martedì 27 dicembre 2011

Le sorprese natalizie...!

Causa festività ho avuto meno tempo per scrivere, così ho voluto ritagliarmi dieci minuti per raccontarvi di Natale.
Perchè il Natale? Perchè la mattina di Natale, come credo molti altri di voi, la sottoscritta era di turno.
Una mattinata tranquilla, dove ci siamo abbuffati di cioccolatini, brioches e quant'altro avessimo in sede, giusto per "festeggiare in famiglia".
Verso le 11.30 decidiamo di affossarci nel divano con la scatola di cioccolatini e in tempo zero suona il telefono 118, come da manuale.
Al telefono, l'operatore della Centrale Operativa mi dice: "Ciao, vai a XXX, in via XXX, uomo 72 anni con Alzheimer che ha esagerato coi tranquillanti. Ti dò un verde perchè i segni vitali sono stabili e lui risponde".
Un po' dubbiosi, ci avviamo verso destinazione, raggiunta in pochi minuti.
Io e il mio collega scendiamo dal mezzo, mentre il nostro autista parcheggia nell'ampio cortile.
Davanti alla porta d'ingresso del condominio ci aspetta Luca, il figlio del paziente, agitatissimo, che inizia a farfugliare "Mio padre non parla! Non sta parlando, non ci risponde!".
Io e collega ci guardiamo interdetti, e facciamo uno scatto felino su per le scale...dimenticandoci il nostro autista, che in tempo zero si ritrova chiuso fuori.
Arriviamo in camera da letto, dove troviamo Giorgio, 72 anni, che dorme beato, e la moglie Luisa che urla e si dispera.
Verificati i segni vitali, Giorgio risulta essere il cosiddetto paziente di tipo V, ovvero quello che risponde allo stimolo verbale.
"Giorgio! Giorgio sveglia, siamo quelli dell'ambulanza! Mi senti?"
"Mmmm siii ma lasciatemi dormire mmmm" mugugna a bassa voce
"Giorgio, non posso lasciarti dormire, abbi pazienza, dobbiamo darti un'occhiata!" gli dico, e inizio a rigirarlo col collega per prendere parametri e verificare che sia tutto a posto.
Non trovando nulla di insolito, mi rivolgo alla moglie: "Signora, a parte il fatto che suo marito ha sonno, non vediamo altro; ci è stato riferito dalla C.O. che il signor Giorgio ha preso dei medicinali e ha un po' esagerato...quando li avrebbe presi?"
A questa domanda noto un po' di imbarazzo da parte della moglie e del figlio, che dopo alcuni secondi di silenzio tirano fuori una boccetta di sonnifero: "Eh vede signorina...stanotte alle 2 s'è svegliato, ci ha svegliati tutti, era agitato...così gli ho dato qualche goccia di sonnifero! Però poi non s'è più svegliato!"
Io e collega restiamo un attimo senza parole "Signora quante gocce ha dato a suo marito?" domando
"La metà della dose che si dà ad un bambino!" mi dice in lacrime.
Sapevamo bene sia noi che loro che le cose non stavano propriamente così; con tutta probabilità Giorgio era davvero agitato quella notte, e la moglie ha ben pensato che qualche goccina in più gli avrebbe fatto solo bene.
Presi tutti i dati e le informazioni, chiamo la C.O. e anche l'operatore, dopo essersi accertato che non fosse successo altro, tira le mie stesse conclusioni.
Decidiamo così di portare comunque Giorgio in ospedale per un controllino; durante il tragitto, pian piano, Giorgio inizia a svegliarsi.
Dopo una serie indefinita di mugugni e insulti in dialetto, Giorgio abbandona l'idea di protestare e si lascia sbarellare senza troppi problemi.
L'infermiere che lo prende in carico guarda me e colleghi e sorridendo ci dice: "proprio una dose da bambino...nè?".
Noi sorridiamo pensando che persino a Natale uno riesce a rimanere...sorpreso.

giovedì 22 dicembre 2011

Nel dubbio...vi dò un rosso.

