vengono incontro correndo "E' qui! Presto!"
Ci guardiamo con aria interrogativa, e li seguiamo oltre questo sentiero, che termina con un giardinetto bordato da un muretto.
Su questo muretto è seduta una signora sui 45, attorno a lei una decina di astanti, uno dei quali con l'ombrello.
"Buonasera signora, siamo dell'ambulanza, che succede?"
"Aaaaaaaahh guardaaaaaaaaaa" urla tra le lacrime, togliendosi dal volto il fazzoletto insanguinato col quale copriva il naso visibilmente tumefatto "Sono cadutaaa, e tu cosa stai facendo lì con le mani ehh??"
"Signora, tranquilla, le devo tenere ferma la testa, le mettiamo un collarino per precauzione. Mi dice il suo nome?" le dico
"Olga! E sarò un mostro aaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhh" continua a piangere
"Noi abbiamo sentito le urla e siamo corsi fuori, poi abbiamo chiamato l'ambulanza, la signora era qui che camminava su e giù per la strada urlando" mi dice quello che teneva l'ombrello.
"Signora ha dolore da qualche parte?"
"Si, il naso! Oddio resterò sfigurata a vita! Ecco! Per il tombino! Aaaahhhhh" ci stava bucando i timpani
Dopo aver preso i parametri e fatto un accurato esame testa-piedi, carichiamo e partiamo in codice verde alla volta dell'ospedale.
Tra un urlo e un singhiozzo capiamo che Olga doveva aver misurato per bene il selciato con la faccia, e non si era parata in tempo il volto perché aveva in mano ombrello e borsa.
"L'avevo visto il tombino! L'avevo visto! Ma no, l'ho dovuto prendere lo stesso! E ora sarò inguardabile!"
"Ma Olga non esageri!" le diciamo mettendole del ghiaccio; la botta c'è ovviamente, ma di certo la signora non era sfigurata.
La rassicuriamo, spiegandole che una volta in PS l'avrebbero visitata e si sarebbero presi cura di lei.
Sembrava essersi calmata, aveva chiuso gli occhi ripetendo sottovoce "Poteva andarmi peggio...poteva andarmi peggio...dai dormi adesso...", quando ad un certo punto smette di parlare.
La guardiamo assaporando quegli istanti di calma, sembrava dormire beatamente quando all'improvviso "Aaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhh sfigurataaaaaaaaaaa per sempre! Un mostro, un mostro!" e ricomincia a piangere e urlare.
"Olga che interesse avrei a mentirle, scusi?" le chiedo, lei scuote la testa
"Ecco, le dico che non è sfigurata, è una bellissima donna, adesso il naso è gonfio, ma una volta passata la botta non resterà sfigurata!"
"Bella? Davvero?" chiede asciugandosi gli occhi.
Nonostante ci avesse demolito i timpani in 40 minuti, Olga ci fa tenerezza.
Io e la collega annuiamo e cerchiamo di distrarla facendola parlare della famiglia, del lavoro, dei suoi hobby e riusciamo ad evitare così altre urla fino all'arrivo in PS.
Una volta lasciata in PS, in silenzio sistemiamo il mezzo.
"Che spavento..." commenta l'autista
"Per lei dici?"
"No per me! Silenzio per 10 secondi e poi quell'urlo! Cavolo, non me l'aspettavo!"
"Nemmeno noi... va beh, si sarà spaventata pure lei poveretta eh... la caduta libera di faccia non è proprio il massimo della vita..."
"Direi di no...così, a naso...!"
domenica 4 maggio 2014
giovedì 20 marzo 2014
Ora di cena
"Che pizza prendi?"
Scorro l'elenco, ma alla fine opto per una margherita, benché la tentazione di una zola&mele sia tanta, ricordando i miei disgustosi precedenti, scelgo saggiamente di optare per qualcosa di leggero.
"Pizzaaaaaaaa" sento dire alla mia collega, più affamata di me, che accoglie il fattorino in sede.
Finito il controllo, la pizza calda (risultato della mancanza di voglia di cucinare!) era quasi un miraggio, e non appena la mettiamo in tavola, ci avventiamo senza ritegno.
Siamo alle ultime fette quando, indovina? Suona.
"Giallo, dolore addominale. Nelle note c'è scritto che il paziente è HIV positivo..." leggo il foglio, e ci lanciamo verso il mezzo con in mano l'ultima fettina di pizza che mandiamo giù prima di scendere le scale.
Arriviamo in poco a casa di Samuele, 30 anni, che troviamo in posizione fetale sul divano, attorniato dalla famiglia che ci fa entrare nell'appartamento.
"Sto malissimo! E' iniziato poco dopo aver mangiato" ci dice
"Cos'hai mangiato Samuele?"
"Penne panna e speck, una bella padella... avevo fame...ah, e ho bevuto un bel vino fresco" ci dice "Non sono mai stato così male!"
"Quanto fresco era il vino?"
"Da frigo" ci dice contorcendosi "Oddio mi viene da vomitare!"
E questa me l'aspettavo.
Al volo lo tiriamo su appena in tempo per farlo rimettere in un sacchetto.
Per fortuna eravamo in quattro, i due con "lo stomaco più forte" si sono lanciati a tenere il sacchetto e la testa di Samuele, mentre io e l'altra collega passavamo scottex e preparavamo un altro sacchetto.
"Ne ha mangiata di pasta... va, si vedono ancora i pezzi!" mi dice sottovoce la mia collega, mentre io sentivo la pizza in gola per il tremendo odore.
A quel punto tiro fuori dal taschino una mascherina di carta e ci metto sopra l'olio all'eucalipto, con il quale con tranquillità tampono il naso anche ai miei colleghi.
Il mio stomaco smette di fare le piroette, ma mi accorgo degli sguardi dei parenti e intuisco il loro pensiero.
