sabato 27 ottobre 2012

Il confine

Sono circa le 2 di notte d'inverno quando il 118 chiama, siamo andati a letto presto, forse una delle poche volte, ed ecco la fregatura.
"Rosso a XXX, bambino di 15 mesi che non respira, vi diamo tutti i dettagli via filo, andate!" dice l'operatore, e noi scattiamo come se fossimo stati svegli da subito.
La destinazione è lontana, ma probabilmente di ambulanze operative questa notte non ce ne sono tante.
"Ciao, è la XXX, siamo a metà tragitto circa, il bambino?" chiedo con il foglio della missione in mano
"Allora, cambio codice in giallo, bambino ha ripreso a respirare, ma voi andate comunque a dare un'occhiata, ok? MSA in supporto"
"Ricevuto" e chiudo la chiamata.
Qualche minuto dopo arriviamo in posto, una normalissima villetta di provincia come ce ne sono tante nella mia zona.
Alessia, sui 30 anni, ci aspetta fuori impaziente "Ma quanto ci avete messo??"
Cominciamo bene.
"Signora, noi distiamo da qui ben 14km, non possiamo metterci 3 minuti ad arrivare; dov'è il bambino?" le dico con tono calmo
Lei seccata ci conduce in casa.
Il piccolo Filippo, 15 mesi, è in braccio al papà, è bollente.
"Ha la febbre?" domando mentre lo prendo in braccio
"Si aveva la febbre alta! Poi ad un certo punto non ha respirato più, ha chiuso gli occhi e gli è uscita un po' di schiuma dalla bocca" mi dice il papà visibilmente spaventato "Siccome mia moglie era una volontaria come voi, ha detto che dovevamo chiamare l'ambulanza e così abbiamo fatto"
"Capisco, gli avete dato qualcosa nel frattempo? Tipo paracetamolo?" chiedo
"Si si assolutamente; non volevamo darglielo, sai, dare dei medicinali ai bimbi così piccoli non ci piace..." mi risponde sempre Alessia che mi guarda mentre controllo il piccolo Filippo assieme ai miei colleghi.
Poco dopo arriva il medico, al quale riferisco tutto quanto trovando conferma da parte di entrambi i giovani genitori.
"Signora, se il bambino ha la febbre così alta come leggo dalla scheda della collega, forse è il caso di appellarsi a Santo Paracetamolo, non crede? O aspettiamo sempre che abbiano le convulsioni? Non bisogna abusare dei farmaci, ma quando è necessario, sarebbe meglio fare un uso coscienzioso" dice il medico con tono quasi ironico, esplicitando il pensiero che tutti avevamo formulato.
Poi il medico guardandomi mi dice "Facciamo che lo portate comunque a fare un controllino all'ospedale qui vicino, noi vi seguiamo in macchina visto che stiamo rientrando a nostra volta" mi dà tutti i documenti del caso e poi aspetta fuori.
Noi in poco carichiamo Filippo e la sua agitatissima mamma Alessia, che appena sale in ambulanza inizia a mettere a dura prova la pazienza mia e dei miei colleghi.
"Allora, tu prendi il ghiaccio, le garze e dammi anche la coperta, gli abbassiamo la temperatura però senza scoprirlo, ok?" dice sbracciandosi sul mezzo.
I miei colleghi mi guardano con un punto di domanda stampato in faccia, cercando di capire come comportarsi.
"Allora, adesso lei si mette sulla barella, la cinghiamo bene, copriamo lei che con questo freddo ha avuto la bella pensata di uscire senza giacca, e noi pensiamo a Filippo che resterà da qui all'ospedale tra le sue braccia, chiaro?" le dico con il classico sorriso-da-soccorritore stampato sulla faccia
"Si ma se non gli metto il ghiaccio...senti tu lì dietro, passamene uno! Perché l'ambulanza non si muove??" dice continuando ad agitarsi in direzione dei miei due colleghi, impedendoci di assicurarla sulla barella.
"Alessia, non glielo ripeterò un'altra volta; mi fa piacere che anche lei sia dei nostri, comprendo l'agitazione per il frangente spiacevole, MA qui nessuno si muove finché non si rimette seduta sulla barella e smette di fare qualcosa che non le compete, il caposquadra sono io, loro sono i miei colleghi, noi gestiamo la situazione, che sarebbe molto meno complicata se lei adesso collaborasse. Ne avrà visti di pazienti non collaboranti, no?" le dico e lei annuisce "Bene, spero di non doverla considerare uno di quelli" le dico con calma
"Alessia smettila" interviene secco il marito aprendo il portellone dell'ambulanza "Questi ragazzi sono qui per aiutarci, l'ha detto anche il medico che ci pensano loro, cerca di tenere Filippo e dar retta ai loro consigli" le dice "In pochi minuti saremo in ospedale, io vi seguo in macchina, dai, ci vediamo tra poco" e chiude il portellone
"E va bene" sbuffa seccata mettendosi sulla barella, e il tragitto prosegue senza intoppi fino all'ospedale dove scarichiamo lei e il piccolo Filippo.
"Se siete testardi..." mi dice sottovoce mentre la accompagniamo dentro al pronto soccorso 
"Avevamo alternativa?" le chiedo mentre ricontrollo i documenti
"Probabilmente no..." mi dice con tono quasi amareggiato "Ho oltrepassato il confine, vero?"
Io e colleghi facciamo spallucce.
"Se fosse capitato a me come soccorritore, probabilmente me la sarei presa col paziente..." ci dice a denti stretti.
Noi restiamo in silenzio.
"Ciao ragazzi" ci dice l'infermiera del PS pediatrico "Che succede?"
Inizio a fargli un rapido resoconto, "Ottimo, vedo che l'avete trasportato nel modo corretto" poi si avvicina ai genitori di Filippo e inizia a parlare con loro.
Noi salutiamo e usciamo, e non posso fare a meno di notare l'occhiata di gelo che ci lancia Alessia mentre ce ne andiamo.