In alcune occasioni l'assegnazione dei codici è del tutto inadeguata, e sappiamo bene tutti quanti che dipende in buona parte da come viene fatta la chiamata al 118 e da come l'operatore della Centrale recepisce le informazioni; in altre occasioni, invece, non si può parlare di "inadeguatezza" in quanto la situazione è talmente delicata che si preferisce andare di corsa per niente, piuttosto che arrivare impreparati.
Di cosa sto parlando? Beh, credo che i colleghi abbiamo già intuito quale sia la circostanza per cui si corre anche più di quanto già non si faccia normalmente.
I bambini.
Solitamente, soprattutto nei bambini molto piccoli, i problemi più frequenti sono l'ostruzione delle vie aeree, convulsioni febbrili e apnee.
Per tutte queste eventualità, nel dubbio, la C.O. ci fa uscire in codice rosso.
Purtroppo casi del genere mi sono capitati spesso, e solo in un caso abbiamo lasciato il Pronto Soccorso senza vedere il piccolo riprendersi (per fortuna, informandoci, scoprimmo che si riprese solo giorni dopo...).
I bambini hanno una capacità di riprendersi straordinaria, è vero, ma il modus operandi del soccorritore è completamente differente rispetto ad un'uscita su un adulto.
L'ultimo codice rosso di cui sopra l'ho fatto domenica notte, e voglio raccontarlo perchè è stato "diverso" dagli altri.
Sono le 23.15 quando suona il telefono; la Centrale ci manda in codice rosso su un bambino di 3 mesi che non respira.
Facciamo uno scatto dalla sede al garage che se l'avessi visto in moviola, non mi sarei riconosciuta.
Velocissimamente ci catapultiamo sul mezzo, lanciandoci letteralmente per le strade della provincia.
Dico al mio terzo di prepararsi a portare giù mezza ambulanza, sappiamo che ci avrebbe raggiunto anche l'Automedica, ma fino a quel momento saremmo stati soli, come sempre.
Arriviamo in posto, scendiamo e ci troviamo davanti ad una villetta.
Fuori ad aspettarci c'è una donna, giovane e parecchio agitata, che ci invita ad entrare di corsa.
Una volta entrati sentiamo le urla del bambino, che vediamo piangente in braccio al padre, sconvolto.
Penso di poter parlare anche per i miei colleghi quando dico che ci siamo sentiti profondamente sollevati nel sentirlo piangere.
Mi sincero personalmente delle condizioni del piccolo, successivamente lo affido ai miei due colleghi, poi avviso la C.O. che il bambino era sveglio e stava riprendendo colore.
Avvisata la Centrale, mi sposto con la madre e i nonni in un'altra stanza, mentre i miei colleghi restano a monitorare il bimbo insieme al padre.
Faccio sedere la madre, tremante e in lacrime, che mi racconta cosa era accaduto poco prima del nostro arrivo: Daniele si sveglia, così il papà lo solleva dalla culla e lo prende in braccio.
All'improvvisio Daniele diventa bianco e pochi secondi dopo perde i sensi, abbandonandosi tra le braccia del padre, che stendendolo sul divano si accorge che il bambino non respirava più.
A quel punto la madre, che aveva assistito alla scena, chiama il 118 e i nonni.
Non penso di poter anche solo immaginare cosa possa aver provato in quel momento il papà di Daniele, e nonostante questo ha avuto la lucidità di stendere il piccolo in piano e fargli due insufflazioni.
Alla seconda insufflazione Daniele si riprende, come se gli avessero tolto la testa dall'acqua, e pochi secondi dopo arriviamo noi.
Mentre ascolto, ho un paio di secondi di "stand by" dove non riesco a fare a meno di pensare a quanto coraggio deve aver avuto il papà del piccolo Daniele quando, vedendo il suo bambino inerte, con lucidità ha eseguito le manovre.
Non è da tutti, cazzo.
Poco dopo arrivano medico e infermiere, che avevo comunque avvisato tramite C.O. riguardo alle condizioni stabili del bimbo, e i genitori decidono di portare il piccolo in ospedale per un controllo in ambulanza.
Prima di uscire di casa, il nonno con in braccio il piccolo Daniele, rivolgendosi al bimbo sorridente, dice "Li vedi questi ragazzi qui? Chissà cosa avremmo fatto senza di loro!"
Io sorridendo mi sono permessa di rispondere "Beh, noi questa volta non abbiamo fatto nulla...Daniele aveva un ottimo soccorritore in casa!".
Il nonno sorrideva come il piccolo Daniele, e nel mentre arriva il papà che ci ringrazia ancora per la tempestività dell'intervento, poi guardando il bambino con un velo di commozione ci dice "Vedete? Lui sorride sempre! E prima...non sorrideva, non parlava, non faceva niente..."
"Per fortuna che il suo papà era lì con lui, Lei è stato davvero bravissimo!" gli dice il mio collega.