"Perdonatemi, ma ho appena mangiato..." dico optando per la sincera ammissione della mia inopportuna mancanza di tatto e vedo che mi sorridono rilassandosi "Ah ok...no sai, avevamo pensato... si insomma..." mi dicono imbarazzati
"Non si preoccupi, mea culpa, non avevo in tasca altro"
"No ma fai bene, noi siamo tutti vicini alla finestra aperta!!" mi dice un familiare "Ehehe è ora di cena per tutti!"
Rilassata anche io per aver chiarito il gesto, una volta che Samuele smette di vomitare tutto quanto ci dice "Ora mi sento molto meglio...però magari in PS ci vado lo stesso, eh?"
"Sta a te decidere cosa preferisci fare" gli diciamo rassettando e Samuele decide di venire.
La stessa scena si ripete in ambulanza, durante il tragitto tutto curve e salite per arrivare all'ospedale più vicino.
"Mi dispiace ragazzi!" ci dice desolato "Mi sento debole...però non ho più nausea"
"Tranquillo Samuele, siamo quasi arrivati" lo rassicuriamo "Se dovessi sentirti male ancora, diccelo ok?"
"Ok..."
E poco dopo arriviamo in PS.
"Grazie ragazzi, gentilissimi!" ci dice
Sorridiamo e lo salutiamo, tornando verso il mezzo.
"La mascherina ahahahahah" inizia a ridere la mia collega mentre passiamo ogni angolo del mezzo a porte spalancate col disinfettante.
"Hey, ognuno ha i suoi modi per sopravvivere! Anche se sta volta avrei potuto usare un fazzoletto eh...va beh, mi sono spiegata però e hanno capito"
"Si in effetti... per fortuna che avevi l'eucalipto! Mamma mia che fatica...sempre dopo mangiato"
"Pensa se avessi preso la zola&mele...." dico salendo sul mezzo
"Ti vogliamo bene eh... ma penso che ti avremmo lasciata a piedi! Ahahahah"
Affetto dei colleghi, che bella cosa.
Scorro l'elenco, ma alla fine opto per una margherita, benché la tentazione di una zola&mele sia tanta, ricordando i miei disgustosi precedenti, scelgo saggiamente di optare per qualcosa di leggero.
"Pizzaaaaaaaa" sento dire alla mia collega, più affamata di me, che accoglie il fattorino in sede.
Finito il controllo, la pizza calda (risultato della mancanza di voglia di cucinare!) era quasi un miraggio, e non appena la mettiamo in tavola, ci avventiamo senza ritegno.
Siamo alle ultime fette quando, indovina? Suona.
"Giallo, dolore addominale. Nelle note c'è scritto che il paziente è HIV positivo..." leggo il foglio, e ci lanciamo verso il mezzo con in mano l'ultima fettina di pizza che mandiamo giù prima di scendere le scale.
Arriviamo in poco a casa di Samuele, 30 anni, che troviamo in posizione fetale sul divano, attorniato dalla famiglia che ci fa entrare nell'appartamento.
"Sto malissimo! E' iniziato poco dopo aver mangiato" ci dice
"Cos'hai mangiato Samuele?"
"Penne panna e speck, una bella padella... avevo fame...ah, e ho bevuto un bel vino fresco" ci dice "Non sono mai stato così male!"
"Quanto fresco era il vino?"
"Da frigo" ci dice contorcendosi "Oddio mi viene da vomitare!"
E questa me l'aspettavo.
Al volo lo tiriamo su appena in tempo per farlo rimettere in un sacchetto.
Per fortuna eravamo in quattro, i due con "lo stomaco più forte" si sono lanciati a tenere il sacchetto e la testa di Samuele, mentre io e l'altra collega passavamo scottex e preparavamo un altro sacchetto.
"Ne ha mangiata di pasta... va, si vedono ancora i pezzi!" mi dice sottovoce la mia collega, mentre io sentivo la pizza in gola per il tremendo odore.
A quel punto tiro fuori dal taschino una mascherina di carta e ci metto sopra l'olio all'eucalipto, con il quale con tranquillità tampono il naso anche ai miei colleghi.
Il mio stomaco smette di fare le piroette, ma mi accorgo degli sguardi dei parenti e intuisco il loro pensiero.
"Perdonatemi, ma ho appena mangiato..." dico optando per la sincera ammissione della mia inopportuna mancanza di tatto e vedo che mi sorridono rilassandosi "Ah ok...no sai, avevamo pensato... si insomma..." mi dicono imbarazzati
"Non si preoccupi, mea culpa, non avevo in tasca altro"
"No ma fai bene, noi siamo tutti vicini alla finestra aperta!!" mi dice un familiare "Ehehe è ora di cena per tutti!"
Rilassata anche io per aver chiarito il gesto, una volta che Samuele smette di vomitare tutto quanto ci dice "Ora mi sento molto meglio...però magari in PS ci vado lo stesso, eh?"
"Sta a te decidere cosa preferisci fare" gli diciamo rassettando e Samuele decide di venire.
La stessa scena si ripete in ambulanza, durante il tragitto tutto curve e salite per arrivare all'ospedale più vicino.
"Mi dispiace ragazzi!" ci dice desolato "Mi sento debole...però non ho più nausea"
"Tranquillo Samuele, siamo quasi arrivati" lo rassicuriamo "Se dovessi sentirti male ancora, diccelo ok?"
"Ok..."
E poco dopo arriviamo in PS.
"Grazie ragazzi, gentilissimi!" ci dice
Sorridiamo e lo salutiamo, tornando verso il mezzo.
"La mascherina ahahahahah" inizia a ridere la mia collega mentre passiamo ogni angolo del mezzo a porte spalancate col disinfettante.
"Hey, ognuno ha i suoi modi per sopravvivere! Anche se sta volta avrei potuto usare un fazzoletto eh...va beh, mi sono spiegata però e hanno capito"
"Si in effetti... per fortuna che avevi l'eucalipto! Mamma mia che fatica...sempre dopo mangiato"
"Pensa se avessi preso la zola&mele...." dico salendo sul mezzo
"Ti vogliamo bene eh... ma penso che ti avremmo lasciata a piedi! Ahahahah"
Affetto dei colleghi, che bella cosa.
mercoledì 26 febbraio 2014
Non vi pago più
"Giallo, difficoltà respiratoria e dolore addominale" dice la mia collega, prendendo il foglio della missione.
