giovedì 10 novembre 2011

Quando il telefono squilla

Dal momento in cui fui ufficialmente "un soccorritore", la cosa che tra tutte trovavo più destabilizzante era il suono del telefono del 118.
E' necessario spiegare che la sede della mia associazione, che svolge servizio di emergenza e urgenza 118 (banalmente, quelli che escono con l'ambulanza quando Pincopallino chiama il 118) è dotata di 2 linee telefoniche: quella della sede, un numero comune in possesso di tutti e segnato sulla rubrica telefonica come numero ufficiale, e una linea "privata" che serve alla Centrale Operativa del 118 per chiamare la sede più vicina all'evento urgente e con una squadra e un'ambulanza immediatamente disponibili.
Non so bene come suonino i telefoni 118 delle altre sedi, ma quello della mia ha uno squillo tremendo.
Ogni volta che suonava quel telefono facevo salti di due metri sulla sedia o sul divano; sapevo benissimo che facendo un turno come squadra 118 prima o poi sarebbe suonato (di solito, almeno una volta), tuttavia non riuscivo ad abituarmi a quel suono.
Continuavo a chiedere ai miei colleghi per quanto sarebbe durata "l'ansia da telefono", perché era davvero spiacevole sobbalzare ogni volta!
Loro spesso ridevano delle mie perplessità, dicendomi di non preoccuparmi perché con l'abitudine quel suono sarebbe diventato pian piano sempre meno acuto, sempre meno forte.
Non so a quanti sia capitato, ma io ci ho messo parecchio ad "abituarmici"...non ho mai capito perché quel suono mi facesse sobbalzare così.
Non capivo se era il telefono oppure quello che mi aspettavo da quella chiamata.
Ricordo bene il mio rapporto complicato con quella suoneria durante i primi tempi come soccorritore ...poi, un giorno che non ricordo con precisione, senza che io me ne rendessi conto davvero quel suono non mi fece saltare.
Ci pensai mentre prendevo la giacca e mi avviavo all'ambulanza...ricordo di aver pensato "wow allora era vero...prima o poi ci fai l'abitudine a quel suono assurdo".
Non riuscivo a capire se era perché quella mattina non avevo ancora bevuto il caffé oppure se era davvero arrivato il momento in cui avevo raggiunto un equilibrio.
Forse, pensai, avevo raggiunto una sorta di consapevolezza...conoscevo la mia squadra, sapevo che di loro potevo fidarmi, sapevo che ne avevamo viste di cose insieme e forse era venuto il momento di smettere di agitarsi, era arrivato il momento di accettare il fatto che anche io ero uno di loro, dopo l'immenso impegno e dedizione che avevo messo in tutto questo, finalmente ce l'avevo fatta: avevo raggiunto lo stadio in cui ti fidi di te stesso e della tua squadra.
Nonostante questo, mi sento di chiarire una cosa: la mia non è un'esperienza decennale in questo campo, tuttavia ho avuto modo di comprendere un aspetto di questa esperienza che non a tutti è chiaro; un buon soccorritore un po' di "paura buona" ce la deve sempre avere, perchè chi esce su un intervento troppo spavaldo o montato finisce sistematicamente col fare una stupidaggine, non importa se grande o piccola, è sempre a danno del paziente.
La "paura buona" non significa uscire con le gambe tremanti, altrimenti è meglio starsene a casa propria; la "paura buona" è quella sensazione che ci ricorda che nessuno di noi è Dio, siamo persone comuni che lavorano per altre persone comuni.

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