Quella sera, mentre osservavo il papà che guardava il suo bambino con occhi lucidi, ho pensato a quanto debba essere stato difficile essere un angelo custode.

venerdì 16 dicembre 2011

"Siete solo due donne e con un solo uomo??? MA NO!"

A noi soccorritori piace sdrammatizzare molto quando si parla di uscite...un umorismo un po' nero a volte, devo ammetterlo, ma a noi piace così.
Giusto stamattina avrei dovuto sostituire una collega dalle 7 alle 9, e la squadra al mio arrivo in sede ironizzava sulla mia sicura permanenza prolungata.
Beh...avevano ragione.
Alle 9.05 veniamo chiamati per un anziano caduto in camera da letto, in verde.
Esco rassegnata al fatto che non concluderò di certo il turno tanto presto.
Arrivati in posto, ci troviamo a salire due rampe di scale in pietra, lucide e scivolose, che ci portano direttamente nella casa del signor Matteo.
Moglie, figlia e nipote appena ci vedono scuotono la testa e ci dicono "Ma no! Siete solo due donne con un solo uomo!".
Io e la mia collega ci guardiamo interrogativamente, e mentre entriamo in casa un sospetto ci assale.
Sospetto fondato, quando appena entrati in camera da letto troviamo il signor Matteo, evidentemente sovrappeso, seduto a terra tra il muro e il letto.
La figlia insistendo ci dice "In due ragazze? No dai, non ce la fate mica!"
"Signora non si preoccupi, non è la prima volta e non è nemmeno dei più pesanti che abbiamo trasportato!" le faccio presente, cercando di tranquillizzarla.
"Si ma dai, siete due ragazze" insiste lei, guardandoci quasi divertita.
"Signora" le ripeto mentre tiro fuori saturimetro, fonendo&sfigmo dallo zaino "Ce la caveremo benissimo".
La signora decisamente poco convinta, continua a guardarci come se da un momento all'altro si aspettasse una nostra "resa".
Matteo effettivamente è pesante, e vedere le facce delle signore mentre io e collega sorreggevamo tutto il suo peso morto beh è stata una piccola soddisfazione, concedetemelo.
Con sacrosanta pazienza, in un secondo momento tutti e tre insieme spostiamo Matteo da terra al letto, e successivamente dal letto alla sedia cardiopatica.
"Non pensavo riusciste a spostarlo! Siete allenati, nè?" ci dice sorridendo la figlia di Matteo.
Noi, ve lo garantisco, ridevamo molto meno.
Tuttavia con un bel sorrisetto compiaciuto facciamo cenno di sì e iniziamo interiormente a sgranare un intero rosario non appena ci rendiamo conto di quanti gradini ci separano dal piano terra.
Con non poco sforzo, ma sempre sorridenti (e che stile!) arriviamo fino in fondo alle scale, mettiamo Matteo sulla barella e ci accingiamo a caricarlo.
Peccato che Matteo, poco convinto della stabilità della barella, decide di aggrapparsi all'armadietto delle bombole, impedendoci di spingere su la lettiga.
Restano i miei due colleghi a spingere la barella, e io con il carrello in mano che invito Matteo a sganciarsi perchè in quel modo non saremmo andati da nessuna parte.
Per fortuna Matteo mi dà retta, con buona pace dei miei colleghi, così carichiamo e partiamo alla volta dell'ospedale meno accessibile, in termini di tempo e strada, della zona...!
Durante il viaggio, Matteo se la ride di gusto (io e squadra un po' meno!) mentre noi cerchiamo di distrarlo un po'.
Arrivati in ospedale, si ripete al contrario la scena del carimento; Matteo si aggrappa allo zaino posizionato a lato della barella, impedendoci di sbarellare.
Anche qui, con pazienza lo convinciamo che la barella è sicura e che noi non lo lasceremo cadere, e riusciamo a portarlo in questo modo dentro al Pronto Soccorso.
Una volta usciti, un po' acciaccati, riusciamo a ridercela anche noi, ironizzando sul fatto che spesso noi soccorritori ci troviamo a far palestra anche senza volerlo...capita e basta.

lunedì 12 dicembre 2011

Ridiamoci su!