Raggiungiamo il target in poco, è sera, ma non così tardi...vediamo che un uomo fuori dal civico indicato ci fa segno.
"Va che fortuna, sta volta ci aspettano!" commentiamo soddisfatti, ma appena scesi dal mezzo ci accorgiamo che il motivo dell'inaspettata accoglienza è un altro.
"Basta!!! Io non vi pago più, capito????" ci urla quest'uomo sulla sessantina, visibilmente alterato.
Ci guardiamo interrogativamente, poi guardiamo lui che non smette di urlare.
"Sono stufo! Che cavolo di servizio è questo?? Me lo spiegate?? Pago le tasse io, capito?? Non è possibile che si ha bisogno di qualcuno e nessuno si dà da fare!"
A primo acchito questa sceneggiata ci irrita terribilmente, perché diciamocelo noi quattro con le sue tasse e i suoi malumori non c'entriamo nulla e anzi, siamo arrivati il più in fretta possibile.
Inspiriamo, facciamo appello alla fantastica riserva di cordialità e pazienza che il soccorritore medio deve imparare a sviluppare e coltivare con sacrosanta pazienza, e con il tono più amichevole che possiamo sfoderare ci presentiamo e chiediamo cosa succede.
"Mia moglie sta male dalle 17! E' diabetica, ipertesa...si insomma ne ha di tutti i colori! E' seduta in bagno e non riesce ad alzarsi! Non sapevamo cosa fare, pensavamo migliorasse e invece non è così! E' possibile che nemmeno pagando mi si aiuti???? Non si capisce nulla!!"
"E' dalle 17 che sta chiamando per un'ambulanza??" chiediamo interdetti
"Ma no!! Ho chiamato chiunque, e tutti mi hanno sbolognato l'ambulanza! Sono stato obbligato a chiamarvi adesso!! E' roba da matti, in questo paese poi!"
"E' dalle 17 che sta chiamando per un'ambulanza??" chiediamo interdetti
"Ma no!! Ho chiamato chiunque, e tutti mi hanno sbolognato l'ambulanza! Sono stato obbligato a chiamarvi adesso!! E' roba da matti, in questo paese poi!"
"Si calmi, noi siamo arrivati non appena ricevuta la chiamata e le garantiamo che l'ambulanza non va pagata. Ci porti da sua moglie, così vediamo cosa le succede, d'accordo? Siamo qui per aiutarla!"
Nervosamente ci conduce dentro casa, nel bagno, dove troviamo Lucia, sulla sessantina anche lei, seduta sul water in vestaglia.
E' pallida, sudata e fredda.
"Oh ragazzi mi dispiace, che imbarazzo, ma non mi sento bene..." ci dice la signora
"Non si preoccupi Lucia, adesso vediamo cosa c'è che non va e andiamo a fare un controllo al Pronto Soccorso, ok?" cerchiamo di rassicurarla mentre la famiglia spiega al capoequipaggio tutta la storia clinica e non della paziente.
Lucia è dalle 17 che ha vertigini, sudorazione eccessiva, brividi, dissenteria, nausea e quant'altro, ed è così debole da non riuscire nemmeno ad alzarsi.
"Lucia andiamo a fare un controllo, ok?" le diciamo e la carichiamo in ambulanza, poi diretti alla famiglia informiamo della destinazione.
"Vi raggiungiamo là subito..." ci dice il marito, che aveva abbassato i toni, e partiamo.
Una volta a bordo, Lucia ci dice "Ragazzi scusatelo per i toni... si sono tutti spaventati... sto tanto male?"
"Lucia stia tranquilla, in PS le faranno tutti gli esami del caso..." le diciamo rassicurandola, e lei si stringe nelle coperte restando in silenzio fino all'arrivo in PS.
Una volta a bordo, Lucia ci dice "Ragazzi scusatelo per i toni... si sono tutti spaventati... sto tanto male?"
"Lucia stia tranquilla, in PS le faranno tutti gli esami del caso..." le diciamo rassicurandola, e lei si stringe nelle coperte restando in silenzio fino all'arrivo in PS.
Arriviamo in poco tempo, riferiamo tutto all'infermiere e ce ne andiamo salutando Lucia.
"Appena scesa ho pensato volesse menarci tutti eheheheh"
"Davvero...però che scaricabarili s'è trovato, da una parte posso anche capire l'arrabbiatura...certo, i toni e l'educazione non sono opzionali ecco...alla fine noi non c'entravamo niente...lui ha chiamato e in tempo zero il mezzo è arrivato!"
"Si in effetti...va beh, qui comunque si parla sempre della pazienza di Giobbe... ma della nostra?? Mai??"
"Ahahahah ma certo, la biblica pazienza del soccorritore!"
"Appena scesa ho pensato volesse menarci tutti eheheheh"
"Davvero...però che scaricabarili s'è trovato, da una parte posso anche capire l'arrabbiatura...certo, i toni e l'educazione non sono opzionali ecco...alla fine noi non c'entravamo niente...lui ha chiamato e in tempo zero il mezzo è arrivato!"
"Si in effetti...va beh, qui comunque si parla sempre della pazienza di Giobbe... ma della nostra?? Mai??"
"Ahahahah ma certo, la biblica pazienza del soccorritore!"
lunedì 10 febbraio 2014
Quinto piano
E' piena estate, fa un caldo atroce, umido e afoso.
La chiamata arriva pochi minuti dopo aver messo piede in sede e aver giusto appoggiato le borse in camera da letto.
"Giallo, evento violento, nelle note c'è scritto 5 piano" dice la mia caposquadra
Partiamo al volo verso il target, che raggiungiamo in pochi minuti.
Sul posto troviamo i Carabinieri, che ci fanno strada per la tromba delle scale di un vecchio condominio che dà su una strada provinciale.
"Ciao ragazzi, su al quinto piano" ci dice il Carabiniere
Saliamo di corsa ed entriamo in un appartamento che è un piccolo forno letteralmente a soqquadro, in cima allo stabile.
Vasi e piatti rotti sparsi in giro, un tavolino di vetro sfondato, segni dell'acqua dei vasi sul muro, probabilmente causati da un lancio selvaggio, sedie sparse, stoviglie per terra.
Il Carabiniere ci indica una poltrona dove, rannicchiata e in lacrime c'è una ragazza molto giovane.
"Ciao, siamo dell'ambulanza, come ti chiami?" le chiede inginocchiandosi la caposquadra
"Jala" ci dice e appena si mette seduta sulla poltrona, tutti e quattro la fissiamo per qualche secondo: è incinta.
"Jala stai tranquilla, sei al sicuro con noi" la rassicuriamo "Te la senti di dirci cos'è successo?"
Lei si asciuga le lacrime, e tenendosi la pancia inizia a raccontarci di come una discussione sia diventata una rissa in cui il giovane marito venticinquenne, di appena due anni più grande di lei, l'abbia aggredita prima lanciandole oggetti vari, poi scaraventandola a terra per poi prenderla a calci in pancia.
"La pancia mi fa male, ho paura per il bambino" ci dice in lacrime "Aiutatemi a salvare il mio bambino!"
Ci si stringe il cuore e dopo aver preso i parametri, la portiamo via di corsa verso l'ospedale.
Durante il tragitto, Jala ci racconta tutta la storia "Per poter lasciare la mia casa ho dovuto sposarlo" spiega in lacrime "Ma è violento, beve, e poi se la prende con me... io... non volevo" seguita "Cosa posso fare? Ha detto che se torna mi uccide.. l'ho detto ai Carabinieri, ma vi prego...il bambino..."
"Jala stai tranquilla, appena saremo in Pronto Soccorso ti faranno tutti gli esami necessari...e non sei sola, c'è chi può darti una mano!" le diciamo tentando di tranquillizzarla il più possibile e poco dopo arriviamo.
Riferiamo tutto al PS e salutandola ce ne andiamo.
"Grazie" ci dice "Per tutto..."
Sorridiamo "Combatti" le diciamo, lei annuisce e ce ne andiamo.
Che fine abbia fatto Jala non lo sappiamo, però in cuor nostro speriamo che sia riuscita a sfuggire a tutto quel dolore.
La chiamata arriva pochi minuti dopo aver messo piede in sede e aver giusto appoggiato le borse in camera da letto.
"Giallo, evento violento, nelle note c'è scritto 5 piano" dice la mia caposquadra
Partiamo al volo verso il target, che raggiungiamo in pochi minuti.
Sul posto troviamo i Carabinieri, che ci fanno strada per la tromba delle scale di un vecchio condominio che dà su una strada provinciale.
"Ciao ragazzi, su al quinto piano" ci dice il Carabiniere
Saliamo di corsa ed entriamo in un appartamento che è un piccolo forno letteralmente a soqquadro, in cima allo stabile.
Vasi e piatti rotti sparsi in giro, un tavolino di vetro sfondato, segni dell'acqua dei vasi sul muro, probabilmente causati da un lancio selvaggio, sedie sparse, stoviglie per terra.
Il Carabiniere ci indica una poltrona dove, rannicchiata e in lacrime c'è una ragazza molto giovane.
"Ciao, siamo dell'ambulanza, come ti chiami?" le chiede inginocchiandosi la caposquadra
"Jala" ci dice e appena si mette seduta sulla poltrona, tutti e quattro la fissiamo per qualche secondo: è incinta.
"Jala stai tranquilla, sei al sicuro con noi" la rassicuriamo "Te la senti di dirci cos'è successo?"
Lei si asciuga le lacrime, e tenendosi la pancia inizia a raccontarci di come una discussione sia diventata una rissa in cui il giovane marito venticinquenne, di appena due anni più grande di lei, l'abbia aggredita prima lanciandole oggetti vari, poi scaraventandola a terra per poi prenderla a calci in pancia.
"La pancia mi fa male, ho paura per il bambino" ci dice in lacrime "Aiutatemi a salvare il mio bambino!"
Ci si stringe il cuore e dopo aver preso i parametri, la portiamo via di corsa verso l'ospedale.
Durante il tragitto, Jala ci racconta tutta la storia "Per poter lasciare la mia casa ho dovuto sposarlo" spiega in lacrime "Ma è violento, beve, e poi se la prende con me... io... non volevo" seguita "Cosa posso fare? Ha detto che se torna mi uccide.. l'ho detto ai Carabinieri, ma vi prego...il bambino..."
"Jala stai tranquilla, appena saremo in Pronto Soccorso ti faranno tutti gli esami necessari...e non sei sola, c'è chi può darti una mano!" le diciamo tentando di tranquillizzarla il più possibile e poco dopo arriviamo.
Riferiamo tutto al PS e salutandola ce ne andiamo.
"Grazie" ci dice "Per tutto..."
Sorridiamo "Combatti" le diciamo, lei annuisce e ce ne andiamo.
Che fine abbia fatto Jala non lo sappiamo, però in cuor nostro speriamo che sia riuscita a sfuggire a tutto quel dolore.
giovedì 30 gennaio 2014
Anche se
La mia squadra quando si tratta di cibo non scherza.
Una cosa che amiamo fare è dividerci le portate da preparare a casa e poi fare mega cene post-check list, ormai è diventato una sorta di rito mangiare tutti insieme, sarebbe strano il contrario.
Una sera stavamo facendo il controllo mentre in cucina c'era un nostro collega a presidiare il telefono e i fornelli, quando arriva una telefonata dalla Centrale.
