domenica 23 giugno 2013

Sulla strada

E' circa l'una di una domenica notte quando la chiamata arriva, noi siamo in quattro; tre di noi ancora svegli a chiacchierare, mentre una nostra collega già dormiva da abbastanza tempo per svegliarsi e vestirsi imprecando in previsione della giornata di lavoro che l'avrebbe aspettata poche ore dopo.
Prendo il foglio ancora caldo di stampa "verde, evento violento per strada, CC in posto". Una dicitura del genere, avendo presente l'allocazione, non lascia spazio a molti dubbi.
Arriviamo in poco tempo sul target, che si trova a pochi km dalla nostra sede e vediamo accostata a lato della strada i Carabinieri, che stanno parlando con uno di una vedetta privata e una ragazzina lascivamente (s)vestita.
"Ciao, che è successo?" domando al Carabiniere che ci stava facendo segno di avvicinarci, che mi indica la ragazzina che si muove nervosamente sul ciglio della strada "Ciao ragazzi, la signorina è stata aggredita e il signore qui ci ha chiamati perché ha visto la scena; fateci sapere dove la portate, ok?" 
Annuisco, e assieme a due colleghi l'accompagno a bordo, la facciamo sdraiare sulla barella.
"Tranquilla, adesso sei con noi, non ti può succedere nulla qui, sei al sicuro..." le dico cercando di tranquillizzarla.
E' una bella ragazza, minuta e con lunghi capelli tinti di nero, il cui colore naturale a giudicare dalla lieve ricrescita si aggira attorno ad un bel rosso ramato.
Sembra davvero molto molto giovane e inizialmente ho il sospetto che non sia neanche maggiorenne.
"Come ti chiami?"
"Mariela" ci dice un po' scossa cercando di asciugarsi le lacrime con le mani
"Mariela, so che non è semplice, però ci aiuterebbe sapere cosa ti è successo... se te la senti" le dico sempre con calma mentre i miei colleghi le passano altra carta per asciugarsi le lacrime
"Mi hanno picchiata... un'altra ragazza... con suo protettore, sono scesi dalla macchina e mi hanno buttata per terra e presa a calci e colpita con ombrello sulla testa" ci dice titubante
"Hai dolore da qualche parte?"
"La testa, mi fa male la testa, e anche un po' la pancia e le ginocchia..." dice indicando i punti; ferite non ce ne sono, ma per precauzione le mettiamo il collarino, le sfiliamo le autoreggenti strappate per disinfettare le escoriazioni sulle gambe e la copriamo visto che addosso ha solo una specie di gonnellino e una magliettina.
"Se hai freddo o senti qualcosa che non va diccelo, ok?" le diciamo
"Tranquilla, sono abituata!" cerca di sdrammatizzare sorridendo, e noi ricambiamo il sorriso anche se in realtà siamo un pochino in imbarazzo per ovvie ragioni.
"Hai un documento Mariela?" le domando
Lei fruga nella borsetta "Mi hanno rubato i soldi, tutto... però ce l'ho la carta..." e mi porge un documento di identità albanese dove c'è scritto che ha 20 anni.
"Mariela, sei d'accordo a venire in ospedale per un controllo vero?"
"Eh si... va bene... però mi serve sapere dov'è, qualcuno deve venirmi a prendere..." ci dice armeggiando col cellulare
"Tranquilla, l'indirizzo è XXXXXXXXX; è qui vicino, se ti serve altro chiedici pure"
Avviso la Centrale della situazione e ci mandano verso l'ospedale più vicino; dopo aver avvisato i CC, partiamo.
Durante il viaggio cerchiamo di sdrammatizzare un po' parlando di unghie smaltate che si rompono, del clima ostile alla primavera, delle buche sulla strada e continuando a chiederle se stava bene, notando che pian piano iniziava a rilassarsi un pochino e a fidarsi di noi.
Non mi era ancora capitata una situazione del genere, e mi sono trovata un po' in difficoltà nel cercare di rassicurare qualcuno che ha visto il peggio della vita così presto.
Arriviamo in poco, e una volta salutata Mariela, la lasciamo nelle mani del personale del PS domandandoci che fine avrebbe fatto.


domenica 9 giugno 2013

Che poi... quello che sta in porta...

Il nostro turno inizia con un codice giallo, sospetto ictus.
Stanotte siamo in 4 e tanto per cambiare piove.
Dopo un paio di giri, troviamo la casa, infossata nel dislivello di una vietta nascosta; classica casa di paese, con cortiletto davanti un po' traballante causa pioggia e ovviamente scale di quelle belle lucide e scivolose.
Ci guardiamo, so che abbiamo tutti pensato la stessa cosa e ci scambiamo un sorriso d'intesa: (scale scivolose + pioggia) x rassegnazione all'evidenza = NoBuono.
Ci viene incontro Michele, sui cinquant'anni, che ci accompagna verso l'ingresso.
"Buona sera, che succede?" chiedo mentre cerco assieme agli altri di non centrare qualche pozzanghera
"Eh Vittorio... di solito non è così disorientato, adesso invece è da stamattina che è completamente fuori di testa!"
"Ovvero?"
"Venite" ci dice aprendoci la porta "è la sul divano" e ci indica Vittorio, 80 anni, seduto sul divano che se la ride guardando il telegiornale.
Nessun segno di ictus o simili.
"Permesso, buona sera Vittorio, come va?" gli chiedo cercando di distrarlo dalla tv
Lui mi guarda divertito "Oh mamma la Croce Rossa!"
"Papà è così da stamattina" incalza la figlia, Luisa, sui 45 anni "Può venire nell'altra stanza che le spiego? Sa è una questione delicata" mi dice sottovoce
Lascio Vittorio coi miei colleghi, mentre io vado in una stanza adiacente con Luisa che, malloppo di carte alla mano, inizia a raccontarmi che Vittorio ha un cancro alla prostata con metastasi diffuse, la terapia non è più efficace, ma lui comunque avendo un po' di demenza senile non se ne rende conto e loro non l'hanno informato della gravità della situazione.
"Non voglio che si butti giù, sa che sta male, ma non sa bene perché e quindi pensa che siano gli acciacchi dell'età, vede com'è sorridente e allegro? E' sempre stato ironico e divertente... quindi abbiamo preferito che la pensasse così. Tuttavia da stamattina fa cose strane... di solito è abbastanza lucido, parla ed è orientato... invece da oggi ha iniziato a dire che sente il terremoto, a straparlare, la casa che trema, le cose che vede in tv le percepisce come reali, come se uscissero dallo schermo...abbiamo chiamato il nostro medico e ci ha detto di accompagnarlo in PS, quindi ho chiamato voi"
Fatte le solite domande di routine, raccolgo i dati presi dai miei colleghi e li informo della situazione, poi chiamo la Centrale riferendo questa alterazione delle percezioni, assieme con dei parametri tutto sommato nella norma, e ci viene assegnata la destinazione.
Raccolti i documenti, torno anche io di là con la squadra da Vittorio "Vittorio mi ascolti, dobbiamo portarla giù da basso con una sedia, abbia pazienza, non è comodissima, ma faremo in fretta ok? Lei non si attacchi al corrimano!"
Lui mi guarda e ride "Cià allora andiamo sull'ambulanza, va che non è mica la prima volta, vi conosco ehehehe poi faccio il giretto fuori?"
"Ma papà, fuori fa freddo, andiamo solo in ospedale per un controllo!" gli dice la figlia sorridendo e  coprendolo, e noi lo carichiamo e portiamo giù.
Una volta messo in ambulanza, sulla strada verso l'ospedale, il mio collega chiede a Vittorio "Come sta Vittorio? Tutto bene?"
"Si si... ma dove stiamo andando?"
"In ospedale a XXX, a fare un controllo, conosce il posto no?"
"Ma quello nuovo?"
"Si!"
"Eh si per fare un giretto, poi magari viene fuori il sole eheheheh"
Noi ci guardiamo, e sorridendo annuiamo "Si facciamo giusto un giro veloce, per star tranquilli!"
"Va bene... è che quando ero giovane, le cose erano diverse sapete? Poi adesso ho anche un po' freddo..."
Comprendendo cosa intendevano i parenti quando ci parlavano del fatto che Vittorio fosse poco orientato, alziamo il riscaldamento... lui così si riscalda, noi invece stavamo letteralmente facendo una sauna.
"Ma quindi l'ospedale è a XX?" ci chiede di nuovo
"Si Vittorio, è là"
"Bravi ragazzi...Che poi... quello che sta in porta, se non prende la palla e l'altro non gliela passa... ehehehe" e ride
"Eh certo, se non gli passa la palla..." azzardiamo sorridendo senza capire e decidiamo di assecondare i discorsi non-sense di Vittorio, che continuava a ridersela come un matto ad ogni nostra risposta, proseguiti fino all'arrivo in PS, dove spieghiamo la situazione e veniamo raggiunti in breve dalla famiglia.
"Grazie e arrivederci!" ci dice Vittorio salutandoci, e noi ricambiamo il sorriso e il saluto.
Una volta fuori a sistemare il mezzo, ci guardiamo un po' dubbiosi "Secondo me ci stava prendendo per i fondelli....per quello se la rideva" dice la mia collega diverita
"Perché? Che gli avete detto?" ci chiede curiosa l'autista
"Eh abbiamo assecondato un po' i discorsi assurdi che faceva... secondo me avrà pensato che siamo dei coglioni ehehe"
"Ah si probabile!!!" ci dice lei ridendo "Dai almeno l'avete tenuto allegro, continuava ridere!"
"Si sul fatto che se la ridesse, non ci son dubbi... è che siamo passati un po' per dei giullari ecco!"
"Ma si dai ragazzi... una volta tanto che ridono, godiamocela anche noi!"
"Si dai hai ragione... che poi... se non gli passi la palla e quello che sta in porta non la prende....!!!"