A volte capitano uscite dove l'unica cosa che si può fare è riderci su.
L'anno scorso di questi tempi veniamo chiamati per un anziano caduto in casa con temporanea perdita di coscienza.
Eravamo io di terzo, e i due colleghi e amici con cui turno praticamente sempre.
La mia caposquadra ed io scendiamo mentre il nostro autista parcheggia il mezzo nell'ampio cortile di una vecchia corte, e ci troviamo davanti un signore anziano alto almeno 1metro e 90, sorretto da un altro personaggio più basso e tarchiatello che lo accompagna verso di noi.
Insistono per salire subito in ambulanza, e considerato che erano praticamente a 5metri dal mezzo, li facciamo salire.
Marko, così chiamerò l'infortunato, si accomoda sulla barella tranquillo e pacato, lamentando atroci dolori alla spalla destra, e l'altro personaggio che scopriamo essere suo figlio ci racconta della caduta da equilibrista che il padre aveva fatto circa venti minuti prima.
Prendiamo i parametri, lo immobilizziamo e partiamo alla volta dell'ospedale.
Una volta partiti, senza il figlio che aveva deciso di seguirci in macchina, Marko si scatena letteralmente.
Ci racconta che ha 92 anni, è istriano e che sarebbe morto sicuramente a 93 anni, come la nonna e la madre.
Io così cerco di rassicurarlo "non si preoccupi Marko, è solo una caduta! Può capitare a tutti! I suoi parametri sono perfettamente nella norma, è arzillo e attivo, non dimostra l'età che ha!"
Lui mi squadra con un'aria furba, ed inizia lo show "Senta signorina...ma lo sa che quando ero giovane e mia moglie era ancora in vita, sono sempre riuscito a soddisfarla?"
E io e la mia collega "Beh...ci fa piacere, ma veramente noi non..." e lui interrompendoci "Sempre, non è mai stata insoddisfatta!" e da qui ha iniziato a raccontare nei dettagli COME e COSA faceva con la sua ormai defunta moglie, tra l'imbarazzo mio e della mia collega.
Quando sembrava aver esaurito i dettagli hot, mi guarda e mi dice "Senta biondina, ma lei...cosa ne direbbe di farmi da badante? Sà alla mia età ormai comincio ad avere i miei problemi..."
Io, un po' imbarazzata, cercavo di sviare il discorso "Ci sono persone preparate a prestare assistenza, io al momento non lo sono..."
E lui incalzante "No ma non si preoccupi! Non sono di tante pretese...se poi in settimana ci concedessimo anche qualche 'beneficio'...eheheh sà, in fondo sono ancora bravo!"
"Marko, la prego, non mi pare proprio il caso!" gli fece notare la mia collega, vedendo la mia faccia allibita.
"Beh, signorina bionda, io le lascerei tutto...i miei soldi, la mia casa e anche la macchina! Sa, è nuova di pacca!"
"Marko, la ringrazio...ma anche no!" gli dissi "Su cerchi di rilassarsi adesso che siamo quasi in ospedale!"
"Ma quindi lei non avrebbe voglia di prendersi cura di me? La soddisferei a dovere!"
La mia collega, dopo aver chiuso il vetro che ci separava dal nostro autista che stava imprecando perchè queste uscite nei miei confronti non le stava gradendo per niente, invitò il signor Marko a smetterla di farmi propostacce che tanto io ero già impegnata e sistemata.
Al che lui la guarda e le dice "Beh la proposta è valida anche per lei naturalmente!"
Io e lei ci guardiamo in faccia, cerchiamo di trattenere una risata, e gli diciamo di calmare i suoi bollenti spiriti perchè ormai eravamo arrivati.
Una volta sbarellato e lasciato in ps, io e collega ci siamo fatte una gran risata.
Rideva un po' di meno il nostro autista, che non è troppo tollerante in questi frangenti!!