In quel momento entro nella stanza del centralino e il collega mi guarda smarrito "Mi hanno chiesto se conosci una certa strada YYY perché non la prende il sistema!"
"Passameli, ho capito" dico riconoscendo una strada poco lontana dalla nostra postazione "Ciao, dimmi?"
"Ciao, ha chiamato uno che si è presentato come vostro collega, dice che c'è una persona caduta per strada con la bici, trauma cranico, su questa strada YYY, ma non trovo un indirizzo, sai di cosa parla?"
"Si, è qui dietro, credo non la dia il sistema perché è via XXX, che qui chiamano YYY" dico guardando la cartina appesa al muro
"Ahhh ok, allora vi mando là, vi arriva la stampa! Grazie!"
"Figurati, ciao!"
E in pochi secondi arriva il servizio, per fortuna a check list conclusa, ma a pancia ancora vuota.
"Ha chiamato uno di noi?" mi chiedono i colleghi seduti dietro
"Eh si, chi vuoi che chiami così questa strada se non gente del posto...magari è della nostra sede..." ipotizzo
"Speriamo non sia un altra chiamata a vuoto, fanno scherzi del cavolo ultimamente..."
Arriviamo in pochissimo e vediamo due persone farci segno, uno dei quali è davvero un nostro collega e capiamo che non si tratta di uno scherzo di qualche ragazzino annoiato.
Appena scesi penso che la faccia di tutti e quattro abbia la stessa espressione: vicino ad una staccionata c'è una ragazza giovane, vestita in modo "particolare", che sembrava essersi fatta una doccia di sangue, sembrava uscita da un film horror/splatter ecco... se ci aggiungete che siamo su una strada in mezzo a campi e boschi, fa un caldo tremendo e sono le 21 circa....
"Ciao ragazzi!" ci fa segno un nostro collega, che insieme ad un passante s'è fermato a prestare i primi soccorsi e a chiamare "E' caduta da sola, vedi il tombino che sporge là? L'ha preso un po' troppo a manetta e la bici si è cappottata, ha fatto un bel volo, quando siamo arrivati camminava in giro per strada" le hanno bloccato la bici con la catena e noi subito ci disponiamo per immobilizzarla comunque da testa a piedi.
"Ciao, siamo dell'ambulanza, come ti chiami?" le chiedo mentre i colleghi procedono con l'immobilizzazione; in un secondo momento tamponiamo il sangue che esce copioso dalla ferita lacero contusa che ha sulla testa e dalle varie escoriazioni su tutte le gambe e le braccia.
"Lavinia" mi dice ancora spaventata "Sono caduta in avanti, non l'ho proprio visto il tombino! Vedi? Ho rovinato la bici.."
"Capisco... Lavinia hai perso conoscenza o ricordi tutto?"
"No no ricordo tutto, non sono svenuta!" mi risponde "Però che paura...mi sono fatta tanto male? C'è tanto sangue..." mi chiede preoccupata
"Non preoccuparti del sangue, hai tanti graffi dappertutto, per questo ce n'è tanto" le dico cercando di rassicurarla e dopo aver fatto un attento esame testa-piedi, pulite e trattate tutte le escoriazioni la carichiamo spinalizzata e impacchettata per bene.
Durante il viaggio Lavinia ci dice che ha 21 anni, nata in Albania, non ha documenti con sé e stava andando al lavoro quando è caduta dalla bici.
Le chiediamo i dati del domicilio e sembra poco convinta di volerceli dare, tant'è che ci dà due versioni discordanti della stessa storia...poi ci fa capire che non ha voglia di parlare di sé ulteriormente così smettiamo di farle domande.
"Manca molto? Dov'è l'ospedale?" ci chiede
"Siamo quasi arrivati a XXX, ancora pochi minuti, come ti senti?"
"Meglio, ma il collare è scomodo e questa barella è dura..."
Le sorridiamo "Purtroppo è dura e scomoda, ma serve a..."
"...si lo so, sono tranquilli..." ci interrompe sospirando e in poco arriviamo in PS, dove la salutiamo augurandole buona fortuna e andandocene.
"A me qualcosa non torna però..."
"Nemmeno a me, ma più che riferire tutto quanto in PS noi non possiamo fare"
"Eh no, anche se..."
"Anche se..."
Una cosa che amiamo fare è dividerci le portate da preparare a casa e poi fare mega cene post-check list, ormai è diventato una sorta di rito mangiare tutti insieme, sarebbe strano il contrario.
Una sera stavamo facendo il controllo mentre in cucina c'era un nostro collega a presidiare il telefono e i fornelli, quando arriva una telefonata dalla Centrale.
In quel momento entro nella stanza del centralino e il collega mi guarda smarrito "Mi hanno chiesto se conosci una certa strada YYY perché non la prende il sistema!"
"Passameli, ho capito" dico riconoscendo una strada poco lontana dalla nostra postazione "Ciao, dimmi?"
"Ciao, ha chiamato uno che si è presentato come vostro collega, dice che c'è una persona caduta per strada con la bici, trauma cranico, su questa strada YYY, ma non trovo un indirizzo, sai di cosa parla?"
"Si, è qui dietro, credo non la dia il sistema perché è via XXX, che qui chiamano YYY" dico guardando la cartina appesa al muro
"Ahhh ok, allora vi mando là, vi arriva la stampa! Grazie!"
"Figurati, ciao!"
E in pochi secondi arriva il servizio, per fortuna a check list conclusa, ma a pancia ancora vuota.
"Ha chiamato uno di noi?" mi chiedono i colleghi seduti dietro
"Eh si, chi vuoi che chiami così questa strada se non gente del posto...magari è della nostra sede..." ipotizzo
"Speriamo non sia un altra chiamata a vuoto, fanno scherzi del cavolo ultimamente..."
Arriviamo in pochissimo e vediamo due persone farci segno, uno dei quali è davvero un nostro collega e capiamo che non si tratta di uno scherzo di qualche ragazzino annoiato.
