giovedì 30 gennaio 2014

Anche se

La mia squadra quando si tratta di cibo non scherza.
Una cosa che amiamo fare è dividerci le portate da preparare a casa e poi fare mega cene post-check list, ormai è diventato una sorta di rito mangiare tutti insieme, sarebbe strano il contrario.
Una sera stavamo facendo il controllo mentre in cucina c'era un nostro collega a presidiare il telefono e i fornelli, quando arriva una telefonata dalla Centrale.
In quel momento entro nella stanza del centralino e il collega mi guarda smarrito "Mi hanno chiesto se conosci una certa strada YYY perché non la prende il sistema!"
"Passameli, ho capito" dico riconoscendo una strada poco lontana dalla nostra postazione "Ciao, dimmi?"
"Ciao, ha chiamato uno che si è presentato come vostro collega, dice che c'è una persona caduta per strada con la bici, trauma cranico, su questa strada YYY, ma non trovo un indirizzo, sai di cosa parla?"
"Si, è qui dietro, credo non la dia il sistema perché è via XXX, che qui chiamano YYY" dico guardando la cartina appesa al muro
"Ahhh ok, allora vi mando là, vi arriva la stampa! Grazie!"
"Figurati, ciao!"
E in pochi secondi arriva il servizio, per fortuna a check list conclusa, ma a pancia ancora vuota.
"Ha chiamato uno di noi?" mi chiedono i colleghi seduti dietro
"Eh si, chi vuoi che chiami così questa strada se non gente del posto...magari è della nostra sede..." ipotizzo
"Speriamo non sia un altra chiamata a vuoto, fanno scherzi del cavolo ultimamente..."
Arriviamo in pochissimo e vediamo due persone farci segno, uno dei quali è davvero un nostro collega e capiamo che non si tratta di uno scherzo di qualche ragazzino annoiato.
Appena scesi penso che la faccia di tutti e quattro abbia la stessa espressione: vicino ad una staccionata c'è una ragazza giovane, vestita in modo "particolare", che sembrava essersi fatta una doccia di sangue, sembrava uscita da un film horror/splatter ecco... se ci aggiungete che siamo su una strada in mezzo a campi e boschi, fa un caldo tremendo e sono le 21 circa....
"Ciao ragazzi!" ci fa segno un nostro collega, che insieme ad un passante s'è fermato a prestare i primi soccorsi e a chiamare "E' caduta da sola, vedi il tombino che sporge là? L'ha preso un po' troppo a manetta e la bici si è cappottata, ha fatto un bel volo, quando siamo arrivati camminava in giro per strada" le hanno bloccato la bici con la catena e noi subito ci disponiamo per immobilizzarla comunque da testa a piedi.
"Ciao, siamo dell'ambulanza, come ti chiami?" le chiedo mentre i colleghi procedono con l'immobilizzazione; in un secondo momento tamponiamo il sangue che esce copioso dalla ferita lacero contusa che ha sulla testa e dalle varie escoriazioni su tutte le gambe e le braccia.
"Lavinia" mi dice ancora spaventata "Sono caduta in avanti, non l'ho proprio visto il tombino! Vedi? Ho rovinato la bici.."
"Capisco... Lavinia hai perso conoscenza o ricordi tutto?"
"No no ricordo tutto, non sono svenuta!" mi risponde "Però che paura...mi sono fatta tanto male? C'è tanto sangue..." mi chiede preoccupata
"Non preoccuparti del sangue, hai tanti graffi dappertutto, per questo ce n'è tanto" le dico cercando di rassicurarla e dopo aver fatto un attento esame testa-piedi, pulite e trattate tutte le escoriazioni la carichiamo spinalizzata e impacchettata per bene.
Durante il viaggio Lavinia ci dice che ha 21 anni, nata in Albania, non ha documenti con sé e stava andando al lavoro quando è caduta dalla bici.
Le chiediamo i dati del domicilio e sembra poco convinta di volerceli dare, tant'è che ci dà due versioni discordanti della stessa storia...poi ci fa capire che non ha voglia di parlare di sé ulteriormente così smettiamo di farle domande.
"Manca molto? Dov'è l'ospedale?" ci chiede
"Siamo quasi arrivati a XXX, ancora pochi minuti, come ti senti?"
"Meglio, ma il collare è scomodo e questa barella è dura..."
Le sorridiamo "Purtroppo è dura e scomoda, ma serve a..."
"...si lo so, sono tranquilli..." ci interrompe sospirando e in poco arriviamo in PS, dove la salutiamo augurandole buona fortuna e andandocene.
"A me qualcosa non torna però..."
"Nemmeno a me, ma più che riferire tutto quanto in PS noi non possiamo fare"
"Eh no, anche se..."
"Anche se..."