mercoledì 7 dicembre 2011

E'-solo-sbocco-è-solo-sbocco

Ogni soccorritore ha un "punto debole", qualcosa che lo urta più di tutto, in fondo siamo esseri umani.
Il mio "punto debole" è il vomito.
Nessun odore, nessuno scenario, nessun paziente mi turba quanto mi turba il vomito.
I miei colleghi, scherzando (si insomma, più o meno!), mi hanno fatto notare che il paziente vomitante è un lusso che non mi faccio mai mancare, e si finisce sempre col ricoverare nell'ospedale la cui strada è un insieme di tornanti e curve che sembra pensato apposta.
La prima uscita che ho fatto su un paziente vomitante non la ricordo, ma ricordo perfettamente come mi sono sentita le prime volte che ho visto una persona vomitare.
Un'uscita in particolare ricordo, adesso la racconterò col sorriso, ma in quel frangente non ero proprio "sorridente"!
Veniamo chiamati in giallo per una sospetta crisi ipoglicemica in un supermercato, all'epoca avevo la certificazione ufficiale da pochi giorni e uscivo ancora come quarto componente della squadra.
Arriviamo in posto, il supermercato era pieno di gente e identifichiamo subito il luogo dell'evento a causa della concentrazione di curiosi che contraddistingue le scene "truculente".
In realtà ancora non ho capito che razza di perversa curiosità spinge la gente ad accalcarsi attorno a incidenti, persone che stanno male et similia.
Comunque, arriviamo, facciamo sgomberare la corsia e troviamo il signor Salvatore in una bella pozza di vomito.
L'odore l'avevo avvertito già a 5 metri di distanza, e mi ripetevo "è-solo-sbocco-è-solo-sbocco", così con santa pazienza ho recuperato lo scottex per pulire.
Ho avuto un conato io stessa, e per fortuna il mio caposquadra se n'è accorto in tempo per chiedermi di recuperare altre cose dall'ambulanza, che a pulire ci pensava l'autista.
Mentre tornavo sul mezzo a prendere traversine e altro scottex mi autoinsultavo per non esser riuscita a controllare la nausea; non riuscivo a capacitarmi...avevo visto e messo le mani in peggiori condizioni, eppure..!
Tornando sulla scena, Salvatore sembrava sul punto di riprendersi, così dopo aver comunicato con la C.O. lo carichiamo, e ci danno un codice 2 per l'ospedale più vicino.
Durante il tragitto andavamo spediti, e mentre il mio caposquadra mi rassicurava dicendo che le prime volte non è sempre facile, Salvatore pensa bene di ricominciare a vomitare.
MAI in vita mia avevo visto qualcuno vomitare a getto, solo nei film, e dal vero beh...è tutta un'altra cosa.
Credo di essere diventata verde, letteralmente.
Mi sono cacciata in bocca mezzo pacchetto di cicche alla menta, e tenevo il mio caposquadra che stava in piedi con un sacchetto davanti alla faccia di Salvatore, per impedire che ci allagasse l'intero mezzo.
Alla testa c'era il terzo dell'equipaggio, che puliva Salvatore, e teneva un occhio sulla sottoscritta.
Stavo facendo uno sforzo immane per superare la mia avversione, tanto che il colorito della mia faccia da verdino credo fosse di un bel verde-vomito.
Salvatore tra l'altro faceva dei versi tremendi, sembrava una scena del film "L'Esorcista", e mentre io cercavo di non concentrarmi sulla scena a cui stavo assistendo e al tremendo odore che c'era a bordo, il terzo dell'equipe mi guarda divertito e mi dice "vuoi fare la scarpetta?".
Mentre il mio stomaco si torceva all'idea e il mio cervello partoriva solo parolacce, la mia bocca era impegnata a masticare la cicca in maniera frenetica.
Per fortuna, una volta arrivati in pronto soccorso e lasciato Salvatore vomitante, la nausea passò velocemente.
Da quel momento le ho pensate TUTTE per cercare di essere efficiente anche in casi come questo, e al momento il rimedio migliore che ho escogitato è: cicca alla menta forte + mascherina imbevuta di olio all'eucalipto.
Ho imparato che tenendo sotto controllo il mio olfatto riduco della metà la mia sensibilità al vomito.
Mi sto letteralmente ingegnando per trovare una soluzione...rispetto ai primi tempi, mi rendo conto di aver migliorato la mia resistenza, ma non nascondo che certe volte è davvero dura.
Nonostante le prese in giro di alcuni colleghi, viaggio con un bel mazzo di sacchetti per il vomito nella tasca della divisa...e per quanto divertente possa sembrare, fino ad ora il caso mi ha dato ragione, averli in tasca è stata una benedizione (per me e per la mia povera divisa)!
Giusto settimana scorsa siamo intervenuti su un altro vomito selvaggio, 20 minuti dopo una favolosa colazione con una gigantesca brioche alla crema, che abbiamo maledetto...alla domanda "Ma lei ha mangiato qualcosa stamattina?" la risposta è stata "avevo mal di stomaco quindi sono stato leggero...tazza di latte&caffè con i biscotti!".
Della serie che se voleva star pesante chissà che avrebbe mangiato...inutile dire che latte, caffè e tutti i biscotti della leggerissima colazione sono finiti tutti irrimediabilmente sulla barella, vero?