domenica 2 giugno 2013

Questione di un secondo

Piove, è una di quelle notti gelide dove si sta bene sotto al piumone.
In effetti eravamo tutti già sprofondati in un sonno profondo cullati dal caldo dopo il solito spuntino pre-sonno a base di schifezze varie ed eventuali e una partita a Monopoli, quando la campana suona.
"Giallo, autostrada, incastrato in macchina".
"Non promette nulla di buono..." commento guardando il foglio dove non c'erano altre indicazioni
"In effetti no..." il mio autista mi guarda un po' perplessa, e ci avviamo velocemente al target, raggiunto in pochi minuti.
La scena che ci troviamo davanti è tutto meno che un codice giallo. Di nuovo.
Siamo all'entrata di una stazione di servizio dell'autostrada, luce scarsa e giallastra resa ancora più fioca dalla pioggia battente, all'ingresso della corsia che porta dentro l'area è parcheggiato un grosso camion con targa straniera e sotto al retro del camion, infilata fino a metà del parabrezza, una macchina.
Ci sono cinque o sei persone che ci vengono incontro.
"Siete arrivati! Meno male! Respira, sembra che si muova, ma perde sangue... non ci risponde! L'autista è straniero, non parla italiano" mi dice uno di questi personaggi mentre noi armati di torcia ci infiliamo i caschetti.
Li sorpasso dirigendomi verso l'auto per capire cosa fare.
In macchina c'è solo un adulto al volante, riverso sul lato del passeggero, sembrava muoversi.
"Signore, signore mi sente? Siamo dell'ambulanza!" lo chiamo a tono sostenuto mentre mi avvicino all'auto con la squadra, ma quando siamo più vicini al finestrino comprendiamo che quella parvenza di movimento non era un segno vitale.
Puntiamo la torcia dentro la macchina e la situazione appare chiara.
"Respira vero? Lo tirate fuori?" incalza di nuovo uno degli astanti
"Ma lei ha assistito alla scena?" domando
"No no, noi eravamo qui e abbiamo solo sentito il botto..." mi dice "Ma l'autista è straniero, non sa dirci nulla!" e mi indica un uomo sulla cinquantina, che sta sotto l'acqua battente con un'espressione interrogativa.
Mi avvicino, e dopo qualche giro di parole, mi dice che parla tedesco, così in tedesco gli chiedo che è successo.
Lui mi dice di non essersi accorto di nulla perché dormiva dentro al camion al momento dello schianto, s'è svegliato quando ha sentito le urla delle persone fuori.
In quel momento arriva una seconda ambulanza. Ci vengono incontro dei colleghi di un paese limitrofo, ai quali spiego e illustro la situazione, il secondo mezzo non serve.
Chiamo la Centrale, spiegando che il paziente non era in gasping né c'erano segni di movimento, ma presentava lesioni incompatibili con la vita: il cranio era completamente sfondato e ne era uscito quasi tutto il contenuto.
"Stanno arrivando i Vigili del Fuoco e l'Automedica, facciamo rientrare l'altro mezzo, ma voi restate" mi dice l'operatore
Nel frattempo sul posto arrivano anche i Carabinieri, che iniziano a fare i rilievi, e circa venti minuti dopo anche i Vigili del Fuoco.
La manovra per estrarre l'auto dal camion non è semplice e ci vuole parecchio tempo per riuscire a liberarla.
Nel mentre spiego la situazione all'equipe del MSA arrivata in posto poco prima dell'inizio dell'estrazione, e tutti restiamo in silenzio ad osservare la scena.
Non appena la macchina è libera e messa in sicurezza, medico e infermiere si avvicinano insieme a noi per valutare la scena, ormai chiara.
Cercando dei documenti che potessero dirci qualcosa di quel ragazzo, che ad occhio aveva circa 30 anni, ci cade l'occhio su dei giocattoli per bambini e un brivido gelido ci attraversa.
C'era un bambino...?
Ci guardiamo agghiacciati e iniziamo a cercare tra le siepi e sotto il camion insieme con Vigili del Fuoco, Carabinieri, medico e infermiere per accertarci che l'uomo fosse solo, che non ci fosse qualcun'altro.
Dopo svariati minuti, non trovando nessun altro, ci sentiamo sollevati... 
"Ragazzi rientrate" ci dice il medico "Se troviamo i dati, ve li faremo avere"
Sentiamo la Centrale che ci conferma il rientro.
Ce ne andiamo zuppi fradici e abbastanza infreddoliti "Avete visto però? Ci si è infilato sotto diretto... nemmeno un segno di frenata" mi fa notare un collega
"Veramente... magari ha avuto un colpo di sonno o un malore..."
"Basta veramente una frazione di secondo... ti si chiudono gli occhi e guarda cosa succede, e noi possiamo anche correre, ma alla fine..."




Non ho potuto fare a meno di ripensare ad Edoardo,
 quella notte... e alla fine, dopo tanto tempo, 
sono andata a trovarlo al cimitero.