giovedì 23 gennaio 2014

Ci ascolti

Comunicare con i pazienti, lo sapete, non è sempre semplice e le ragioni possono essere di diversa natura.
A volte si riesce ad arrivare ad un compromesso dopo prolungate discussioni, altre volte invece la situazione si complica perché non c'è tempo per discutere.
Il vero problema è che la mancanza di tempo utile per intavolare una discussione non sempre è percepibile anche dal paziente e/o da chi lo circonda e a volte fanno ostruzionismo fino a che la situazione non diventa improvvisamente chiara.
Una sera di fine estate veniamo chiamati per un codice giallo "Difficoltà respiratoria, sospettano reazione allergica" comunico alla squadra.
Raggiungiamo il target in breve e in poco siamo a casa di Osvaldo, 35 anni, che si trova con la moglie Eleonora e nella cameretta dorme Luca, di pochi mesi.
Già a prima vista, Osvaldo ha qualcosa che non va "Buona sera Osvaldo, che è successo?" indago mentre i colleghi si accingono a prendere i parametri
"Sono stato dal dentista per un'operazione, vedi?" mi dice aprendo la bocca "Mi ha detto di prendere un antibiotico, e io l'ho preso poco fa, è quello sul tavolo, ma poco dopo ho iniziato a diventare tutto rosso, avere prurito ovunque e sento un certo senso di gonfiore..."
Le labbra e la lingua di Osvaldo sono visibilmente gonfie, è ricoperto di chiazze rosse e sta cominciando ad agitarsi "Mi era successo con un'altra medicina anche se non così forte, ero solo rosso e mi avevano mandato il medico, mi ha fatto il cortisone e io sono rimasto a casa, potete farmelo voi?"
"No Osvaldo mi dispiace, noi non somministriamo farmaci, siamo soccorritori, non medici; quello che possiamo fare è caricarla velocemente in ambulanza e portarla in Pronto Soccorso" gli dico "E' seguito in qualche ospedale in particolare?"
"No, no... però aspetta, io non ci posso venire in PS! Qui la patente ce l'ho solo io, se succede qualcosa chi c'è a casa con mia moglie e il bambino? No senti, guarda sto a casa..." mi dice nervoso
"Osvaldo io non sono un medico, ma mi sento di dirle che in queste condizioni lei non è di nessun aiuto a casa, anzi... ci ascolti, venga con noi, la portiamo in PS ed è qui vicino!"
"Osvaldo per piacere" mi interrompe la moglie "Ascoltali, vai che io resto con Luca!"
"Mi sento la gola gonfia" mi dice sempre più agitato "Mi sembra che mi manchino le forze!"
"Osvaldo ci ascolti, venga in PS, siamo vicini, arriviamo in poco tempo e la visiteranno subito!" insistono i miei colleghi mentre io chiamo in Centrale e metto al corrente della situazione.
"No, non lascio la mia famiglia qui da sola! Non potete costringermi!" insiste, sempre più affannato
"Avete insistito per farlo venire?" mi chiede l'operatore al telefono
"Si" rispondo "Non vuol sentir ragioni, si sta agitando, noi non possiamo portarlo via di peso..."
"Eh no... dai passamelo, ci parlo io" mi dice, così passo il cellulare ad Osvaldo.
Il tono usato dalla C.O. è perentorio e sembra essere una buona motivazione per Osvaldo ad acconsentire al trasporto.
Lo carichiamo velocemente e partiamo in sirena alla volta del PS.
Ad un certo punto Osvaldo impallidisce, inizia a sudare e a tremare "Oddio potrei morire, sto morendo? Mio Dio non sento più le dita delle mani, non respiro! Mi trema tutto e sento un formicolio!" ci dice completamente in preda al panico.
"Osvaldo cerchi di non agitarsi, so che è difficile, ma si fidi di noi, siamo quasi arrivati!" gli diciamo calmi cercando di rassicurarlo; Osvaldo annuisce e sembra che la nostra tranquillità gli faccia bene.
In poco siamo in PS "Dovevo darvi ascolto..." ci dice arreso
Noi facciamo spallucce, dispiaciuti per la situazione, e augurandogli di rimettersi presto lo lasciamo in carico al PS.