martedì 6 dicembre 2011

La fiducia

Da quando sono un soccorritore, ho imparato cosa vuol dire dare fiducia "alla cieca".
La fiducia non è facile da conquistare, almeno per quanto mi riguarda, e mi rendo conto che a volte può essere decisamente difficile fidarsi.
La prima volta che ho fatto il caposquadra, ad esempio, ero abbastanza spiazzata: la fortuna di essere in 4 era bilanciata dalla mia diffidenza nei confronti di due dei miei colleghi, coi quali non ero mai stata in uscita.
E giustamente quando uno vorrebbe starsene bello comodo in sede, il telefono inizia a suonare all'impazzata...quella volta non abbiamo messo piede giù dall'ambulanza per tutta la mattina, ovviamente.
Quel giorno fu come avere gli occhi bendati, dovevo fidarmi della squadra, anche se non è stato per niente facile.
Se non ci si fida l'uno dell'altro, anche l'intervento più banale può diventare motivo di diverbi o discussioni.
Non credo che tutti riflettano su questo aspetto: quando si è in uscita bisogna essere una squadra, cioè bisogna gestire la situazione insieme.
Non c'è spazio per protagonismi e individualismo, queste cose sarebbe cosa buona e giusta accantonarle perché non portano nulla di buono, fidatevi.
Dal mio ingresso in associazione, ho avuto modo di fare parecchi servizi con molte persone diverse...ognuna col suo metodo.
Io in primis ho un modus operandi particolare, ma essendo "mio" non avevo subito compreso di averlo, pensavo fosse "normale".
E' assolutamente meraviglioso e meravigliante rendersi conto del livello di "sincronia" che si può raggiungere con alcune persone, io in prima persona ero senza parole quando mi sono resa conto del "potere della fiducia".
Si è formato un forte legame tra me e quel gruppo ristretto di colleghi/e con i quali quando sono fuori mi sembra di agire come fossimo una persona sola.
La fiducia reciproca ce la siamo guadagnata, e benchè io non abbia ormai alcun problema a fare turni con chiunque, con loro è tutto diverso.
Mi fido di loro come mi fido di me, come se i loro occhi fossero i miei, e abbiamo affrontato parecchie situazioni critiche con il massimo della lucidità e della coordinazione.
Quando lavoro con altri colleghi, pur non avendo avuto grossi problemi, mi rendo conto della diversità di affiatamento, manca quel qualcosa in più...la squadra funziona, ma non c'è lo stesso affiatamento che ho con la mia.
E'ovvio poi che con alcuni ci si intende meglio di altri, ed è tutta un'altra storia quando in uscita con un solo sguardo ci si capisce al volo.
Ricordo che una delle mie prime lezioni del corso di aspiranti volontari fu a proposito dei ruoli di una squadra e del fatto che, se saremmo stati fortunati, avremmo trovato quel ristretto gruppo di persone con cui non si ha bisogno di stabilire niente a priori, come se avessimo fatto servizio da sempre insieme.
Ero decisamente scettica a riguardo, devo ammetterlo; pensavo fosse una di quelle cazzate che si raccontano ai corsisti, ma per fortuna mi sono dovuta ricredere.
La fiducia non è certo facile di guadagnare, ma quando c'è si sente, non c'è dubbio.
La lezione sulla fiducia mi è servita...non l'ho assimilata tanto facilmente, devo ammetterlo, però partire in positivo dando fiducia a qualcuno, almeno per ora, è stata la scelta migliore.