mercoledì 24 ottobre 2012

Sbocc-attack

Mattinata uggiosa, di quelle dove la pioggia cade stile vaporizzatore, ovvero: quanto basta a darti fastidio, ma non abbastanza per avere una qualsivoglia utilità.
Sono circa le 9 quando arriva la chiamata "Verde, XXX, sospetta frattura del femore in persona anziana".
Ordinaria amministrazione, penso mentre assieme ai miei due colleghi salgo in ambulanza lamentandomi della pioggia che mi stava trasformando i capelli in una massa informe.
"Dopo facciamo colazione? Io ho fame" dico al mio autista durante il tragitto, non sapendo a cosa stavo andando incontro.
Ebbene si, non potevo sapere che il mio peggior incubo stava per diventare realtà.
"Eheheh fanciulla, vediamo se rientriamo!" mi dice ridendo e in poco arriviamo in posto.
Ci attende al piano terra un uomo sulla quarantina, si chiama Luca e si presenta come il figlio della signora Marzia, 70 anni, sprofondata nel morbido materasso del letto matrimoniale.
"Ieri è caduta, l'abbiamo messa a letto e siccome non passava, il medico di famiglia ci ha detto di chiamarvi, venite" e ci indica la strada "Lui è ancora di sopra".
Saliamo le scale, al primo piano troviamo la camera da letto.
Mentre i miei colleghi vanno a prendere i parametri e valutano la signora, il medico mi ferma spiegandomi brevemente vita e miracoli della signora Marzia.
"Si, ma doc, perché non chiamare ieri l'ambulanza?" domando mentre guardo le carte della signora
"Non avevamo capito l'entità del danno" mi risponde secco "Ora devo andare, ho un'altra visita".
E quindi, giustamente, sospettando una frattura del femore la fa sistemare sul letto. Non fa una piega.
Mamma mia, roba da non credere, penso mentre lui se ne va, e torno dalla signora.
"Parametri nella norma, la frattura del femore è più che sospetta" mi dice sottovoce la mia collega alzando le lenzuola che rivelano la classica posizione ruotata del piede.
"Eh va bene, Marzia andiamo a fare un controllino, ok? Roba da poco, giusto per sistemare questa gamba, ok?" le dico cercando di tranquillizzarla, la vedo nervosa.
"Va bene, però devo dirvi una cosa..." ci dice esitante e un po' spaventata "Appena mi muovono, vomito"
Io la guardo, come gli altri due colleghi, con un pizzico di diffidenza; tutti i pazienti dicono così, ma alla fine (PER FORTUNA) solo una parte di loro ha davvero questo problema.
"Staremo attenti" la rassicuro, e iniziamo a metterla sulla tavola spinale.
"Visto Marzia? E' tutto a posto!" le dice l'autista mentre la leghiamo con il ragno e tutto l'ambaradan del caso.
Per fortuna non è un paziente XXXL, così senza sforzi eccessivi la solleviamo e iniziamo il tragitto per portarla sulla barella.
Arriviamo sulle scale, e appena iniziamo a scenderle Marzia si lamenta "Mi viene da vomitare!"
"Resista Marzia, è solo una sensazione!" le dico intenta a non inciampare "Abbia ancora qualche secondo di pazienza" mentre pronuncio queste parole, mettiamo l'ultimo piede giù dall'ultimo gradino della scala e sento il familiare suono di un bel conato.
Cazzo, lo sbocco in sospensione no!!
Io e colleghi, da bravi circensi improvvisati, siamo riusciti a mettere la spinale sulla barella preparata qui fuori,   e ad evitare che Marzia ci riversasse in testa la colazione, tenendole il sacchetto sotto la pioggerella.
Appena terminato lo "sbocc-attack", la carichiamo in ambulanza.
"Ehm guardate che ha la nausea persino quando viene con me in macchina ed è seduta davanti!" ci dice imbarazzato il figlio.
Io e colleghi ci scambiamo uno sguardo eloquente, il mio peggiore incubo è diventato realtà: paziente con lo sbocco estremamente facile.
Fantastico.
Il viaggio, naturalmente, l'ho passato tenendo il sacchetto incollato alla paziente che ha vomitato tutto il viaggio fino a dentro il PS mentre la mia collega teneva la spinale.
Naturalmente avevo a portata di mano la mia boccetta di eucalipto che mi ha salvata alla grande anche questa volta.
Forse dovrei aprire un nuovo segnalibro dedicato alle sole "sbocc-adventures" perché io il paziente vomitante è un lusso che proprio non riesco a farmi mancare...mai.

