mercoledì 29 febbraio 2012

Nella notte

"Siete gli angeli della notte" ci ha detto Giada, una esile e anziana signora che abbiamo portato in Pronto Soccorso all'alba di mezzanotte e mezza per un sospetto globo vescicale, diagnosticato dal medico di guardia che poi ha deciso di chiamare il 118.
A noi è venuto un po' da ridere, lo devo ammettere; fino a poco prima che suonasse il telefono ce la stavamo ridendo parlando di stupidate ben poco angeliche!
Mi ha fatto davvero tenerezza Giada, che arrivata in PS ci ha chiesto di "spostarla dalla barella senza farle male, come se fosse stata la nostra nonna".
Avrà sicuramente avuto lancinanti dolori.
Spesso non sappiamo chi sono le persone che andiamo a prendere; sono persone buone? Cattive? Oneste? Simpatiche? Insopportabili? E chi lo sà. Noi le conosciamo in un momento ben preciso, che per loro è tutt'altro che facile e piacevole, e ci rendiamo conto che a prescindere da chi siano o siano state nelle loro vite, in quel momento la sofferenza non gli ha certo guardato in faccia.
Alcuni poi si lasciano conoscere, altri meno, ma il fatto è che la malattia non fa discriminazioni.
Quello che invece non riesco davvero a comprendere sono quelle persone che letteralmente se le cercano, quelle che "le malattie se le fanno venire".
3.20 del mattino suona il telefono 118.
"Andate in verde a XXX, drogato in crisi d'ansia, è solo, ha chiamato lui".
In squadra siamo in 4, tre ragazze e l'uomo della squadra nonché autista, che decidiamo molto democraticamente di mandare avanti una volta arrivati sulla scena, per ovvi motivi.
"Sarà mica uno di quelli che chiama per divertirsi!" ipotizza il mio collega mentre guida
"Cioè?" domando
"Bah...hai presente il drugs, sex&rock'n'roll? Magari ha chiamato il 118 per divertirsi!" dice ridendo
Io, che ridevo decisamente meno, gli faccio notare "Tanto scendi prima tu...quindi!"
"Eh si effettivamente è meglio se scendo prima io" mi dice sempre ridendo, incontrando il parere favorevole mio e delle mie due colleghe sedute dietro.
Arriviamo in posto, in una vietta di un normalissimo paese di provincia, e appena scesi vediamo venirci incontro un po' traballante un uomo sui 35.
"Sarà lui" pensiamo in coro, dirigendoci incontro al tremolante individuo.
"Sono io! Vi ho chiamati io!" ci dice Simone, visibilmente agitato
"Vieni, saliamo in ambulanza" gli dice il collega, e lo accompagnamo, facendolo accomodare sulla barella.
Simone ci racconta senza problemi di aver mangiato solo una pizza e di averla vomitata a seguito di un'assunzione di eroina e alcol; avendo cominciato a sentirsi male, ha deciso di chiamare il 118 perché si stava spaventando.
Abbiamo preso i parametri, cercato di tranquillizzarlo e successivamente ho chiamato la Centrale per riferire la situazione e sapere dove portarlo a fare un controllo.
"Sapete, domani devo andare all'estero per lavoro" ci dice, leggermente più calmo
"Ah si? E cosa fai di bello?" gli domanda la mia collega mentre io e l'altra collega ci occupiamo del documenti.
Simone inizia a raccontarci del suo lavoro, dei viaggi...tutti e quattro ci siamo domandanti perchè diavolo avesse assunto eroina&alcol il giorno prima di una partenza, ma alla fine stando a ciò che ci ha raccontato siamo arrivati alla conclusione che sicuramente era un'abitudine ben radicata, e non sarebbe stata certo una partenza imminente a farlo smettere.
Arrivati in Pronto Soccorso, lo mettiamo su una sedia a rotelle e lo lasciamo nelle mani dell'infermiere di turno.
Davvero strana la gente.
Prima di essere un soccorritore, pensavo che chi facesse uso di droghe fosse semplicemente uno stupido autolesionista; fermo restando che per me (e per ogni soccorritore) un paziente è un paziente, non tocca a noi di certo giudicare, da quando ho avuto modo di vedere cos'è davvero la "sofferenza che non scegli, ma che ti capita", ho un forte rifiuto per chi se la autoinfligge, lo trovo un vero e proprio insulto a chi vorrebbe avere la possibilità di scegliere, ma non ce l'ha.

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