mercoledì 25 aprile 2012

Soccorso di persona

Ho imparato il significato dell'espressione "soccorso di persona" approssimativamente attorno alle 3.30 di una domenica notte.
Il telefono col suo diabolico squillo sveglia tutti, tranne me che per fortuna non ci dormo mai vicino proprio perché ho un sonno particolarmente profondo (e, se ve lo state chiedendo, anche piuttosto silenzioso).
Il nostro quarto nonché occupante della non proprio contesissima postazione accanto al telefono mi dà il foglio della missione in mano dicendo: "Giallo a XXX, per soccorso di persona, in supporto per voi i Vigili del Fuoco".
Non troppo convinta guardo lei e gli altri, espletando l'unico pensiero che al momento ho avuto sentendo quell'espressione "scommettiamo che è un tentato suicidio?".
Sempre dubbiosi, ci avviamo verso il target che raggiungiamo poco dopo.
In loco ci sono già i Vvf; scendiamo, ci troviamo davanti ad una palazzina discretamente alta, tutto tace, intorno a noi il silenzio di una delle più normali notti di provincia.
"Ma...sapete esattamente per cosa siamo qui?" domando al caposquadra dei Vvf, che non troppo convinto mi dice "pensavamo lo sapeste voi"
Ci guardiamo dubbiosi, e iniziamo a cercare il cognome di riferimento sui citofoni.
Suoniamo.
Qualcuno apre il cancelletto, poi il silenzio.
Ci addentriamo nel buio che avvolge il palazzo, fino alla porta che apre la via alla tromba delle scale, anch'essa chiusa.
Suoniamo.
Niente.
Dopo qualche esitazione, i Vvf la forzano e possiamo entrare...peccato che non sapevamo né chi cercare né dove, e considerata la sospetta urgenza della situazione decido di chiamare in Centrale per avere più informazioni, il tutto mentre correvamo su dalle scale.
"Tranquilla, non ti agitare!" mi dice l'Operatore
"Permetti che ho il fiatone dopo 3 rampe di scale di corsa? Non trovo l'utente e non so nemmeno perché sono qui! Non sono agitata, ma mi scoccia non sapere! E' legittimo!"
"Guarda sono al telefono con l'utente, siete arrivati anche voi? Gli ho detto di aprire la porta..." mi dice nell'istante in cui arriviamo davanti ad una porta spalancata.
"Si, trovato, grazie" dico, e riaggancio.
Entriamo nell'appartamento, c'era uno strano odore, come di gas.
I Vvf mettono in sicurezza il posto, il gas viene chiuso, le finestre aperte.
Abbiamo davanti Lara, 35 anni, col viso rigato dalle lacrime, e Gigi, anagraficamente non troppo distante da Lara, che è visibilmente agitato.
"Che succede?" domando ai due, mentre Lara si siede su una sedia nella piccola cucina e Gigi resta in piedi dietro le mie spalle.
Lei piange, sul tavolo c'è una bottiglia di vino quasi vuota e una confezione di antidepressivi, vuota anch'essa.
"Avanti, diglielo!" dice Gigi "Spiega cos'è successo, almeno possono aiutarti!"
"Io...Io non volevo" inizia Lara singhiozzante "ma è un periodo difficile, ho toccato il fondo e non riesco a risalire..."
"Lara, hai preso qualcuna delle cose che ci sono su questo tavolo?" le domando con calma
"Ho preso 12 pastiglie di questo!" mi dice prendendo la confezione di antidepressivi "e le ho buttate giù con un bicchiere di vino!"
"Capisco...non hai preso nient'altro?" le chiedo ancora
"No..." e ricomincia a piangere "Sono anche ammalata, tutto a me succede! Io così non ce la faccio!"
"Ascolta Lara, adesso i miei colleghi devono prenderti due parametri, giusto per vedere come va; tu come ti senti?"
"Ho sonno...e ho la nausea! Ma domani devo andare in ospedale per una visita, come faccio?" mi domanda, iniziando a diventare nervosa "vede, nella borsa ho tutto" dice frugando nella borsa, e facendo cadere tutto a terra a causa della mancanza di forze.
"Si non preoccuparti, adesso ci pensiamo noi, tu però stai lì ferma e per qualsiasi cosa ci chiami" le dico, cercando di rassicurarla
Prendiamo i parametri, leggo la sua documentazione per farmi un'idea e richiamo la Centrale.
"Ah, quindi ne ha prese 12 di pillole? Noi sapevamo 18..." mi dice l'Operatore
"Quindi sapevate?" domando interdetta, non capendo il senso di quel "soccorso di persona" quando sapevamo bene per cosa saremmo dovuti intervenire
"Si, comunque caricatela e portatela in verde a XXX, grazie"
"Ok" e riaggancio
Mentre ritorno in cucina, faccio caso all'ambiente in cui ci troviamo...sembra un piccolo santuario di una famiglia andata in pezzi.
Come da accordi, la portiamo giù con la sedia portantina e la carichiamo in ambulanza, dove ci alterniamo a cercare di tenerla sveglia fino all'arrivo in PS.
Tra un singhiozzo e l'altro, ci spiega di non aver chiamato il 118, ma comprendiamo da soli che le sue intenzioni di farla finita non erano propriamente vere; forse all'inizio, ma sicuramente deve aver avuto paura o quanto meno ci deve aver ripensato in tempi incredibilmente brevi...del resto ci sono ferite che non si possono medicare, traumi per cui non bastano una tavola spinale o un collarino, ma esiste anche una forza interiore che spesso e volentieri si dimentica e che potrebbe risultare più utile di una qualsiasi ambulanza.
Che fosse questo il vero significato di "soccorso di persona"?

1 commento:

Simone ha detto...

nessun commento a questo articolo..non posso crederci!

"ci sono ferite che non si possono medicare, traumi per cui non bastano una tavola spinale o un collarino, ma esiste anche una forza interiore che spesso e volentieri si dimentica e che potrebbe risultare più utile di una qualsiasi ambulanza"

Fantastico..da un soccorrritore come te :)