sabato 20 ottobre 2012

Copia&Incolla? Ctrl+c .. Ctrl+v, fate prima.

Siccome mi hanno chiesto perché ho deciso di approdare su Facebook, spreco un post per fare qualche considerazione.

La prima ragione per cui l'ho fatto è perché ho pensato che forse era il momento di dare un po' più di spazio a questo blog, soprattutto su una piattaforma che, pur non entusiasmandomi, ha comunque ancora un bel potere di diffusione.


Inoltre continuo ad incappare in pagine FB che letteralmente copiano ed incollano i post dal blog, alcuni li hanno anche firmati col proprio nome, e sono certa che a qualcuno di voi non è sfuggita la cosa.

L'ho trovato un po' fastidioso; in particolare, mi fa davvero piacere che il mio messaggio circoli, però mi dispiace vederlo firmato addirittura da altre persone, considerato che io tengo a mantenere l'anonimato proprio perché non conta chi sono io, conta come stanno le cose che racconto. Io sono una persona qualunque, l'ho sempre detto, è scritto in alto a destra del blog, no?
Bene.
Vedere le mie esperienze con sotto un'altra firma, beh...permettetelo, mi fa girare le palle, eccome.

Così invito quelli che fanno copia e incolla, pure firmando in qualche caso che ho visto, a scrivermi due righe almeno, mi pare il minimo.

Ho costruito il blog mettendomi in gioco in prima persona, a volte non è facile raccontarvi e condividere quello che vi racconto e condivido, l'avrete capito da soli.
Conosco bene le dinamiche del web, non è una questione di ingenuità.
E' che, più semplicemente, mi dispiace.