giovedì 1 dicembre 2011

Certe notti la strada non conta, quello che conta è sentire che vai

Di notte cambia tutto.
Cambia la luce, e con essa cambiano le persone.
Non sembra nemmeno di fare servizio nelle stesse zone, certe notti.
Premetto che non faccio servizio in grandi città, che credo siano ancora più "folli" di quanto possa essere la mia zona.
Ci sono notti in cui, qui da noi, si riesce a dormire senza mettere piede fuori dalla sede.
Altre notti, invece, è già un miracolo riuscire ad appoggiare la testa sul cuscino almeno un paio d'ore.
Per ora ho sperimentato solo queste ultime.Normalmente faccio servizio di giorno, al mattino in particolare, e di notti ne ho fatte pochissime.
Tuttavia tanto m'è bastato per notare una colossale differenza tra quel che si vede di giorno e quel che si vede di notte.
Ricordo chiaramente la prima uscita del mio primo turno di notte; veniamo chiamati per un incidente auto-bicicletta, codice giallo.
Arriviamo sul posto e la scena è la seguente: grossa rotonda con quattro strade affluenti, una macchina parcheggiata a lato della strada coi carabinieri dietro, un signore di mezza età seduto sullo spartitraffico e accanto a lui una donna sconvolta.
Quando arriviamo, gli animi si scaldano.
Con i carabinieri stava parlando Lorenzo, sessantenne alla guida della macchina incriminata.
Seduto per terra c'era Luigi, con la moglie Luigia, che inveiva pesantemente contro "lo stronzo al volante" [Cit.].
Dopo aver placato gli animi, messo il collarino e posizionato Luigi sulla tavola spinale, vado dai Carabinieri per avvisarli delle direttive della Centrale Operativa, e verificare lo stato di Lorenzo.
"Andiamo all'Ospedale XXX" dico al Carabiniere, che mi dice con forte accento romanesco "Ricevuto, ma se questo non mi dice tutto quel che è successo da qua non ci si muove".
Guardo con aria interrogativa il signor Lorenzo, palesemente preoccupato, che improvvisamente inizia a dire incerto "io venivo dalla strada dritta, quello con la bici è entrato in rotonda, io l'ho visto...però sono passato lo stesso. Pensavo di fargli il pelo, mica di buttarlo per terra! Volevo andare via, ma dei ragazzini mi hanno fotografato e poi mi sono sentito in colpa, così alla fine son tornato indietro e ho chiamato il 118".
Sconcertati quanto me, i Carabinieri scrivendo il verbale domandarono a Lorenzo "E mi ripeta dove abita, per cortesia".
Lorenzo sillabò il nome di un piccolo paese nei dintorni; il Carabiniere chiese "e dove sta?", e Lorenzo rispose ripetendo il nome del paesello scatenando il disappunto del Carabiniere che tenne a sottolineare "Che cazzo ne so di dov'è sto paese, io so' de Roma!".
Dopo aver spiegato al Carabiniere dove si trovava il paesello in questione, Lorenzo firmò i moduli per il rifiuto di ricovero, e noi potemmo partire alla volta dell'ospedale.
Mentre portavamo Luigi in ospedale, questo mi domandò "ma è possibile che adesso muoio?".
Quasi divertita gli dissi "io non sono un medico, ma ho i miei dubbi che lei sia in pericolo di vita, ha solo preso una bottarella!", e lui "no perchè sapete, ci sono quelli che muoiono dopo incidenti banali!" e io e colleghi decidemmo di rassicurarlo dicendogli che in ospedale si sarebbero accertati che non fosse in pericolo di vita.
Lasciato Luigi in ospedale, il viaggio di rientro fu quasi rilassante...in realtà il viaggio di rientro da un'uscita in piena notte lo è sempre per me.
Abituata a vedere l'autostrada incasinata di giorno, vederla così lunga, illuminata di luci e stranamente "liscia" sotto un cielo sereno e buio è semplicemente...una figata!

‹‹Certe notti ti senti padrone
di un posto che tanto di giorno non c'è
certe notti se sei fortunato
bussi alla porta di chi è come te››
Ligabue, Certe notti