Appena scesi penso che la faccia di tutti e quattro abbia la stessa espressione: vicino ad una staccionata c'è una ragazza giovane, vestita in modo "particolare", che sembrava essersi fatta una doccia di sangue, sembrava uscita da un film horror/splatter ecco... se ci aggiungete che siamo su una strada in mezzo a campi e boschi, fa un caldo tremendo e sono le 21 circa....
"Ciao ragazzi!" ci fa segno un nostro collega, che insieme ad un passante s'è fermato a prestare i primi soccorsi e a chiamare "E' caduta da sola, vedi il tombino che sporge là? L'ha preso un po' troppo a manetta e la bici si è cappottata, ha fatto un bel volo, quando siamo arrivati camminava in giro per strada" le hanno bloccato la bici con la catena e noi subito ci disponiamo per immobilizzarla comunque da testa a piedi.
"Ciao, siamo dell'ambulanza, come ti chiami?" le chiedo mentre i colleghi procedono con l'immobilizzazione; in un secondo momento tamponiamo il sangue che esce copioso dalla ferita lacero contusa che ha sulla testa e dalle varie escoriazioni su tutte le gambe e le braccia.
"Lavinia" mi dice ancora spaventata "Sono caduta in avanti, non l'ho proprio visto il tombino! Vedi? Ho rovinato la bici.."
"Capisco... Lavinia hai perso conoscenza o ricordi tutto?"
"No no ricordo tutto, non sono svenuta!" mi risponde "Però che paura...mi sono fatta tanto male? C'è tanto sangue..." mi chiede preoccupata
"Non preoccuparti del sangue, hai tanti graffi dappertutto, per questo ce n'è tanto" le dico cercando di rassicurarla e dopo aver fatto un attento esame testa-piedi, pulite e trattate tutte le escoriazioni la carichiamo spinalizzata e impacchettata per bene.
Durante il viaggio Lavinia ci dice che ha 21 anni, nata in Albania, non ha documenti con sé e stava andando al lavoro quando è caduta dalla bici.
Le chiediamo i dati del domicilio e sembra poco convinta di volerceli dare, tant'è che ci dà due versioni discordanti della stessa storia...poi ci fa capire che non ha voglia di parlare di sé ulteriormente così smettiamo di farle domande.
"Manca molto? Dov'è l'ospedale?" ci chiede
"Siamo quasi arrivati a XXX, ancora pochi minuti, come ti senti?"
"Meglio, ma il collare è scomodo e questa barella è dura..."
Le sorridiamo "Purtroppo è dura e scomoda, ma serve a..."
"...si lo so, sono tranquilli..." ci interrompe sospirando e in poco arriviamo in PS, dove la salutiamo augurandole buona fortuna e andandocene.
"A me qualcosa non torna però..."
"Nemmeno a me, ma più che riferire tutto quanto in PS noi non possiamo fare"
"Eh no, anche se..."
"Anche se..."
giovedì 23 gennaio 2014
Ci ascolti
Comunicare con i pazienti, lo sapete, non è sempre semplice e le ragioni possono essere di diversa natura.
A volte si riesce ad arrivare ad un compromesso dopo prolungate discussioni, altre volte invece la situazione si complica perché non c'è tempo per discutere.
Il vero problema è che la mancanza di tempo utile per intavolare una discussione non sempre è percepibile anche dal paziente e/o da chi lo circonda e a volte fanno ostruzionismo fino a che la situazione non diventa improvvisamente chiara.
Una sera di fine estate veniamo chiamati per un codice giallo "Difficoltà respiratoria, sospettano reazione allergica" comunico alla squadra.
Raggiungiamo il target in breve e in poco siamo a casa di Osvaldo, 35 anni, che si trova con la moglie Eleonora e nella cameretta dorme Luca, di pochi mesi.
Già a prima vista, Osvaldo ha qualcosa che non va "Buona sera Osvaldo, che è successo?" indago mentre i colleghi si accingono a prendere i parametri
"Sono stato dal dentista per un'operazione, vedi?" mi dice aprendo la bocca "Mi ha detto di prendere un antibiotico, e io l'ho preso poco fa, è quello sul tavolo, ma poco dopo ho iniziato a diventare tutto rosso, avere prurito ovunque e sento un certo senso di gonfiore..."
Le labbra e la lingua di Osvaldo sono visibilmente gonfie, è ricoperto di chiazze rosse e sta cominciando ad agitarsi "Mi era successo con un'altra medicina anche se non così forte, ero solo rosso e mi avevano mandato il medico, mi ha fatto il cortisone e io sono rimasto a casa, potete farmelo voi?"
"No Osvaldo mi dispiace, noi non somministriamo farmaci, siamo soccorritori, non medici; quello che possiamo fare è caricarla velocemente in ambulanza e portarla in Pronto Soccorso" gli dico "E' seguito in qualche ospedale in particolare?"
"No, no... però aspetta, io non ci posso venire in PS! Qui la patente ce l'ho solo io, se succede qualcosa chi c'è a casa con mia moglie e il bambino? No senti, guarda sto a casa..." mi dice nervoso
"Osvaldo io non sono un medico, ma mi sento di dirle che in queste condizioni lei non è di nessun aiuto a casa, anzi... ci ascolti, venga con noi, la portiamo in PS ed è qui vicino!"
"Osvaldo per piacere" mi interrompe la moglie "Ascoltali, vai che io resto con Luca!"
"Mi sento la gola gonfia" mi dice sempre più agitato "Mi sembra che mi manchino le forze!"
"Osvaldo ci ascolti, venga in PS, siamo vicini, arriviamo in poco tempo e la visiteranno subito!" insistono i miei colleghi mentre io chiamo in Centrale e metto al corrente della situazione.
"No, non lascio la mia famiglia qui da sola! Non potete costringermi!" insiste, sempre più affannato
"Avete insistito per farlo venire?" mi chiede l'operatore al telefono
"Si" rispondo "Non vuol sentir ragioni, si sta agitando, noi non possiamo portarlo via di peso..."
"Eh no... dai passamelo, ci parlo io" mi dice, così passo il cellulare ad Osvaldo.
Il tono usato dalla C.O. è perentorio e sembra essere una buona motivazione per Osvaldo ad acconsentire al trasporto.
Lo carichiamo velocemente e partiamo in sirena alla volta del PS.
Ad un certo punto Osvaldo impallidisce, inizia a sudare e a tremare "Oddio potrei morire, sto morendo? Mio Dio non sento più le dita delle mani, non respiro! Mi trema tutto e sento un formicolio!" ci dice completamente in preda al panico.
"Osvaldo cerchi di non agitarsi, so che è difficile, ma si fidi di noi, siamo quasi arrivati!" gli diciamo calmi cercando di rassicurarlo; Osvaldo annuisce e sembra che la nostra tranquillità gli faccia bene.
In poco siamo in PS "Dovevo darvi ascolto..." ci dice arreso
Noi facciamo spallucce, dispiaciuti per la situazione, e augurandogli di rimettersi presto lo lasciamo in carico al PS.
A volte si riesce ad arrivare ad un compromesso dopo prolungate discussioni, altre volte invece la situazione si complica perché non c'è tempo per discutere.
Il vero problema è che la mancanza di tempo utile per intavolare una discussione non sempre è percepibile anche dal paziente e/o da chi lo circonda e a volte fanno ostruzionismo fino a che la situazione non diventa improvvisamente chiara.
Una sera di fine estate veniamo chiamati per un codice giallo "Difficoltà respiratoria, sospettano reazione allergica" comunico alla squadra.
Raggiungiamo il target in breve e in poco siamo a casa di Osvaldo, 35 anni, che si trova con la moglie Eleonora e nella cameretta dorme Luca, di pochi mesi.
Già a prima vista, Osvaldo ha qualcosa che non va "Buona sera Osvaldo, che è successo?" indago mentre i colleghi si accingono a prendere i parametri
"Sono stato dal dentista per un'operazione, vedi?" mi dice aprendo la bocca "Mi ha detto di prendere un antibiotico, e io l'ho preso poco fa, è quello sul tavolo, ma poco dopo ho iniziato a diventare tutto rosso, avere prurito ovunque e sento un certo senso di gonfiore..."
Le labbra e la lingua di Osvaldo sono visibilmente gonfie, è ricoperto di chiazze rosse e sta cominciando ad agitarsi "Mi era successo con un'altra medicina anche se non così forte, ero solo rosso e mi avevano mandato il medico, mi ha fatto il cortisone e io sono rimasto a casa, potete farmelo voi?"
"No Osvaldo mi dispiace, noi non somministriamo farmaci, siamo soccorritori, non medici; quello che possiamo fare è caricarla velocemente in ambulanza e portarla in Pronto Soccorso" gli dico "E' seguito in qualche ospedale in particolare?"
"No, no... però aspetta, io non ci posso venire in PS! Qui la patente ce l'ho solo io, se succede qualcosa chi c'è a casa con mia moglie e il bambino? No senti, guarda sto a casa..." mi dice nervoso
"Osvaldo io non sono un medico, ma mi sento di dirle che in queste condizioni lei non è di nessun aiuto a casa, anzi... ci ascolti, venga con noi, la portiamo in PS ed è qui vicino!"
"Osvaldo per piacere" mi interrompe la moglie "Ascoltali, vai che io resto con Luca!"
"Mi sento la gola gonfia" mi dice sempre più agitato "Mi sembra che mi manchino le forze!"
"Osvaldo ci ascolti, venga in PS, siamo vicini, arriviamo in poco tempo e la visiteranno subito!" insistono i miei colleghi mentre io chiamo in Centrale e metto al corrente della situazione.
"No, non lascio la mia famiglia qui da sola! Non potete costringermi!" insiste, sempre più affannato
"Avete insistito per farlo venire?" mi chiede l'operatore al telefono
"Si" rispondo "Non vuol sentir ragioni, si sta agitando, noi non possiamo portarlo via di peso..."
"Eh no... dai passamelo, ci parlo io" mi dice, così passo il cellulare ad Osvaldo.
Il tono usato dalla C.O. è perentorio e sembra essere una buona motivazione per Osvaldo ad acconsentire al trasporto.
Lo carichiamo velocemente e partiamo in sirena alla volta del PS.
Ad un certo punto Osvaldo impallidisce, inizia a sudare e a tremare "Oddio potrei morire, sto morendo? Mio Dio non sento più le dita delle mani, non respiro! Mi trema tutto e sento un formicolio!" ci dice completamente in preda al panico.
"Osvaldo cerchi di non agitarsi, so che è difficile, ma si fidi di noi, siamo quasi arrivati!" gli diciamo calmi cercando di rassicurarlo; Osvaldo annuisce e sembra che la nostra tranquillità gli faccia bene.
In poco siamo in PS "Dovevo darvi ascolto..." ci dice arreso
Noi facciamo spallucce, dispiaciuti per la situazione, e augurandogli di rimettersi presto lo lasciamo in carico al PS.
martedì 14 gennaio 2014
Che palle!
Primo post ufficiale del 2014 parla di una notte tiepida, di quelle che passi volentieri sdraiato sul divano fino ad orari improbabili a guardare la tv, chiudendo gli occhi giusto ogni tanto.
Penso che gli occhi noi li avessimo chiusi già da un po' quando il solito squillo ci sveglia.
"Verde, problema urogenitale"
Ci risistemiamo al volo mentre scendiamo sul mezzo e partiamo alla volta del target, che raggiungiamo dopo pochi minuti.
Scendiamo dall'ambulanza e ci troviamo davanti una grande scalinata che porta verso l'ingresso di un bel condominio d'epoca, in cima alla quale vediamo una sagoma che ci saluta sbracciandosi e viene verso di noi.