venerdì 19 ottobre 2012

Roba da pazzi

Intitolo questo post così perché MAI nella mia esperienza di soccorritore ho avuto a che fare con un paziente che minaccia l'equipaggio di turno a suon di "tanto so come devo fare per chiamare il 118 e farmi mandare l'ambulanza, e sarete obbligati a fare quello che dico io".
Sono stata fortunata fino ad allora?
Probabile.
Di chi sto parlando?
Di un paziente con cui ormai abbiamo dimestichezza perché ogni tanto, quando gli gira (tradotto = circa una volta a settimana), chiama il 118 fingendo una grave dispnea e si fa un giro in Pronto Soccorso.
I PS della zona ormai conoscono bene questo paziente, e normalmente lo rispediscono a casa immediatamente...tutti tranne un paio, che sembrano stare al suo gioco e che quindi il nostro affezionato predilige.
Questo paziente, 80 anni suonati e completamente solo, nei suoi momenti deliranti una cosa giusta l'ha detta: "Ho lavorato e pagato le tasse, ho il diritto di essere curato".
Vero.
Il punto è che invece, adesso che è in difficoltà, il sistema si dimentica di lui, da qui lo sviluppo della sindrome del "118 facile".
Quella mattina, alle 6, veniamo svegliati dal suono della campana;
Leggo il foglio del servizio:
Codice giallo.
Mmm.
Problemi respiratori, dispnea.
Sarà mica....?
Nome del richiedente: Signor Rossi.
Eccolo, puntuale. Codice Rossi.
Conoscere il paziente dovrebbe rendere l'uscita più semplice, ma con lui questa regola non vale.
I soccorritori per il Rossi sono alla stregua di sguatteri occasionali, il che a volte fa quasi ridere, ma diciamo che alle 6 del mattino tanto divertente non è.
Arriviamo a casa sua in poco tempo, ci facciamo aprire e lo troviamo in piedi ciondolante per casa, tranquillo.
"Buon giorno Rossi" gli diciamo "Che succede sta volta?"
"Non respiro!" ci dice fingendo affaticamento, lo spettacolo stava per iniziare.
"Ok, dai si sieda, prendiamo i parametri e vediamo come va, ok? Come al solito" gli diciamo e proseguiamo rilevando i parametri che, come sempre, sono impeccabili.
"Voglio andare a farmi vedere" dice "Sto male!"
"E va bene, ma non si può andare a XXX, è intasato e..." il mio caposquadra non fa in tempo a terminare la frase che Rossi inizia a sbraitare "Voi non avete capito! Io devo andare là, gli altri mi mandano a casa, là invece mi curano davvero!"
Noi, che conosciamo bene la situazione, decidiamo di non dargli troppa corda e con gentilezza lo convinciamo a salire in ambulanza dove lui continua imperterrito ad urlarci contro che noi siamo obbligati a fare quello che dice lui e via dicendo.
Discutere con Rossi è assolutamente inutile, fa prendere rabbia a noi e a lui, quindi dopo aver cercato di calmarlo spiegando le cose in modo tranquillo, decidiamo di non proseguire col dibattito.
In poco arriviamo in PS, ed è qui che inizia a salirci l'agitazione.
Come reagirà Rossi quando s'accorgerà che questo non è il PS che vuole?
Cercando di far finta di nulla, scarichiamo la barella avvisando che siamo arrivati e l'annuncio ha avuto lo stesso effetto che ha un lenzuolo rosso sventolato davanti al naso di un toro inferocito.
"Io qua non voglio starci! Voi dovete portarmi a XXX, io ho pagato!"
"Rossi, per quel servizio deve pagare un'ambulanza che la venga a prendere e la porti dove vuole lei...il 118 sa che non funziona così, non ricominciamo a discutere su!" gli dico cercando di minimizzare
"No! Voi siete qui apposta per portarmi dove dico io! Non fate abbastanza!"
"Rossi, noi abbiamo fatto anche troppo, il 118 non serve per fare da taxi" gli dice un mio collega, constatando che la nostra ambulanza è impegnata dalle 6 con il signor Rossi, e al momento sono quasi le 8.
"Voi fate come vi dico! Se voglio andare in PS, mi ci portate gratis!" e mentre lui seguita ad urlare, arriva il medico del PS che riconoscendo il nostro paziente, decide di farcelo scaricare lì e che l'avrebbero gestito loro.
"IO VI DENUNCIO SE MI LASCIATE QUI!" urla, attaccandosi alla nostra barella a ventosa e iniziando una scenata senza precedenti.
Non c'è stato modo di scollarlo dalla barella, tanto che la C.O. ha dovuto staccare la nostra ambulanza (che batte un territorio abbastanza vasto e non sempre ben coperto, per inciso) per far riportare il Rossi a casa.
Frustrati e sconsolati, ce lo portiamo via, mentre lui seguita a dircene di cotte e di crude.
Simula persino di morire soffocato sulla barella, ma siccome lo conosco abbastanza bene, prendo la maschera per l'ossigeno che lui odia, e gli dico "A chi fa fatica a respirare si dà l'ossigeno, adesso gliene do un po' e vediamo come va, ok?"
Appena la vede, si calma immediatamente e mi dice "No no, passato!".
A breve siamo nuovamente sotto casa sua, dove lo dobbiamo riportare e lui inizia di nuovo ad urlare, arrivando a dire "Tanto so come devo fare per chiamare il 118 e farmi mandare l'ambulanza, e sarete obbligati a fare quello che dico io".
Noi ci guardiamo, controlliamo l'ora, sono le 8 passate.
Avremmo dovuto smontare alle 7.
Decidiamo di farci dare il cambio dai colleghi, che vengono per fortuna a recuperarci, perché se avessimo scaricato Rossi a casa, non avremmo fatto in tempo a girare l'angolo che saremmo dovuti correre di nuovo da lui.
Inutile dire che, alla fine, l'ha avuta vinta lui ed è stato portato dove desiderava.
Servizio taxi, insomma.
Di questi casi ce ne sono a bizzeffe, scommetto che ogni sede ha i suoi "pazienti affezionati" che si vanno a prendere una volta a settimana, però trovo immensamente triste che queste persone vengano abbandonate in questo modo.
E' ingiusto, sia nei loro confronti sia nei confronti di chi magari in quel momento ha davvero bisogno di un'ambulanza, che però non c'è perché sta facendo un servizio come questo.