martedì 14 gennaio 2014

Che palle!

Primo post ufficiale del 2014 parla di una notte tiepida, di quelle che passi volentieri sdraiato sul divano fino ad orari improbabili a guardare la tv, chiudendo gli occhi giusto ogni tanto.
Penso che gli occhi noi li avessimo chiusi già da un po' quando il solito squillo ci sveglia.
"Verde, problema urogenitale"
Ci risistemiamo al volo mentre scendiamo sul mezzo e partiamo alla volta del target, che raggiungiamo dopo pochi minuti.
Scendiamo dall'ambulanza e ci troviamo davanti una grande scalinata che porta verso l'ingresso di un bel condominio d'epoca, in cima alla quale vediamo una sagoma che ci saluta sbracciandosi e viene verso di noi.
Tutti e tre ci guardiamo alle spalle per capire se ce l'ha con noi o meno, ma nel cuore della notte chi altro poteva esserci?
"Buona sera, ha chiamato lei?" chiede il CE
"Si! Mi fanno male le palle!!" ci dice
"Scusi?" gli diciamo quasi in coro
"Eh si...Comunque ciao a tutti ragazzi, sono Franco!" ci dice sorridente il signore sulla quarantina, ben vestito, che teneva in mano un'elegante bagaglio a mano "Posso salire?"
"Prego... " gli diciamo accompagnandolo sul mezzo, ancora poco convinti
Una volta sistemato sulla barella, iniziamo a prendere i parametri.
"Non sapete che male! Cioè no, voi due che siete donne non capite, ma lui si che capisce" dice indicando il nostro autista "Fanno male, ma una sembra un arancio! Sta volta l'ho fatta grossa..." sospira
"Franco ci lascia dare un'occhiata per capire?" gli chiediamo e lui in tre secondi si abbassa i pantaloni "Ecco guardate! E' il risultato delle mie peripezie!"
In effetti ha i testicoli gonfi, uno ha davvero le sembianze di un arancio.
"Non pensate male ragazze eheheh!" ci dice ridendo, mentre noi lo guardiamo incuriosite "Mi son spiegato male!"
"Com'è successo?" chiediamo
"Non stavo facendo niente di sconcio! Ho appena traslocato e spostando i mobili ho preso uno spigolo di un bellissimo comodino in legno proprio... lì!"
"Quando è successo?" chiediamo cercando di capire perché nel cuore della notte qualcuno avrebbe dovuto spostare mobili
"Nel pomeriggio, ho provato a metterci sopra ghiaccio, cose ghiacciate e pomate ma non si è sgonfiato, così mi sono preoccupato e ho chiamato..."
Riferiamo tutto in Centrale e partiamo alla volta dell'ospedale più vicino.
Durante il viaggio Franco ci racconta del suo trasloco, e di come si sia fatto "due palle così", letteralmente!
Lo lasciamo in PS augurandogli di rimettersi presto e di stare attento agli spigoli "Grazie ragazzi, non posso nemmeno dire 'che palle!' perché risulterebbe quasi inappropriato ahahahaha" ride salutandoci.
"Per un attimo ho pensato fosse uno scherzo..." dico
"Eh si, lo dici perché non puoi capire che brivido ho sentito quando ho visto che si era fatto! Mamma mia..." commenta l'autista, unico uomo della squadra  "Mi faceva male solo il pensiero! Altro che codice giallo, mamma mia...ahiaaa"
"Ahahaha eh che dire, i traslochi son proprio una scocciatura..."
"Veramente...che palle!"