sabato 7 aprile 2012

Faber est suae quisque fortunae

Le storie che la gente ha da raccontare sono sempre incredibili, a volte non sembrano nemmeno vere.
Poco tempo fa ho dato disponibilità insieme ad un altro collega per effettuare un ricovero Casa di Riposo - Ospedale.
Arrivo alle 7 in sede, guardo il foglio del servizio e mi dicono che è un ricovero da effettuare in ambulanza, con paziente accompagnato dal padre.
Dal padre? Di solito non è il figlio che accompagna il padre ricoverato in CdR? Bah, avranno sbagliato a scrivere, penso mentre mi avvio col mio collega a prendere il signor Giulio.
Arriviamo in poco in CdR, dove veniamo accompagnati al secondo piano della struttura; entriamo nella camera indicataci, e troviamo un uomo sulla settantina che ci aspetta col cappello e la giacca.
"Buon giorno" ci dice sorridendo "lui è mio figlio Giulio" ci dice indicando il letto dove è disteso il corpo di un uomo al quale non riesco ad attribuire un'età.
E' tracheostomizzato , la forma del corpo è tipica dei pazienti che sono allettati da anni, l'infermiere col nostro aiuto lo solleva a peso morto e ce lo sistema sulla barella, dove lo copriamo e cinghiamo.
Una volta caricato in ambulanza, partiamo alla volta dell'ospedale.
Il mio collega è alla guida, mentre io sono seduta dietro insieme a Giulio e ad Antonio, suo padre.
"Lo so che si sta chiedendo come sia possibile che al suo posto non ci sia io, in fondo sono io quello vecchio" mi dice Antonio mentre sistema le coperte al figlio "ha solo 40 anni, ed è da 10 anni che è in questo stato...per una fatalità, una banale fatalità! Ma del resto la vita non guarda in faccia a nessuno, e se deve succederti qualcosa succede e basta, non crede anche lei? Stava tornando a casa in motorino, il casco non era ben allacciato ed è stato appena sfiorato da una macchina; tanto è bastato per farlo cadere a terra battendo la testa. E questo è il risultato" conclude con occhi lucidi "aveva un bel lavoro, era una persona molto attiva; mi sono promesso e gli ho promesso che mi sarei preso cura di lui e così sto facendo, ma sa con l'età a volte diventa difficile anche per me.".
Non sapendo bene cosa dire, decido di ascoltare in silenzio, non riuscendo ad evitare di guardare Giulio, il cui corpo attraversato da brevi spasmi, giace sulla barella.
Ha gli occhi aperti, ma lo sguardo è assente, eppure Antonio dice di avere una connessione speciale con il suo ragazzo, tanto che si occupa lui di prendersi cura di tutto.
Arriviamo in ospedale, dal quale riusciamo ad andarcene soltanto tre ore dopo, causa imprevisti vari ed eventuali.
"Certo che è stato davvero sfortunato" mi dice il mio collega, mentre torniamo indietro
"Già...il tutto per una banale fatalità, forse se si fosse allacciato meglio il casco, a quest'ora sarebbe potuto andare ancora al lavoro, avrebbe continuato la sua vita"
"Boh, sta di fatto che alla fine se deve succedere, succede e basta, e senza renderti conto ti ritrovi in un letto di una casa di riposo" mi dice "e noi non ci possiamo fare proprio niente, sarà destino?"
Io al destino non ci credo, ho sempre pensato che ognuno di noi è artefice del proprio domani e ho sempre agito di conseguenza,  e non ho mai pensato di credere a qualcosa che per me non esiste, ma forse la verità è che non ho ancora sentito il bisogno di crederci, a prescindere dalla sua esistenza.
Forse credere ad un fantomatico destino aiuta a sopportare il peso degli eventi, a dare una spiegazione a qualcosa che non si riesce a gestire, ed il più delle volte quel qualcosa è il dolore.

2 commenti:

Raven ha detto...

Il dolore è un po' un tabù, esattamente come la morte:non si può superare,ma in qualche modo,si cerca di arginare credendo in questo,in quello o in quell'altro ancora,in una sorta di palliativo che psicologicamente aiuti ad affrontare la cosa.
Ed è proprio vero che tante volte più di un'uscita in emergenza ti danno da pensare proprio quei servizi definiti "secondari" perchè non nella fase acuta,ma nella cronicità della malattia.
Grazie,come sempre,per quanto racconti e quanto ci dai da riflettere!

Simone ha detto...

Della fortuna parlavo proprio ieri sul mio blog...

Io penso che sia un mix delle due cose: noi possiamo sforzarci per far andare le cose in un certo modo, ma c'è una parte che non possiamo mai controllare del tutto e che può essere influente.

Ovviamente più ci impegnamo e più la componente "casuale" ha meno importanza, ma non possiamo mai annullarla completamente.

Simone