lunedì 10 settembre 2012

Non aprite quella porta

Da quando faccio i turni di notte, come spesso vi ho detto, ho modo di vedere un mondo in un certo senso nuovo.
Il fatto è che, certe notti, benedico il fatto che dalle mie parti la squadra sia composta da almeno tre persone, perché a volte non sono proprio tranquilla, diciamocelo.
Non parlo di paura di intervento, ma di timore delle persone...alcune persone che ho incontrato certe notti erano davvero inquietanti.
Avete presente la sensazione che si ha quando si avverte nell'aria che c'è qualcosa che non va? Ecco.
Penso sia molto istintiva come sensazione, ma sono certa che ognuno di voi sa di cosa sto parlando.
Una notte di inverno suona il telefono, erano circa le 2.30, "Andate in giallo, guardia medica in posto richiede intervento del mezzo per un addome acuto e stato di agitazione".
"Vabbè, speriamo sia una cosa veloce perché fa un freddo cane!" mi dice l'autista mentre scende a tirar fuori il mezzo.
In poco siamo sul posto, normale agglomerato di villette a schiera, vediamo delle luci accese in una di esse e ci avviciniamo.
"Sarà questa?" mi chiede l'autista, e in quell'istante sentiamo delle grida
"Aaaaahhhhhhh bastaaaaaaaaaaaaa aaaaahhhhhhhh" la porta d'ingresso si spalanca all'improvviso, un ragazzo in tuta esce urlando e si butta per terra contorcendosi, dietro di lui il medico "Torna qui Riccardo! Dove stai andando???" gli urla e lo afferra per le braccia
Noi eravamo in piedi, occhi a palla, senza parole a -10°C che guardavamo la scena chiedendoci chi ce l'avesse fatto fare di turnare proprio quella notte.
"Ciao doc, è lui?" gli chiedo mentre faccio cenno agli altri due miei colleghi di avvicinarsi
"Si si, è lui, Riccardo, 30 anni, aiutatemi a portarlo dentro...perdonatemi se ho chiamato, sapevo avrebbero fatto uscire voi, ma la situazione non mi convince..." mi dice, e noto un certo stato di ansia nelle sue parole.
A forza portiamo Riccardo in casa, lo adagiamo sul divano, lui continua ad urlare come un pazzo mentre il medico mi spiega di avergli fatto il Plasil perché vomitava, e che va portato via per accertamenti.
Non avevo afferrato cosa turbava il medico, finché non mi sono guardata attorno in casa.
Il salotto sembrava quello di una normale abitazione, un po' spoglio, ma nulla di strano, se non che a pochi metri dal divano c'era una donna in vestaglia in piedi con in braccio una bambina di circa 2 anni, non di più.
Erano immobili, come statue.
"Sono lì così da quando sono arrivato, questo urla come un pazzo e quella donna mi ha solo detto di non sapere niente...non so, ma ho come idea che si siano calati qualcosa, non so nemmeno se ci sono solo loro in casa...sui documenti Riccardo risulta inglese, ma parla benissimo l'Italiano, e quella là non sa niente...!" mi dice il medico sottovoce
"Capisco..." gli dico, poi mi rivolgo alla signora "Signora, mi scusi, può dirmi se ha della documentazione ospedaliera del signor Riccardo? Era già successo prima?"
La signora, sui 40, resta immobile, con lo sguardo perso nel vuoto e con un filo di voce mi dice "Non so, non so niente io, e nemmeno la bambina"
Anche la bambina ha uno sguardo perso, non piange, non ride, è li che ci fissa immobile.
Informo la Centrale della situazione, e mi consigliano di caricare velocemente e andare in PS.
Mettiamo sempre di peso Riccardo sulla barella, il tempo di mettergli le cinghie e ricomincia a vomitare, il Plasil evidentemente ancora non aveva fatto effetto.
Lo carichiamo e partiamo in codice verde.
"Dai Riccardo, abbi pazienza che tra poco arriviamo" gli dico mentre ricopio dai suoi documenti i dati necessari, ma lui continua a dimenarsi come un pesce fuori dall'acqua, ci ha letteralmente messo a soqquadro l'ambulanza.
Ad un certo punto inizia ad urlare ancora più forte "Vomitooooo aaaaaaahhhhh fatelo smettereeeee" e butta la testa nel compartimento delle bombole
"No Riccardo, forza, prendi il sacchetto" gli dice il mio collega, ma Riccardo lo spinge via con forza.
Per fortuna il Plasil stava facendo il suo mestiere, e del vomito manco l'ombra.
Riccardo tenta di estrarre le bombole dai vani, di staccare le cose dal mezzo nonostante le cinghie siano strette, si dimena e per poco non mi centra in piena faccia con una mano.
Io e collega decidiamo di tenerlo fisicamente fermo, e in due lo bracchiamo, cercando di fargli riprendere una respirazione normale...con un po' di difficoltà (e non sapete quanta fatica considerata la forza di questo ragazzo!) riusciamo a calmarlo, molliamo la presa e lui inizia a dirci "Io non ce la faccio, mi sembra di morire dal dolore aaaaahhhhhhhhhhhhh fate qualcosa! Fate qualcosa!"
"Noi non possiamo fare nulla, adesso arriviamo in PS e ti guardano loro!" gli dico "Respira profondamente e non agitarti!"
Riccardo cerca di respirare con più calma, noi pure, e in poco siamo in ospedale.
Lo scarichiamo e torniamo in ambulanza, guardandoci in faccia tutti e tre e poi guardando le condizioni del vano sanitario.
"Mi sembra di aver soccorso un indemoniato, manco nell'Esorcista....!" mi dice il mio collega, asciugandosi la fronte
"Io sto ancora pensando al brivido che ho avuto quando ho visto la signora e la bambina...chissà se c'era qualcun'altro..." dico mentre rassetto 
"Ti prego, non farmici pensare...alla prima mossa strana, ero pronto a prendere le chiavi dell'ambulanza e a trascinarci voi due sopra per scappare!"  


Nessun commento: