Le prime volte che uscivo come soccorritore, come già ho detto in altri post, pensavo che le cose più "pazzesche" che potessi vedere, le avrei viste sicuramente in qualche scenario apocalittico stile maxiemergenza.
Invece mi sbagliavo, eccome se mi sbagliavo.
Col tempo ho compreso che le cose più allucinanti succedono nella realtà di tutti i giorni, in quelle situazioni quotidiane che degenerano nonappena qualcosa ne turba l'equilibrio, dando vita a volte a dei veri e propri show.
Uno di questi episodi che è rimasto particolarmente impresso nella mia mente risale al primo anno di servizio della sottoscritta, quando ancora ero in modalità "quarto in addestramento", più noto come "quarto-sguattero".
Avevo sul groppo una mattinata intensa, il mio cambio non era arrivato e al suono del telefono del 118, sono stata letteralmente trascinata in ambulanza anche se di fatto, di me, non c'era esattamente bisogno.
Codice giallo, bambino investito da automobile in un paese vicino.
In pochi minuti arriviamo in posto, in spalla abbiamo mezza ambulanza, e la scena che ci troviamo davanti è la seguente: siamo in una vecchia corte, abitata da siciliani e napoletani i cui rapporti sono stati precari dal momento stesso dell'inizio della convivenza.
Un bambino, figlio della famiglia partenopea, ha attraversato la strada in bicicletta senza guardare, venendo appena toccato dalla macchina di uno dei vicini siculi che stava uscendo dalla corte.
L'impatto è stato lieve, ma sufficiente a far cadere per terra il piccolo, che se non ricordo male non aveva più di 10 anni.
Troviamo il bambino seduto su una sedia in cortile, mentre le due fazioni si stanno insultando arrivando quasi a mettersi le mani addosso.
Appena scendiamo dall'ambulanza, veniamo investiti da urla di ogni tipo, ognuno cerca di dire la sua, accusando gli altri.
Io sono rimasta qualche secondo a fissare la scena, che tanto sicura non mi sembrava.
Il caposquadra, molto tranquillamente, cerca di farsi spiegare l'antefatto mentre io e gli altri due ci occupiamo del bambino, che di fatto non aveva nulla a parte lo spavento, qualche escoriazione sulle ginocchia e sulle mani.
Il piccolo ci racconta di aver attraversato senza guardare perchè non ci aveva pensato, e un attimo dopo s'era ritrovato per terra vicino alla macchina, e aveva iniziato ad urlare.
L'investitore non avrebbe mai fatto in tempo a vedere il bimbo in bici, ma per fortuna uscendo di casa andava a passo d'uomo.
Appena resosi conto di aver invesito il bimbo, è sceso dalla macchina per sincerarsi delle sue condizioni, ma lui già urlava, ci dice mentre gli puliamo le ferite, e da lì è partita tutta la rissa verbale tra vicini di casa.
Per precauzione gli mettiamo il collarino e poco dopo vengo mandata a rassicurare la madre che piangeva talmente tanto che mi aspettavo collassasse da un momento all'altro.
Non capisco una sola parola di quello che la signora mi dice, ma me la vedo brutta quando comincia a puntare il dito contro l'investitore, circondato dalla propria famiglia.
Ho cercato di calmarla, e mi sono presa parole perchè "difendevo il colpevole", quando invece cercavo semplicemente di evitare che scoppiasse una rissa.
Mentre sistemiamo con non poca fatica il bimbo e la mamma in ambulanza, arriva anche la Polizia Locale, e gli animi sembrano accendersi ancora di più: se i due della Locale non si fossero imposti, sicuramente la situazione sarebbe degenerata e avrebbero coinvolto anche noi, che tanto ben visti al momento non eravamo.
Molto velocemente, presi dati e documenti, partiamo alla volta dell'ospedale.
Mi spiace non aver riportato le conversazioni, come mi piace fare, ma in questa occasione avrei dovuto fare un uso eccessivo di parolacce, insulti vari ed eventuali e anche di svariate imprecazioni, così ho preferito raccontarvi l'episodio in modo un po' più stringato.
Quando lasciammo il bimbo e la mamma in ospedale, ripensando alla scena, ancora non riuscivo a credere di aver davvero assistito ad uno spettacolo simile.
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