Tutti e tre ci guardiamo alle spalle per capire se ce l'ha con noi o meno, ma nel cuore della notte chi altro poteva esserci?
"Buona sera, ha chiamato lei?" chiede il CE
"Si! Mi fanno male le palle!!" ci dice
"Scusi?" gli diciamo quasi in coro
"Eh si...Comunque ciao a tutti ragazzi, sono Franco!" ci dice sorridente il signore sulla quarantina, ben vestito, che teneva in mano un'elegante bagaglio a mano "Posso salire?"
"Prego... " gli diciamo accompagnandolo sul mezzo, ancora poco convinti
Una volta sistemato sulla barella, iniziamo a prendere i parametri.
"Non sapete che male! Cioè no, voi due che siete donne non capite, ma lui si che capisce" dice indicando il nostro autista "Fanno male, ma una sembra un arancio! Sta volta l'ho fatta grossa..." sospira
"Franco ci lascia dare un'occhiata per capire?" gli chiediamo e lui in tre secondi si abbassa i pantaloni "Ecco guardate! E' il risultato delle mie peripezie!"
In effetti ha i testicoli gonfi, uno ha davvero le sembianze di un arancio.
"Non pensate male ragazze eheheh!" ci dice ridendo, mentre noi lo guardiamo incuriosite "Mi son spiegato male!"
"Com'è successo?" chiediamo
"Non stavo facendo niente di sconcio! Ho appena traslocato e spostando i mobili ho preso uno spigolo di un bellissimo comodino in legno proprio... lì!"
"Quando è successo?" chiediamo cercando di capire perché nel cuore della notte qualcuno avrebbe dovuto spostare mobili
"Nel pomeriggio, ho provato a metterci sopra ghiaccio, cose ghiacciate e pomate ma non si è sgonfiato, così mi sono preoccupato e ho chiamato..."
Riferiamo tutto in Centrale e partiamo alla volta dell'ospedale più vicino.
Durante il viaggio Franco ci racconta del suo trasloco, e di come si sia fatto "due palle così", letteralmente!
Lo lasciamo in PS augurandogli di rimettersi presto e di stare attento agli spigoli "Grazie ragazzi, non posso nemmeno dire 'che palle!' perché risulterebbe quasi inappropriato ahahahaha" ride salutandoci.
"Per un attimo ho pensato fosse uno scherzo..." dico
"Eh si, lo dici perché non puoi capire che brivido ho sentito quando ho visto che si era fatto! Mamma mia..." commenta l'autista, unico uomo della squadra "Mi faceva male solo il pensiero! Altro che codice giallo, mamma mia...ahiaaa"
"Ahahaha eh che dire, i traslochi son proprio una scocciatura..."
"Veramente...che palle!"
Penso che gli occhi noi li avessimo chiusi già da un po' quando il solito squillo ci sveglia.
"Verde, problema urogenitale"
Ci risistemiamo al volo mentre scendiamo sul mezzo e partiamo alla volta del target, che raggiungiamo dopo pochi minuti.
Scendiamo dall'ambulanza e ci troviamo davanti una grande scalinata che porta verso l'ingresso di un bel condominio d'epoca, in cima alla quale vediamo una sagoma che ci saluta sbracciandosi e viene verso di noi.
Tutti e tre ci guardiamo alle spalle per capire se ce l'ha con noi o meno, ma nel cuore della notte chi altro poteva esserci?
"Buona sera, ha chiamato lei?" chiede il CE
"Si! Mi fanno male le palle!!" ci dice
"Scusi?" gli diciamo quasi in coro
"Eh si...Comunque ciao a tutti ragazzi, sono Franco!" ci dice sorridente il signore sulla quarantina, ben vestito, che teneva in mano un'elegante bagaglio a mano "Posso salire?"
"Prego... " gli diciamo accompagnandolo sul mezzo, ancora poco convinti
Una volta sistemato sulla barella, iniziamo a prendere i parametri.
"Non sapete che male! Cioè no, voi due che siete donne non capite, ma lui si che capisce" dice indicando il nostro autista "Fanno male, ma una sembra un arancio! Sta volta l'ho fatta grossa..." sospira
"Franco ci lascia dare un'occhiata per capire?" gli chiediamo e lui in tre secondi si abbassa i pantaloni "Ecco guardate! E' il risultato delle mie peripezie!"
In effetti ha i testicoli gonfi, uno ha davvero le sembianze di un arancio.
"Non pensate male ragazze eheheh!" ci dice ridendo, mentre noi lo guardiamo incuriosite "Mi son spiegato male!"
"Com'è successo?" chiediamo
"Non stavo facendo niente di sconcio! Ho appena traslocato e spostando i mobili ho preso uno spigolo di un bellissimo comodino in legno proprio... lì!"
"Quando è successo?" chiediamo cercando di capire perché nel cuore della notte qualcuno avrebbe dovuto spostare mobili
"Nel pomeriggio, ho provato a metterci sopra ghiaccio, cose ghiacciate e pomate ma non si è sgonfiato, così mi sono preoccupato e ho chiamato..."
Riferiamo tutto in Centrale e partiamo alla volta dell'ospedale più vicino.
Durante il viaggio Franco ci racconta del suo trasloco, e di come si sia fatto "due palle così", letteralmente!
Lo lasciamo in PS augurandogli di rimettersi presto e di stare attento agli spigoli "Grazie ragazzi, non posso nemmeno dire 'che palle!' perché risulterebbe quasi inappropriato ahahahaha" ride salutandoci.
"Per un attimo ho pensato fosse uno scherzo..." dico
"Eh si, lo dici perché non puoi capire che brivido ho sentito quando ho visto che si era fatto! Mamma mia..." commenta l'autista, unico uomo della squadra "Mi faceva male solo il pensiero! Altro che codice giallo, mamma mia...ahiaaa"
"Ahahaha eh che dire, i traslochi son proprio una scocciatura..."
"Veramente...che palle!"
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