giovedì 11 ottobre 2012

Thank you very much

Sono circa le 22 quando il suono della chiamata, inconfondibile, interrompe la nostra serata.
Codice giallo, evento cardiologico in paziente sessantenne.
Arriviamo in poco tempo, conosco bene la strada e altrettanto bene la via in questione.
"Buona sera signora, che succede?" domando appena vedo arrivarmi incontro una signora preoccupata seguita da un ragazzo
"Mio padre è svenuto" dice lui "E' diventato tutto rosso e adesso è pallido!"
Il signor Luigi ha dei trascorsi che gli hanno imposto l'impianto del pacemaker, e probabilmente l'entrata in funzione del suo salvavita artificiale deve avergli provocato il malore...come era già successo tempo prima, ci dice, stesso episodio.
"Luigi, mi dica, cosa si sente?" domando mentre i miei colleghi prendono i parametri
"Stanco...un po' affaticato, mi manca un po' il respiro" mi dice "Ma non preoccupatevi..."
"Luigi noi dobbiamo preoccuparci!" gli dice un mio collega "Non è che l'attacchino gliel'ha provocato la partita di calcio??" continua cercando di far rilassare Luigi, che sorride e risponde "Eh cavolo...non farmici pensare mica che me ne torna un altro!!"
Tranquillizzati anche figlio e moglie, carichiamo Luigi sulla barella e mentre lo spingiamo fuori la signora mi grida "Grazie dottoressa!"
Io sorridendo le dico quello che ripeto ai 3/4 dei pazienti che ci crede dei medici "Signora noi non siamo dottori, siamo dei soccorritori"
Il figlio mi affianca, mi mette una mano sulla spalla e mi dice "Massì, va bene lo stesso, voi vi fate proprio un gran culo ragazzi, siete i migliori, grazie!"
Io e colleghi sorridiamo, non è vero che la gente non ringrazia mai...o forse semplicemente noi siamo molto fortunati a trovare chi un "grazie" e un "sorriso" ce lo regala spesso.
"Troppo gentile, peccato per la partita di stasera!" risponde ridendo il nostro autista
"Eh va beh...le mazzate facciamo sempre in tempo a riprenderle la prossima volta!" dice Luigi dalla barella.
Il viaggio prosegue tranquillo, scambiamo qualche battuta e poi arriviamo in ospedale, dove lasciamo Luigi.
"Abbiamo avvisato che suo figlio sta arrivando, di indirizzarlo qui in astanteria, i suoi documenti sono tutti a posto...adesso ci vuole solo un po' di pazienza" gli dico mentre sistemo assieme al mio collega le ultime cose
"Grazie davvero ragazzi!" ci dice riconoscente
"Di nulla Luigi, buona notte" gli diciamo, andandocene un sorriso stampato in faccia.

lunedì 1 ottobre 2012

Un pomeriggio di pioggia

Oggi voglio raccontarvi un'uscita che mi è capitato di fare parecchio tempo fa, ma che mi è rimasta impressa perché anomala.
Come già vi dissi in altre occasioni, quando la Centrale Operativa ci invia in soccorso di qualche bambino in difficoltà spesso e volentieri ci dà un codice rosso.
Il più delle volte non sono nemmeno lontanamente dei codici gialli, figuriamoci dei rossi. Per fortuna.
Tuttavia è quando questi codici gialli e o rossi restano invariati che, di norma, ci si preoccupa.
E' quello che successe proprio quella volta, in un tardo pomeriggio di pioggia.

"Giallo, bambino con convulsioni" ci dice l'operatore della C.O.
Noi siamo in quattro, in pochi minuti arriviamo sul posto, portiamo giù tutto ciò che ci era possibile portare giù dal mezzo ed entriamo in casa.
"Aiutateci! Vi prego! Sta male!" urla una signora, madre di Michele, un bimbetto biondo di meno di due anni che giace sul divano supino.
Ci catapultiamo sul piccolo e alla velocità della luce cercando in ogni modo di stabilizzarlo per quanto possibile.
Era sicuramente febbricitante, le convulsioni, che non accennavano a smettere, in un primo momento pensavamo fossero dovute esclusivamente a quello.
Cerchiamo di raffreddarlo.
Niente, non si riprende.
Le pupille midriatiche, la lingua gonfia, la mandibola serrata e la saturazione in calo ci spingono a provare ad infilare la canula orofaringea.
Non ne avevo mai infilata una in bocca ad un bambino prima di allora, per inciso, però non me la sono sentita di tenerlo in braccio, non ho grande dimestichezza con questo tipo di paziente, così ho preferito provare la manovra mentre una collega più esperta lo sorreggeva.
Niente da fare, non la tollerava.
La madre del piccolo Michele inizia a diventare pallida, quasi bluastra "Ma io ho chiamato l'ambulanza! Dove sono quelli dell'ambulanza??!" non dimenticherò mai questa scena, rare sono state le volte in cui ho visto tanta disperazione negli occhi di una persona "Quelli dell'ambulanza siamo noi signora" le risponde con tono pacato il nostro autista quando sentiamo per radio che anche l'Automedica stava venendo in nostro supporto.
Quello che vi sto raccontando è avvenuto in un lasso di tempo davvero breve, ma che se ci ripenso è sembrata davvero un'eternità.
"Signora sta arrivando il medico" dice una mia collega
Michele non si riprende, respira male, sembra abbia del muco nelle vie aeree e la lingua gonfia che s'è anche morso non facilita il nostro lavoro.
La frustrazione sta prendendo piede nei nostri animi.
Continuiamo a cercare di raffreddarlo, di aprirgli la bocca, lo chiamiamo, le proviamo davvero tutte più o meno ortodosse che siano.
La stanza è a soqquadro, la nostra roba è sparsa in giro pronta per essere usata, i genitori sono sotto shock e mentre noi cerchiamo di rassicurarli sul fatto che i bambini hanno capacità di ripresa incredibili, sentiamo la sirena dell'Automedica.
In pochi secondi medico ed infermiere sono in casa.
Dedico due righe per dirvi che quella volta sono stati davvero eccezionali, vederli lavorare così bene è stato soddisfacente anche per noi che fino a pochi istanti prima eravamo così impotenti.
Aspirano in profondità, finalmente le vie aeree sono libere e il respiro diventa meno affannoso, ma Michele ancora non è presente.
Ha lo sguardo perso nel vuoto.
"Carichiamo forza, tenete pronto tutto, anche il DAE" dice l'infermiere lasciandoci senza parole
Essendo in quattro noi, io salgo sull'Automedica che segue l'ambulanza nella corsa verso l'ospedale più vicino.
Ci permettono di entrare insieme a Michele, mai viste tante persone lavorare su un paziente così piccolo.
Lo aspirano, monitorano, raffreddano e via dicendo.
Noi guardiamo la scena senza fiatare, come fosse un film.
Non so quanti minuti passano nel mentre, ma ad un certo punto una voce non ben identificata ci dice "Grazie ragazzi, potete andare".
"Ehm...ok..." diciamo quasi sottovoce e in punta di piedi usciamo dal PS.
Diamo uno sguardo all'ambulanza che, completamente sfatta dopo un intervento impegnativo, rispecchia abbastanza bene il nostro stato d'animo.
Purtroppo di uscite su bambini più o meno piccoli ne avevo già fatte parecchie, però era la prima volta che ne lasciavo uno in PS senza vederlo riprendersi.
E' stata una sensazione davvero strana, per fortuna durata poco.






Per vie traverse siamo riusciti ad informarci 
sulle condizioni di Michele, che era riuscito
 a riprendersi soltanto giorni dopo.